Pietro Mennea, simbolo di un’Italia che non esiste più…
Personalmente ho ripreso tre frasi che possono spiegare chi fosse realmente, quest’uomo (il campione lo conoscete tutti e da ieri è definitivamente nell’Olimpo, oltre che in Paradiso):
“In California incontrai Muhammad Ali che per me è sempre Cassius Clay. Mi presentarono come l’uomo più veloce del mondo. Lui mi squadrò sorpreso: “Ma tu sei bianco”. Sì, ma sono nero dentro.” (cit. Pietro Mennea )
questa frase la metterei in tutte le scuole ed Università italiane:
“Ho vinto tanto da atleta, ma non si può vivere di ricordi. Ogni giorno bisogna reinventarsi, avere progetti ed ambizioni. Perciò, quotidianamente, ho tante idee e sogni che voglio realizzare”.
“Se non si studia, se non si hanno interessi, non c’è crescita della persona. Uno sportivo non deve essere Albert Einstein, ma un minimo ci devi provare a darti degli strumenti e non solo a gonfiare il portafoglio”.
Un dubbio, dopo aver letto queste frasi, emerge immediatamente: Ma Pietro Mennea, con le sue qualità e carattere, non era forse ormai “fuori tempo” rispetto all’attuale società italiana? La sua era una forza gentile, di quella che ti scava dentro senza accorgertene, che non ti scivola addosso, ma ti rimane dentro appiccicata addosso. Ogni parola era pesante come un macigno, ma veniva espressa con naturalezza. Il mio timore è che il suo esempio morale possa essere stritolato dal clamore dei media, dai dibattiti politici tv vissuti come sfilate di moda, dalla forza di chi ha il denaro per imporre le proprie idee (anche se vanno contro la collettività). Ma il dubbio più forte è un altro: Vincere è rispettare le regole. Ma se le regole te le “scippano”, che si fa?
Avrei voluto fargli quest’ultima domanda, ma non sono riuscito a salutarlo come avrei voluto.
Alla fine se ne è andato via, come amava vincere: in un lampo che squarcia la luce. Adesso, però, è luce pura!
“Vincere è rispettare le regole”. Questo amava dire, con la semplicità che l’ha sempre contraddistinto, Pietro Mennea, indimenticato campione di sport venuto a mancare nelle ultime ore (oggi camera ardente nel salone d’onore del CONI, domani funerali di Stato a Roma). Questa frase collegata alla sua immagine (mentre vince la gara di Mosca) l’ha ripresa, ieri, Don Ciotti (fondatore di “Libera”), che, da sempre, come Pietro, cerca di contrastare la “corruzione” presente nella società italiana.
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