Vulpis (Sporteconomy): Con divieto Decreto Dignità a sponsor betting in fumo 35 milioni di euro
“Il divieto di pubblicità di giochi d’azzardo previsto dal Decreto Dignità manderà in fumo sponsorizzazioni e pubblicità, solamente in Serie A, per 35 milioni di euro”. E’ quanto ha dichiarato ad Agimeg Marcel Vulpis, Direttore di Sporteconomy, commentando gli effetti del divieto di pubblicità per gli operatori di scommesse che entrerà in vigore il prossimo 14 luglio, ma i cui effetti sono già visibili ora: questa mattina la Roma è scesa in campo a Trigoria per gli allenamenti senza il marchio Betway sulle divise.
Dopo un solo anno di sponsorizzazione, la società giallorossa ha dovuto interrompere il contratto triennale rinunciando a circa 5 milioni di euro a stagione. “Anche Marathonbet garantiva alla Lazio circa 5 milioni di euro, ora questa cifra è stata spostata in Spagna, essendo diventato sponsor del Siviglia. Il fatto è che con il divieto di pubblicità stiamo facendo ricchi gli altri campionati – ha proseguito Vulpis – in quanto oggi le aziende di gioco sono paneuropee e spostano i propri investimenti indistintamente tra un campionato e l’altro. In questo modo il gap con le altre leghe aumenterà ulteriormente, considerando che in Spagna e ancor più in Inghilterra i bookmaker sponsorizzano moltissime formazioni.
Tra l’altro la differente regolamentazione in tema di pubblicità di giochi e scommesse porterà a situazioni paradossali: ad esempio il prossimo 30 luglio, quindi in piena applicazione del Decreto Dignità, si sfideranno in amichevole Atalanta e Norwich, quest’ultima sponsorizzata da un bookmaker. Quindi chi seguirà la gara potrà vedere una sponsorizzazione sportiva, che però è vietata nel nostro Paese”. Per il direttore di Sporteconomy “ci saranno casi di aziende che contesteranno la norma davanti al Tar. Siglando la concessione per giochi e scommesse, vi è l’obbligo per gli operatori di gioco pubblico di fare pubblicità per distinguersi dagli operatore illegali, mentre l’articolo 9 del Decreto Dignità relativo al divieto di pubblicità va nella direzione contraria, ponendo le basi per una contestazione legale”, ha concluso Vulpis.
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