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Caso FIGC-Intralot. Basta con l’ipocrisia spicciola

(di Marcel Vulpis) – Da circa tre settimane stiamo assistendo nel mondo dello sport-business tricolore ad una “tarantella” (senza senso) di un livello molto, ma molto basso. Il tema è la partnership che la FIGC si sarebbe permessa di stringere con Intralot, colosso greco del gioco e del betting attualmente parte del gruppo Gamenet, a supporto della Nazionale italiana di calcio.

Un’operazione per una certa “sinistra” del Paese, per una certa parte “bigotta” della nazione, quasi scandalosa. Intralot, a sentire questa parte (per fortuna non ascoltata da tutti, ma con una forte influenza a livello mediatico) sarebbe il male assoluto, un soggetto che stimola lo sviluppo della ludopatia e non sarebbe (sempre secondo loro) degno di essere affiancato all’immagine di un brand così emozionale e di impatto sociale come appunto la Nazionale. A ciò si aggiungano castronerie di vario tipo, come il timore di alcuni parlamentari di vedere il logo e nome di Intralot sulla maglia (cosa impossibile e su cui è nata una polemica inutile: bastava leggersi i regolamenti FIFA e Uefa).
Al netto di queste premesse da oscuro medioevo, la realtà è un’altra e va detta (anzi scritta in questo caso).

Punto primo: Intralot è un operatore regolarmente autorizzato ad operare e ha tutto il diritto di scegliere il “media” che più ritiene adatto alla propria strategia per promuovere il proprio brand, prodotto e/o servizio. Perché ripeto è un’azienda sana che opera all’interno della cornice della legalità gestita a monte dallo Stato. OItre a ciò aderisce al progetto “Gioco Responsabile”, anni fa lanciato dai Monopoli (AAMS) e quindi non incentiva in alcun modo il potenziale cliente a giocare oltre i propri limiti. E questo atteggiamento/approccio al mercato è seguito non solo da Intralot ma anche da tanti altri brand del settore. Oggi l’utente tipo per giocare deve rispettare una serie di regole e l’azienda che gli fornisce la piattaforma di gioco sa chi è e può monitorare il suo livello medio di gioco.
Immaginate solo per un secondo se Intralot o tante altre aziende regolari non esistessero più. Molti chiaramente non giocherebbero più, molti altri cercherebbero altre piattaforme (chiaramente illegali sia sul territorio, sia sull’online). Quello che molti dei detrattori dei giochi non comprendono, fino in fondo, è che queste polemiche “sterili” sono uno spot, de facto, per tutto il mondo del sommerso, che esiste, esisterà. ma può essere limitato, contenuto e contrastato proprio e solo attraverso il gioco regolare/legale.

Intralot

Ecco perché la sponsorizzazione per certi versi “storica” di Intralot ha una valenza sociale molto superiore a quanto immaginiamo. Leggo sui giornali di una idea di “dietrofront” da parte della FIGC. Sarebbe un errore marchiano di strategia, di comunicazione e un messaggio di debolezza nei confronti del mercato e della “società” in quanto tale.

Giusto ascoltare le istanze di tutti, ma non può essere un tweet di un parlamentare o di Codacons a dire cosa è giusto e cosa non lo è. Mi sembra un po’ riduttivo, oltre che un vero e proprio boomerang. Ci auguriamo pertanto che la FIGC prosegua in questa operazione e che l’investimento di Intralot oltre ad essere utilizzato per il mondo dei giovani, nell’ottica di un’azione di social responsability, possa diventare un elemento di riflessione nel settore e un modo più moderno e liberale di vivere la nostra società e il rapporto con il fenomeno del “gioco” (chiaramente legale e certificato).

Ultima annotazione: gli stessi giornali che oggi lanciano strali nei confronti dell’operazione di sponsorship voluta dal presidente Carlo Tavecchio e dal DG Michele Uva dovrebbero ricordarsi che questa estate incensavano il modello dello sport britannico alle Olimpiadi di Rio per gli investimenti che sa attrarre e per le medaglie conquistate sui campi a cinque cerchi.

Peccato che il comitato olimpico britannico sia sostenuto proprio da un prodotto “puro” dell’azzardo: la UK Lottery. I media quindi sono “liberal” se si tratta di strizzare gli occhi agli inglesi, mentre “luterani” se si tratta di FIGC.

FLORENCE, ITALY - OCTOBER 04: AD Intralot Emilio Iaia, AD Gamenet Guglielmo Angelozzi , head coach Italy Giampiero Ventura and DG Michele Uva pose for a photo during a press conference to unveil the Intralot sponsorship at Coverciano on October 4, 2016 in Florence, Italy.  (Photo by Claudio Villa/Getty Images) - foto tratta da Olimpopress

FLORENCE, ITALY – OCTOBER 04: AD Intralot Emilio Iaia, AD Gamenet Guglielmo Angelozzi , head coach Italy Giampiero Ventura and DG Michele Uva pose for a photo during a press conference to unveil the Intralot sponsorship at Coverciano on October 4, 2016 in Florence, Italy. (Photo by Claudio Villa/Getty Images) – foto tratta da Olimpopress

Il percorso intrapreso dal DG Uva è più che corretto e noi idealmente come agenzia lo appoggiamo.

Su questo possono nascere una serie di azioni “collateral” proprio per fare opinione e sensibilizzare il mondo dei giovani sul fenomeno gioco. Un settore che non deve essere visto come il demonio, ma come un’area di divertimento che fa parte della sfera dell’essere umano. Chissà magari che questo spunto di riflessione non porti la FIGC ad aprire la terza edizione di “Kick Off” (think tank lanciato in questi ultimi anni dalla stessa federazione) nel 2017 per mostrare una società italiana più moderna e liberale, nel rispetto delle regole dello Stato, attraverso la piattaforma del calcio.

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Marcel Vulpis

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