Aylan storia simbolo del 2015 per l’agenzia Sporteconomy
(di Marcel Vulpis) – Avremmo potuto parlare di crisi economica greca, della guerra civile in Siria, del conflitto ucraino-russo (tra l’altro ancora irrisolto), così come degli attentati dell’ISIS in Francia, che hanno sconvolto il mondo e l’opinione pubblica. Ma nessun fatto di cronaca ha avuto l’impatto o l’eco mediatica come la foto del corpicino senza vita del piccolo Aylan Kurdi, 3 anni, figlio di esuli siriani annegato a settembre e trasportato dalle acque del mare sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia.
Quella foto è rimasta prima nella nostra testa e poi nel cuore. E’ per noi il simbolo ideale di un anno durissimo, sconvolto da catastrofi natutali/sociali/umane, di cui ancora oggi cerchiamo la soluzione.
Mi sono chiesto come direttore di questa agenzia quali fossero i sogni di questo piccolo bimbo, che si affacciava alla vita e che si era affidato al destino deciso dai suoi genitori in quel viaggio senza ritorno finito, purtroppo, sulle spiagge della Turchia.
Un bambino, che sicuramente aveva sogni, che voleva vivere, divertirsi, giocare, e magari un giorno avrebbe praticare sport, studiare all’università e costruirsi una bella famiglia.
Aylan è “uno di noi“, è nostro figlio idealmente e nei suoi sogni infranti c’è quella parte di 2015 che vogliamo cancellare, ma non dimenticare.
La “storia” di Aylan Kurdi non deve essere dimenticata, perché tutti gli essere umani hanno diritto a vivere felici e a sognare un progetto di vita dignitoso. Se non siamo capaci, come popoli, di garantire questo, magari attraverso una politica internazionale coesa e condivisa (degna di questo nome), allora credo che non abbiamo il diritto di considerarci non solo cittadini d’Europa, ma soprattutto essere “umani”.
Questa storia è patrimonio dell’umanità nella sua accezione più alta e noi come agenzia, pur occupandoci al 99 per cento, di storie di economia e politica dello sport, abbiamo voluta raccontarla conferendole il massimo della “dignità” che merita.
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