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Caso doping russo: Lo Sport ha bisogno di anticorpi nell’area dell’etica

 

(Gianni Bondini) – Una notizia apparentemente piccola può oscurare una grande guerra mediatica? Ci verrebbe da rispondere “no”. Quel puntolino virtuoso, però, può espandersi fino a coprire le notizie nefande.

Non temete. Parliamo ancora di sport. La notizia piccola (apparentemente) è stata la presentazione stamattina di un libro raro “Bruno Zauli”, autore Gianfranco Colasante pubblicato dal Garage group.

Quel libro, se Tommaso Campanella non m’incenerisse, rappresenta la “Città del sole” dello sport. Di tutto un po’, Zavoli, per chi non lo sa o non lo ricorda, è stato con Giulio Onesti, il cofondatore dell’Olimpismo italiano. Immodestamente consigliamo a molti dirigenti del Coni di dargli un’occhiata. Specialmente nei capitoli “Sport a scuola”. Attualissimi.

Però mentre ci si confrontava su rispetto delle regole, lealtà e ricerca del talento, tablet e personal computer venivano centrati da proiettili mediatici di grosso calibro.

Doping di Stato e il ritorno della “Guerra Fredda”

Russia in ginocchio per il doping di Stato. L’agenzia mondiale antidoping Wada è scatenata. E sotto con le accuse e le reazioni. Il principale sospettato del doping russo di Stato, il ministro Vitaly Mutko, è passato al contrattacco: <Facciamo paura e per questo ci vogliono escludere dall’Olimpiade di Rio e vogliono distruggere l’immagine della Russia>.

Quel “facciamo paura” è roba da guerra fredda. E, difatti, siamo convinti che la giustificabile e agguerrita inchiesta dell’antidoping mondiale sia molto gradita dagli Stati Uniti, che sul doping, però, non dovrebbero (in senso assoluto) fare i primi della classe (visto che qualche atleta a stelle e strisce nei tempi passati non si è ben distinto in questo settore). E le accuse di “doping di Stato” piovono come proiettili dopo gli scontri politici sulla Siria e la guerra in Medio Oriente tra Barack Obama e Vladimir Putin.

Quindi, occhio alla penna, questo è uno scontro politico internazionale. A cui rispondiamo: gli Stati Uniti non facciano i “puri” perché di positività e anche di morti sospette per doping nella squadra a stelle e a strisce se ne potrebbero contare molte.

Nè ci suscitano grande impressione le dimissioni dal Cio di Lamine Diack , ex presidente dell’atletica mondiale (Iaff). Diack avrebbe insabbiato, secondo la tesi degli inquirenti della WADA, i casi di doping russi. 

Ora, però, la “stimatissima” Wada deve andare a cercare il doping “dovunque e comunque”. Anche nella Zona Nato. Se si apre il “Vaso di Pandora” non si può aprirlo o chiuderlo a secondo dei dati di geolocalizzazione. 

Putin ha già reagito, o comunque ci prova: ha convocato tutti i presidenti federali degli sport russi a Sochi, ma il maltempo li ha fermati. Comunque, le truppe sono schierate.

Stanno scomparendo, invece, dalla scena, i personaggi più ingombranti. Come il direttore del laboratorio di Mosca, Grigori Rodchenkov. E’ accusato di aver occultato il doping di molti atleti e di aver intascato somme di denaro per distruggere 1.417 test sospetti.

Non restiamo bocca aperta. Di laboratori antidoping ne vengono chiusi, ogni tanto, diversi e specialmente nei paesi a regime autoritario. Mosca replica:<Accuse infondate, non ci sono prove>.

Valentin Balakhniciov, per oltre 20 anni presidente dell’atletica russa (Araf), ha annunciato l’intenzione di ricorrere al Tribunale sportivo di arbitrato a Losanna. Il successore di Balakhniciov, Vadim Zelicionok ha detto che il doping c’era ma ora non c’è più. E ha aggiunto che <La Wada non ci ha mai informati, come avrebbe dovuto, sulle sue indagini. Interessa non farci partecipare all’Olimpiade di Rio e condannare lo sport russo>.

Riavvolgiamo il nastro. Siamo partiti da un libro sull’atletica e sullo sport al tempo di Bruno Zavoli. Chiudiamo dicendo: lo sport non è un’isola felice. Se il paese, qualunque paese, è malato, lo sport è infetto. Non ce lo nascondiamo. E, allora, ricominciamo dai valori di base. Giovanni Malagò, almeno per quanto riguarda il Paese/sistema Italia è in grado di farlo. S’è affidato ai carabinieri. Bene. Ma nessuno dimentichi che anche nello sport proseguono le guerre. Calde o fredde.

NOTIZIA A PARTE

Diana Bianchedi, medico sportivo e olimpionica di fioretto è il nuovo direttore generale del Comitato per la candidatura di Roma 2024. Colpo a sorpresa e ben gradito.

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