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Multi-proprietà nel mondo del calcio: i fondi ora puntano sul Portogallo

(di Davide Pollastri) – Il fenomeno delle multi-club ownerships (conosciuto anche con l’acronimo MCO) si sta orientando verso i club lusitani. Ad attrarre i gruppi sono la regolamentazione favorevole, i costi di acquisizione relativamente bassi, l’efficienza dei settori giovanili e la prospettiva di ammortizzare l’investimento attraverso la futura centralizzazione dei diritti radiotelevisivi. Emerge da diverse indagini sul fenomeno in esame e in particolar modo da una ricerca “Football Benchmark”.

Tra i temi più controversi e divisivi del calcio contemporaneo c’è senza dubbio la questione legata alle pluriproprietà delle società di calcio, chiamata, erroneamente, anche multiproprietà (che però è un’altra cosa, ovvero una forma di proprietà immobiliare in cui più persone si alternano nel diritto di godimento dell’immobile).

Agli oggettivi vantaggi – tra i quali spiccano la possibilità di far crescere calciatori (anche extracomunitari) in campionati adatti alle loro caratteristiche, di trasferire i migliori talenti tra le società del gruppo riducendo i costi e di ottenere benefici commerciali ed economici attraverso l’internazionalizzazione dei brand, del merchandising e delle piattaforme social – si contrappongono le limitazioni imposte dalle normative UEFA e dalle varie federazioni nazionali, pensate per prevenire conflitti d’interesse e garantire il rispetto delle regole sulla concorrenza (la federcalcio italiana intende vietare la partecipazione in più di una società professionistica affiliata alla FIGC a partire dalla stagione 2028-29, ma la Lega Serie A è pronta a dare battaglia).

Ma il fenomeno è in crescita (secondo la UEFA, 342 club in tutto il mondo fanno attualmente parte di una MCO, con un incremento del 470% rispetto a dieci anni fa) e ha individuato nel Portogallo la propria nuova frontiera.

Ad attirare le attenzioni degli investitori sono principalmente l’eccellenza delle Academy, una serie di norme altamente vantaggiose (tra le quali spicca la possibilità di tesserare un numero illimitato di calciatori extra UE), i bassi costi di acquisizione e la prospettiva di ammortizzare l’investimento attraverso la futura centralizzazione dei diritti radiotelevisivi. Inoltre, i legami storici e linguistici con il Sud America e l’Africa offrono un ulteriore, oggettivo vantaggio nello scouting e nell’integrazione dei baby talenti, contribuendo significativamente allo sviluppo e ai successi dei settori giovanili. Un esempio emblematico dell’eccellenza del modello portoghese è rappresentato dal Benfica: secondo un recente report del CIES Football Observatory, il club lisbonese si trova al vertice della classifica mondiale per numero di giocatori formati nella sua academy (tra i talenti cresciuti nel fertile settore giovanile degli “Encarnados” ricordiamo Gonçalo Ramos, ceduto nel corso della stagione 2023-24 al Paris Saint-Germain per 65 milioni di euro).

Al momento, i club della Primeira Liga già collocate all’interno di una pluriproprietà sono 6 (Sporting Clube de Braga, Vitória de Guimarães, GD Estoril Praia, FC Famalicão, Rio Ave FC e Boavista FC), ma il numero è destinato a salire.

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