Pongetti (SGPlus): Come realtà di sport advisoring, ci poniamo sul mercato come “costruttori di idee”
Dove sta andando il mercato dello sport italiano, sotto il profilo della comunicazione, marketing e sponsorizzazioni sportive. Ne abbiamo parlato con Nicola Pongetti (vice-presidente SGPlus), che, all’interno della struttura nazionale (con sedi a Parma, Milano e Roma – fondata e guidata da Roberto Ghiretti), si occupa di “progettualità”. A lui abbiamo chiesto di tracciare le linee guida dello scenario dello sport-business tricolore.
D: Pongetti, qual è lo scenario futuro dell’advisoring sportivo? Su cosa si muoveranno i “player” che investono nel mondo dello sport?
R: Il mondo dello sport ha una necessità enorme di progettualità (pre, durante e post evento, per esempio). Le grandi organizzazioni di advisoring devono mettere sul piatto non solo capacità commerciali, ma anche e soprattutto progettualità tagliate su misura (con un approccio taylor made). Dobbiamo muoverci su progetti nella “direzione” della responsabilità sociale e lo sport è uno dei mezzi, dei driver più efficaci. Così come dobbiamo muoverci nella direzione dell’engagement (non solo social e non solo rivolta ai fan). L’engagement infatti vuol dire anche corporate engagement (coinvolgendo i dipendenti, la rete vendita o ancora i top manager). Lo Sport è uno straordinario strumento di progettualità, ripeto. Il nostro Paese si deve orientare tra l’altro alle nuove tecnologie, siamo un po’ indietro sui Big Data, che è un nuovo modo di esprimere e comunicare, ma ancora non governato totalmente come fenomeno.
D: Quali sono le opportunità/criticità in questa fase contingente dell’economia italiana, che tocca tutti i settori, incluso quello dello sport?
R: Paradossalmente non vedo come criticità la mancanza di budget, ma certe volte l’incapacità, di chi opera nel mondo dello sport, di saper interpretare le esigenze del cliente. Non avviene chiaramente sempre, ma, talvolta, e ciclicamente avviene. C’è poi, piuttosto, troppo esposizione dei brand (in tutte le salse e colori, nda), ma bisogna puntare sull’evoluzione della brand exposure in chiave “experience“. Spesso i clienti chiamano SGPlus per attivare la loro sponsorship, quando, ormai, anche molte attività sono state già chiuse, per lavorare appunto solo sulla progettualità. Proprio perchè il punto debole (forse) del settore è la capacità/coraggio di credere di più su questo fattore chiave.
D: In che cosa SGPlus si muove in modo distintivo sul mercato dello sport tricolore? Quali sono i vostri punti di forza?
R: Come SGPlus lavoriamo fortemente, da tempo, sulla “progettualità”. Una progettualità “innovativa”, costruita su engagement, social responsability, scuola e luoghi educativi (società sportive, oratori, ecc.). Oggi rappresenta il 70% del nostro fatturato. Negli anni della crisi, ciò ci ha consentito di crescere e di fare business importanti. In sintesi, sono i 4 pilastri della nostra offerta di consulenza strategica. Molte aziende poi ci chiamano per capire, insieme, come orientare i propri investimenti nello sport. Ci poniamo come progettisti e consulenti strategici, puntando sempre più ad una offerta (potenzialmente) di alto livello. Sono perfettamente d’accordo con Roberto Ghiretti (fondatore di SGPlus, nda) quando dice “Marketing significa costruire“. Ha ragione al 100%.
D: Sul tema della fan experience, come vi state muovendo e cosa cercano, in questo periodo, le aziende interessate allo sport?
R: La nostra idea parte da due concetti basilari: lo sport è passione, condivisione come nessun’altra piattaforma e bisogna creare storie da ricordare, che il fan deve portare come ricordo nel cuore. Esperienze uniche e per certi versi memorabili. L’engagement deve lasciare un sogno (una buona esperienza), meglio, appunto, se indimenticabile. Ciò puo’ fidelizzare il tifoso al club sportivo e ai suoi sponsor (ciò può aiutare a generare ricavi, CRM, ecc.). Questo poi e lo sottolineo indipendentemente dal risultato sportivo. Le aziende si avvicinano allo sport, perchè è in grado di sviluppare e instaurare rapporti, che, difficilmente, possono generare autonomamente con i propri prospect.
D: Dalla brand exposure alla brand experience. I tempi sono maturi anche in Italia?
R: Siamo un mercato ancora in ritardo da questo punto di vista, ma qualcosa di importante sta iniziando a muoversi. E’ una fotografia che noto non solo nel calcio, ma, in misura più generalizzata, anche in tutti gli altri sport. In Europa, per esempio, il peso della brand exposure rispetto alla experience è paritario. Possiamo dire tranquillamente 50 a 50. Nel nostro Paese siamo ancora 80% brand exposure e 20% brand experience. Va bene, ci mancherebbe, inserire il logo, il marchio, ovunque, nelle posizioni anche più innovative, come ripresa tv, ma l’invito veramente è quello di andare oltre. Siamo pronti ad entrare nel futuro, dobbiamo solo crederci. Come SGPlus ci poniamo sul mercato come “costruttori di idee”.
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