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L’Università Tor Vergata fotografa la figura de #LoSportivo

Si è svolto presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata il workshop incentrato sulla figura enigmatica de #LoSportivo nell’ottica del marketing sportivo. Alla tavola rotonda organizzata nell’ambito del Master in Marketing e Management dello Sport hanno preso parte dirigenti e addetti ai lavori, i quali hanno espresso differenti quanto interessanti punti di vista. Dopo i rituali saluti di benvenuto dei professori Simonetta Pattuglia e Sergio Cherubini, rispettivamente direttore e presidente del master succitato, si sono alternati i vari relatori.

«Lo sportivo è chiunque pratichi una attività – ha dichiarato il vice presidente vicario della Federazione Ciclistica Daniela Isetti -, sia che lo faccia ad alto livello che in maniera amatoriale. Non a caso la federazione ha istituito una particolare assicurazione per chiunque utilizzi la bicicletta per andare quotidianamente a lavoro o se in vacanza». Particolarmente apprezzato l’intervento di Daniele Pacini, manager della Federazione Rugby che ha individuato lo sportivo in «colui che fa sport con passione e soprattutto divertendosi. Il capitano della Nazionale Sergio Parisse non continuerebbe a giocare a 34 anni se non si divertisse nel fare ciò che fa. Ma Parisse, che compare sulle copertine di giornali e riviste è l’immaginario dello sportivo per un tecnico, per un tifoso. Bisogna in realtà andare oltre, perché lo sportivo è anche il ragazzino alle prime armi, il genitore che lo accompagna, l’anziano che ancora fa attività fisica. Il rugby è famoso per il terzo tempo dato che a corollario delle partite della Nazionale, che purtroppo spesso perdiamo, riusciamo ad aggregare migliaia di persone. E ciò sottolinea ancora una volta quanto grande sia la visibilità del nostro sport. Ma per tradizione se andiamo su di un qualsiasi campo di provincia al termine della partita ci si riunisce per stare insieme. Questo credo sia l’essenza dello sportivo: divertirsi e condividere».

«Lo sportivo è innanzitutto un cliente – ha dichiarato Pietro Tornaboni, founder del Due Ponti Sporting Club -, qualsiasi livello di sport esso pratichi. Oggi bisogna soddisfare anche altre esigenze che un tempo non venivano richieste, tra tutte quella della salute e del benessere. Non è un caso che lo sportivo odierno si avvicini allo sport per stare in forma e combattere determinate patologie». Che lo sportivo abbia differenti esigenze è un concetto ripreso anche dal presidente della Maratona di Roma Enrico Castrucci. «Una persona è spinta a praticare più sport, e questo significa che bisogna captare ciò di cui ha bisogno per esprimersi al meglio ed in sicurezza. Non a caso nell’ambito della nostra maratona abbiamo stretto diverse collaborazioni con altre discipline, tra cui proprio ciclismo e rugby».

Un ulteriore punto di vista sulla figura dello sportivo è stato offerto dagli addetti ai lavori della comunicazione, questo perché oggigiorno ogni tifoso ha un abbonamento televisivo oppure va allo stadio con la sciarpa al collo e lo smartphone in mano. Strumenti con i quali lo sportivo sempre più si interfaccia ed interagisce. «Il desktop è diventato mobile – ha esordito il chief editor di Goal.com Italia Federico Casotti -, ed i club sportivi devono essere bravi ad intercettare il flusso dei dati di cui ogni giorno gli sportivi si cibano. Oltretutto la tecnologia ed i new media hanno aperto ad ogni tifoso un intero mondo da scoprire. Non a caso un singolo sportivo può tifare per più squadre, da quella locale a quella nazionale seguendo il fenomeno glocal, o addirittura di diversi paesi». Max Sardella, social media manager di GR Sports Agency, ha tracciato «le cinque cose che un calciatore deve fare così da trasformare il tifoso in fan. Deve esserci, saper esserci, saper ascoltare, saper restituire e saper monetizzare. I fans sono un valore per i calciatori, ma loro devono essere presenti sui social e devono saperci stare commentando quelli che sono gli eventi di attualità. Devono saper ascoltare cosa gli viene detto dai fans, e soprattutto devono saper restituire ciò che guadagnano partecipando ad eventi sociali e d’integrazione. E poi logicamente devono saper monetizzare, che è una diretta conseguenza di tutti gli altri punti, perché un’azienda o una squadra guardano attentamente ai valori che i giocatori sanno trasmettere ed esprimere».

Al termine dei vari interventi è spettato al direttore del Master in Marketing e Management dello Sport, il professore Sergio Cherubini, tracciare un sunto dal quale si è capito che «lo sportivo ha mille facce, e proprio per questo i dirigenti, i manager, gli addetti ai lavori devono essere capaci di rispondere alle diverse esigenze che gli vengono poste dal bacino di utenti. Oggigiorno è necessario anche guardare alla bellezza del prodotto che viene offerto, come l’impianto all’avanguardia piuttosto che il paesaggio se si tratta di un evento all’aperto. E solo se il management è capace di curare i più piccolo aspetti nel miglior modo possibile si riuscirà a durare nel tempo, che deve rappresentare l’obiettivo principale per un club, un’organizzazione, una manifestazione» (ha collaborato Giovanni Bocciero)

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