Serie A - Serie B

Il Cagliari del patron Giulini prova a stupire addetti ai lavori e non.

Adesso la tiritera sarda è cambiata e Tommaso Giulini ha letteralmente rivoluzionato l’ambiente. Classe 1977, l’11 giugno ha acquistato per conto del gruppo Fluorsid (che presiede) il cento per cento del pacchetto azionario del Cagliari, rilevandolo da Massimo Cellino per una cifra compresa tra i 30 e i 45 milioni di euro. Numeri che vanno e vengono, senza conferme né smentite, ma è il gioco delle parti e il cronista ormai ci ha fatto il callo. Ma è più che accettabile in un football che punta agli eccessi dove la spunta sempre chi alza la voce. Giulini pare preferire il profilo basso, è certamente meno frizzante del predecessore rockettaro ed è uno che agisce con cognizione di causa, vedi il “no, grazie, non m’interessa” destinato alla Pro Patria, che avrebbe potuto acquistare nel 2011. 
In Sardegna, dove lavora da anni, s’è fatto subito ben volere soprattutto dalle istituzioni, basti osservare la repentinità d’innesco nella vicenda e la successiva risoluzione in positivo dell’affare-Sant’Elia: stadio ampliato prima fino a dodicimila e poi a sedicimila posti, roba da non crederci dopo aver vissuto due anni di transumanza, final destination Trieste, mille chilometri a nord da casa. 
Ma più dello stadio, che resta priorità in un mondo-pallone del sistema-Italia che stenta a decollare sotto il punto di vista degli impianti sportivi, l’immaginario collettivo viene rapito dai nomi di chi ha accettato di buon grado l’idea d’una resurrezione calcistica e d’un sogno diverso da quello d’una necessaria salvezza, anno dopo anno, con tutto che al signor Massimo gran parte dei tifosi resta comunque affezionata se non altro per aver mantenuto l’equilibrio nel grande calcio per più di quattro quinti della sua gestione. 
Zdenek Zeman era forse l’unico allenatore capace di far dimenticare in fretta le bandiere Pulga e Lopez, ultimi due tecnici alla guida di una squadra costretta a giocare in trasferta anche le partite casalinghe e tesserati di un club alle prese con mille e più problemi, non ultima la detenzione nel carcere di Buoncammino del vecchio presidente.
Che in ogni caso ha il merito di aver accompagnato il Cagliari perfino in semifinale di coppa Uefa; ma sull’altro piatto della bilancia pesano la lunga sfilata di allenatori durati il tempo d’un amen e una serie di cessioni apparentemente inspiegabili: da Francescoli al Torino, bene o male concorrente diretta per una posizione di centroclassifica un ventennio fa fino ad arrivare a Radja Nainggolan, venduto al “nemico” Walter Sabatini, manager d’una Roma che era riuscita a sbancare Cagliari sì, ma con uno 0-3 a tavolino dettato da una vicenda molto kafkiana legata, manco a dirlo, allo stadio. Ovvio, per tacere di Gianfranco Zola, emblema che poteva e soprattutto doveva essere sfruttato in maniera diversa, se non altro sotto il punto di vista della visibilità, nazionale e non. 
Degli acquisti a raffica degli ultimi due mesi s’è detto di tutto e di più, giovani e di belle speranze, incuranti della fatica dettata dai gradoni zemaniani ed entusiasti d’avere a che fare col boemo. E sono fioccati uno dopo l’altro pure gli accordi con gli sponsor, mica male come inizio. Siamo nel 2014, come dicevano le nonne d’un tempo, “domani beato chi avrà un occhio”. 
Ma a chi simpatizza per il vecchio cuore rossoblu, festeggiato nel d-day delle presentazione di maglie e squadra, il 4 agosto, da una folla comunque inattesa, piace restare in sintonia con la pazza idea di Tommaso Giulini, che vagheggia perfino la parola “Champions league”, da prendere in considerazione per l’anno del centenario del club, il 2020. Forse è presto e magari è utopia. Ma la palla è rotonda: lo diceva Maurizio Barendson, lo canta Mina, lo dimostreranno i giovani sopraggiunti a Cagliari per partecipare a un progetto nuovo. Forse, manca la ciliegina sulla torta, ovvero l’icona Gigi Riva cui dedicare un ruolo da presidente onorario. Rombo di tuono, che il 7 novembre compie settant’anni, meriterebbe una gratificazione del genere.
(di Massimiliano Morelli) – A Cagliari, base d’atterraggio Elmas con direzione Asseminello, non c’erano stati tanti sbarchi di giocatori non solo negli ultimi ventidue anni dell’era-Cellino, ma proprio nella storia del sodalizio isolano. Neanche negli anni che precedettero lo scudetto ci fu tanto via-vai, ma quello era un calcio diverso e alla squadra dell’epoca della triade Arrica-Scopigno-Riva bastò una rosa di sedici giocatori per conquistare il titolo di campione d’Italia.
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