Closing AC Milan: mancano i soldi della 3a caparra, ma soprattutto la trasparenza
(di Marcel Vulpis) – Ancora problemi, incertezze e poca trasparenza da parte della cordata cinese, che intende acquisire il 99.93% del gruppo AC Milan. Yonghong Li (il fondatore di SES) ha fatto slittare l’arrivo, nelle casse di Fininvest (holding del Biscione), della terza caparra da 100 milioni di euro attesa per oggi e che, invece (se arriverà), dovrebbe arrivare (a questo punto il condizionale è d’obbligo) entro venerdì 24 marzo. Un nuovo ritardo, una nuova proroga. Una data che fa riflettere, perché l’eventuale closing (con l’esborso di ulteriori 220 milioni di euro), a fronte di un secondo accordo (perché il precedente, che portava data 3 marzo, è scaduto e non vale più contrattualmente parlando) sarebbe ad appena 14 giorni dal pagamento della terza caparra.
Gli imprevisti sono stati catalogati come ‘inadempimenti burocratici’, ma è chiaro che a questo punto servirebbe, anzi serve, maggiore trasparenza. Se non vogliono parlare i vertici di AC Milan o Fininvest, parli almeno questo Yonghong Li, perché i tifosi rossoneri iniziano a temere che questa operazione non esista di fatto, o sia, comunque gestita, da uomini di affari non in grado di acquisire (prima) e far continuare (soprattutto dopo) il brand AC Milan.
In ambienti finanziari poi si sottolinea come Sino Europe stia cercando di prendere tempo per convincere le autorità a sbloccare fondi appartenenti a società controllate dal Governo. La domanda sorge spontanea: ma se non ci è riuscita in ben 5 mesi come farà a farlo in appena 2/3 settimane, quando comunque dovranno arrivare ben 320 milioni di euro e poi ulteriori 150-180 per ridurre l’esposizione debitoria e garantire la continuità aziendale del club nell’ipotetica post era Berlusconi?
E’ possibile che i cinesi una volta sbarcati a Milano siano diventati più italiani degli italiani? Bocche cucite e ci può anche stare per garantire la riservatezza dell’operazione, ma allora questa operazione doveva chiudersi molto prima e in quel caso avremmo apprezzato questa ipotetica riservatezza. Adesso invece è arrivato il tempo dell’obbligo della “chiarezza”. Per dimostrare, almeno una volta, che i tifosi (quelli rossoneri) non sono solo dei clienti da mungere quando serve (ticketing, merchandising, attivazione di sponsorship), ma delle persone con doveri (rispetto fuori e dentro lo stadio per esempio) ma anche diritti. Secondo noi di Sporteconomy “sacrosanti” se guardiamo al caso specifico del closing AC Milan.
Anche l’uscita dell’avv. Niccolò Ghedini che spontaneamente si reca in procura a Milano per dimostrare la liceità dell’operazione e la tracciabilità delle operazioni fa capire che siamo di fronte ad una telenovela di cui non si vedono ancora i titoli di coda.
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