TOKYO 2020: QUANTO COSTA IL “RINVIO DEL SECOLO”
(di Sejon Veshaj) – Dopo lo schock iniziale, con le Olimpiadi di Tokyo2020 rimandate al 2021 a causa della forte diffusione del Coronavirus (Covid-19), sono in tanti a chiedersi come verrà gestita dai membri responsabili dell’evento, lo slittamento di un anno della manifestazione sportiva più importante al mondo e in che modo colpirà economicamente le diverse parti coinvolte: dai cittadini giapponesi ai vari investitori sino al pubblico pagante.
Il giornale finanziario giapponese “Nikkei” (Nihon Keizai Shinbun), in contatto con alcuni enti locali, ha stimato costi aggiuntivi pari a 2,7 miliardi di dollari.
Tra le principali voci di costo troviamo la rinegoziazione dei nuovi contratti di locazione, la manutenzione dei vari stadi e arene e la necessità di trovare nuove aree dove costruire strutture e complessi sportivi. Tokyo stava progettando di utilizzare 42 sedi più una in aggiunta per le Paralimpiadi: “Solo per allestire alcune sedi abbiamo impiegato più di un anno. Smontarle e rimetterle in piedi per il 2021 implicherebbe costi aggiuntivi”, ha dichiarato Toshiro Muto, CEO del comitato organizzatore.
Una delle situazioni più delicate in tal merito riguarda il villaggio olimpico, che ospiterà 11.000 olimpionici e 4.400 paralimpici, destinato in origine alla riconversione in complessi immobiliari di lusso non appena i Giochi fossero giunti al termine. Uno dei costruttori, Mitsui Fudosan Co., ha dichiarato di aver sospeso le vendite nel complesso, che includerà 23 edifici, con 5623 appartamenti venduti a più di un milione di dollari ciascuno.
In relazione ai dipendenti invece, sono più di 3500 i membri del personale olimpico, e alcuni di loro potrebbero perdere il lavoro nel tentativo di ridurre i costi.
A chiedere delucidazioni sul fronte economico sono i numerosi sponsor locali. Il gigante pubblicitario responsabile di Tokyo 2020, Dentsu Inc., ha venduto 3,3 miliardi di dollari in sponsorizzazioni, più del doppio rispetto alle precedenti Olimpiadi. Varie sono le ipotesi che si stanno valutando, dall’estensione dei contratti a nuove proposte di accordo.
Recenti proteste da parte dei cittadini giapponesi hanno riguardato i crescenti costi sopportati dalla popolazione per contribuire alla sostenibilità dell’intero progetto olimpico e il non equo contributo del CIO (Comitato Olimpico Organizzativo).
Dopo l’assegnazione dei Giochi nel 2013, Tokyo dichiarò che il costo totale delle Olimpiadi sarebbe stato di 7,3 miliardi di dollari. E bene, nell’ultimo rapporto governativo sono state dichiarate spese per 12,6 miliardi di dollari, con un investimento privato di 5,6 miliardi ed un conseguente e cospicuo intervento di denaro pubblico. Tuttavia, a creare ulteriori tensioni ci sarebbe stato un rapporto segreto redatto da una commissione di esperti incaricata dal governo nipponico, che hanno previsto ulteriori spese a causa dell’aumento dei prezzi nel comparto edile e altri fattori, con un investimento totale che si aggirerebbe a più del quadruplo annunciato inizialmente, superando i 26 miliardi di dollari.
Da parte sua, il CIO ha contribuito a finanziare le Olimpiadi con 1,3 miliardi di dollari, una “esigua” parte del costo totale. Ad accrescere le tensioni sono stati i ricavi dichiarati dal massimo organismo sportivo mondiale nell’ultimo ciclo olimpico quadriennale (2013-2016), con 5,7 miliardi di entrate, tra vendita di diritti televisivi e sponsorships varie. Il Comitato Olimpico Internazionale, presieduto da Thomas Bach, ha inoltre un fondo di riserva di circa 2 miliardi di dollari e un’assicurazione a copertura delle perdite.
Bent Flyvbjerg, autore di “The Oxford Olympics Study 2016: Cost and Cost Overrun at the Games”, in un’e-mail all’Associated Press, ha affermato che il CIO “dovrebbe contribuire maggiormente alle spese del progetto olimpico, non lasciando il gravoso carico dei costi aggiuntivi, previsti dallo slittamento dei Giochi, esclusivamente sulle spalle del comitato organizzativo locale e dei cittadini giapponesi. Tutto ciò anche da un punto di vista etico”.
Anche la domanda di biglietti da parte del pubblico è stata senza precedenti con 7,8 milioni di ticket venduti. Tutti i biglietti hanno una clausola di forza maggiore, che potrebbe spingere gli organizzatori ad un rimborso colossale qualora il Coronavirus venisse considerato “al di fuori del ragionevole controllo di Tokyo 2020” ha dichiarato Muto.
Conclude infine l’amministratore delegato del comitato organizzativo giapponese: “Non abbiamo una decisone definitiva su quale sarà la nostra politica ma per quanto possibile, vogliamo riservare alle persone che hanno già acquistato i biglietti un trattamento speciale”.
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