Editoriale – Il mondo, una palla, una finale, tanti sponsor. E’ tempo di tirare le somme di questo Mondiale di calcio.
Se fosse, infatti, una finale solo in chiave marketing, il match 1°-2° posto più giusto sarebbe tra Brasile e Germania. I padroni di casa, così come i teutonici, hanno fatto il “sold out” nel settore delle sponsorizzazioni, con 5 main sponsor (il partner tecnico Nike, Itaù, Vivo, Guaranà, Sadia), 9 sponsor ufficiali (Mastercard, Nestlè, Gillette, Volkswagen tra gli altri) e tre fornitori, inclusa l’italiana Technogym. Alla Seleçao rispondono i tedeschi con il binomio principale (in ambito sponsorizzativo) Mercedes-Benz/Adidas e altre 12 aziende partner (tra queste Sap, Commerzbank, Dekra, McDonald’s, Coca-Cola, Allianz, Deutsche Telekom e Deutsche Post, Bitburger bier, Lufthansa, Rewe e Nivea for men).
Al terzo posto l’Argentina di Lionel Messi con ben 18 aziende sostenitrici. Con la Germania, per esempio, ha in comune due sponsor (Coca-Cola e Adidas, senza considerare Bon Aqua, acqua minerale del gruppo Coca-Cola Argentina), ma è forte la presenza di aziende partner sudamericane del calibro di Quilmes (la più nota birra dell’Argentina), Claro, Aerolineas Argentinas, Megatone e Noblex.
A sorpresa, l’ultimo gradino del podio del Mondiale, visto sotto la lente marketing, spetta al Cile (eliminata negli ottavi dal Brasile) e alla operazione emozionale condotta insieme a Banco de Chile, che ha voluto sostenere la selezione di Arturo Vidale e Alexis Sanchez (dalla prossima stagione alla corte del c.t. francese Arséne Wenger) con uno spot girato da un gruppo minatori che nel 2010 rimasero intrappolati sotto terra in una miniera del deserto di Atacama. L’intento è chiaramente pubblicitario, ma lo si percepisce solo negli ultimi frame del commercial. quello che rimane per tutta la visione del video è invece una emozione incredibile, anche se non si è cileni. C’è l’esaltazione dell’identità e dell’amore per la nazionale. Forse anche noi italiani dovremmo prendere lezione dai cileni, magari in Russia, nel 2018, in occasione della prossima rassegna mondiale.
Discorso a parte per il “fronte” dei calciatori. Vincente o perdente, Cristiano Ronaldo resta, a prescindere, il “crac” per eccellenza, insieme a Leo Messi, in finale con la sua Argentina, ma, sicuramente, non brillante al 100 per cento, come quando milita e gioca con il Barcellona. Sono stati, però, loro due i campioni più cercati insieme all’astro nascente Neymar Jr.
“O Ney” ha l’alibi di essere stato messo fuori gioco dalla ginocchiata di Zuniga (Colombia). Non sapremo mai come sarebbe finita Germania-Brasile se avesse giocato (magari non 7-1) insieme a Thiago Silva, ma Neymar è rimasto nella storia di questo mondiale per aver sfidato persino la FIFA (sotto il profilo pubblicitario), dimostrando di avere controllo mentale e grinta anche fuori del campo. Nel tunnel che conduceva ai campi di gioco troppe volte (e infatti il “fattaccio” è stato sottoposto ad inchiesta) il fantasista del Barcellona ha abbassato i calzoncini Nike della divisa di gioco. Certamente non per il caldo, semmai per “regalare” scampoli di pubblicità planetaria a costo zero per “Lupo” (azienda produttrice di mutande ed intimo maschile), uno dei suoi 12 sponsor personali.
Per rivederlo e sperare, soprattutto, in una rivincita azzurra dovremo però aspettare l’estate 2018, quando il “Circus” del pallone si trasferirà in Russia, prossima “host-country” della FIFA World cup.
Quanto a domani, comunque vada sarà un successo: chiunque vinca tra Germania e Argentina, la maglia del team vincitore del trofeo più ambito in ambito sportivo presenterà le “tre strisce“, ovvero quello del produttore tecnico Adidas. Corsi e ricorsi marketing, verrebbe da dire, anzi da scrivere.
il video dei minatori cileni a supporto della Nazionale
(di Marcel Vulpis) – Il mondo in un pallone. E’ questa la sintesi di 32 giornate di gare, che portano inevitabilmente alla finale di domani al Maracanà di Rio, con le selezioni di Germania e Argentina, entrambe vestite da Adidas, partner mondiale dell’abbigliamento sportivo, oltre che della FIFA dagli anni ’70. Eh sì, perchè la finale di domenica può essere letta non solo negli schemi di gioco che verranno messi in campo dai due c.t. (Joachim Loew per la Germania e Alejandro Sabella per l’Argentina), ma anche dal punto di visto dello sport-business. E la giornata finale ci permette di fare una serie di riflessioni per capire chi si è mosso meglio a livello marketing, in questo mese di over-exposure di pallone in tutti e cinque i continenti.
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