Stati Generali del CONI nell’Armageddon del calcio italiano
Gli “Stati Generali del Coni” sono,invece, degli appuntamenti per discutere e (se possibile) trovare soluzione ai problemi dello sport. Appuntamenti, oggi e domani, nell’abbacinante salone d’onore del Coni (gremito nell’inverosimile). Perché a parte i moderatori (direttori di giornali) e addetti ai lavori, c’erano pure quanti volevano esserci.
Purtroppo, una buona dell’attenzione dovuta è stata indirizzata a fare pronostici, a commetare indiscrezioni e persono a scommettere sul Toto-commissario della Federcalcio. Per ora l’unica cosa certa sono le dimissioni del presidente federale Carlo Tavecchio, che ha seguito “la via dell’esilio” già imboccata dal suo prescelto, Gian Piero Ventura, ex citti della Nazionale gettata fuori dal treno in corsa per il Mondiale di Russia da una modesta, ma prestante Svezia.
Superlativo regista di tutto Giovanni Malagò che ha capito per primo “Che tempo che fa” e ha aperto l’ombrello.
Gli Stati Generali del Coni si sono aperti con la prima delle Cinque Sessioni (nel numero dei cerchi olimpici). Con due precedenti meno articolati sullo stato dello sport: le Conferenze Nazionali di Franco Carraro nel 1982 e di Gianni Petrucci nel 2000.
Esperienze più celebrative, rispetto a quanto ha detto con tono ispirato Malagò che ha sottolineato (giustamente) che “nella Costituzione non c’è la parola sport”, come “nello Statuto del Coni non c’è la parola Scuola”. Che questo sia un Paese “smemorato” lo dimostra il riconoscimento di “inno ufficiale”, dato solo pochi giorni fa al “Canto degli italaini di Goffredo Mameli” precario dal 1946.
Per l’inno potremmo cantare anche il più attuale “Volare”, ma che nella scuola lo sport sia quasi “bandito” è insopportabile. Per questo ha fatto bene il Presidente del Coni ha chiedere esplicitamente come prima riforma “quella scolastica” e l’ha chiesto direttamente al ministro dello Sport, Luca Lotti, lì presente.
Premessa: “stakeholders” (letteralmente “azionisti”), che sta per “compagni d’avventura” e “legacy” al posto di “eredità” ci hanno francamente rotto i “cabbasisi” come direbbe il Moltalbano del sicilianissimo Andrea Camilleri. Ma andiamo avanti, Malagò ha messo sul tavolo le carte, di un Coni che avrà qualche disciplina sportiva anche importante che zoppica ma il suo dovere istituzionale lo fa eccome, vincendo vagonate di medaglie mondiali e olimpiche, per fare un esempi, nella non facile pedana della scherma e nelle piscine. Guardando Lotti è sembrato che Malagò ammiccasse anche a Gianni Letta, due poltrocine più a sinistra. Con l’incognita delle elezioni di primavera. E di scuola, con la “esse” maiuscola, parleranno oggi due dirigenti donne, Rossana Ciuffetti e Teresa Zompetti, che di formazione scolastica, tecnica e manageriale s’intendono.
I primi “fuochi” del dibattito si sono spenti, non tanto per gli interventi del moderatore e direttore della Gazzetta dello Sport, Antonio Monti, qaunto perché il protocollo ha messo il aclendario l’inetervento del direttore generale del Cio Cristophe De Kepper, in inglese, per quasi mezz’ora e francamente si è sentita l’assenza di un’interprete. Benché il dirigente internazioanle, che ha fatto i complimenti al Coni e ha parlato di sfide per il futuro del Cio. Ovviamente escluso il contraddittorio dalla platea, non sono arrivate le attaulissime domande sul bisogno di denaro del Cio con l’apertura (da brividi) ai videogiochi.
I numeri dello sport, invece, li ha forniti con competenza e decisione il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, che ha esaltato Pietro Mennea come simbolo della voglia di affernmarsi nello sport. Di un’Italia che nel 1959 contava circa un milione 230 sportivi, per la maggior parte delle classi più agiate. E, invece, oggi gli sportivi d’Italia sono 20 milioni e ciò che fa effetto è che il professor Alleva, dati alla amno, riconosca la pratica sportiva come “cura” contro una buona parte dei malanni. Anche gravi, come per “citarsi addosso” aveva già dimostarto il convegno di ottobre alla Scuola dello sport del Coni dal titolo “Il linfoma si combatte (anche) con lo sport”.
Di stili di vita, di protezione della salute e dell’Italia come “Distretto del benessere” ha parlato il presidente e fondatore di Technogym, Nerio Alessandri, che ci ha tenuto a precisare era presente come capo della Wellness Fondetion (organizzazione del benessere) con l’attività fisica e ha monetizzato la sua filosofia di vivere “sportivamente” con questa cifra: “Lo Stato spende 50 miliardi di euro l’anno per far fronte alle emeregnze asniatrie. Lo sport aiuta a star bene”. Vorremmo dire che Alessandri, che ha parlato di una città di Cesena sportivizzata dalla presenza Technogym, è sembrato volesse dire:”Aiutateci a difendervi dalle malattie e a farvi star bene”.
Occhi puntati sul ministro dello Sport, Luca Lotti, che ha ribaditoil merito del governo di aver inserito nella lo sport “nella legge di stabilità” e rivolto a Malagò ha ricordato i prossimi Giochi invernal. Ma poi, Lotti, s’è fermato ad un elenco di cose fatte (sport e periferie, l’aiuto ai dilettanti e i Gruppi sportivi universitari e il fondo maternità per le atlete). Ci scusi Ministro è sembrato un riassuntino di ciò che è stato fatto, ma c’è molto ancora da fare.
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