Il “gigantismo” russo si spiaggia sullo scandalo doping scoperto dalla WADA
(di Marcel Vulpis) – L’ipotesi di doping di Stato (svelata nelle ultime ore dalla WADA – la Commissione mondiale anti-doping), da parte delle autorità russe, è una ombra sempre più ingombrante sul mondo dello sport del grande colosso dell’Europa dell’Est, che, poco più di anno fa, nel 2014, chiudeva trionfalmente i Giochi invernali di Sochi (dove, oggi, tra l’altro, il premier Putin intende incontrare i responsabili delle federazioni sportive, tempesta di neve permettendo), con investimenti faraonici in area 50 miliardi di dollari (Pechino2008 era stato il precedente record: 40 miliardi). Oggi, alla luce di questo scandalo ciclopico, questa cifra stride ancora di più e soprattutto fa riflettere sui rischi del “gigantismo olimpico”. Per la cronaca la Russia si stava presentando al mondo come una grande piattaforma organizzativa per eventi sportivi, come nel caso dell’ultimo mondiale di nuoto a Kazan (nella foto l’immagine dello stadio del nuoto).
Nel frattempo, il laboratorio di Mosca che avrebbe taroccato/distrutto ben 1.417 test (comprovanti l’uso di sostanze dopanti da parte di molti atleti russi) è stato chiuso e il suo direttore si è dimesso spontaneamente.
Il rischio reale è duplice: forti penalizzazione per le carriere sportive di molti degli atleti coinvolti; la revoca delle medaglie conquistate in modo truffaldino. A deciderlo nel mondo dell’atletica leggera, per esempio, sarà Lord Sebastian Coe, fresco presidente IAAF, che promette di non fare sconti a nessuno. Vedremo se questa tesi giustizialista verrà confermata nei fatti. Così come speriamo di poter avere una dichiarazione ufficiale, al di là delle frasi di rito di profumo politico, da parte di Vitaly Mutko, plenipotenziario dello sport russo e uomo di fiducia del premier Putin.
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