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Sponsor di maglia, chiave di accesso per le tifoserie

Il mercato delle sponsorizzazioni di maglia è in continua evoluzione, soprattutto sotto il profilo della creatività applicata al marketing. I club di calcio sono alla costante ricerca di nuovi format sponsorizzativi per rispondere alla crescente esigenza di nuove entrate (e la pandemia ha accelerato questo processo).
Rispetto a soli 10 anni fa le maglie da gara sono dei veri e propri cartelloni pubblicitari in movimento. Non vedremo mai in Italia maglie-patchwork come nel football sudamericano, ma le società si stanno aprendo a nuove opportunità di visibilità (da offrire a potenziali realtà partner).

Lo sponsor della divisa diventa il mezzo più visibile delle strategie di comunicazione aziendale, a cui bisogna aggiungere una serie di attività collaterali per far conoscere, al grande pubblico, l’abbinamento commerciale. E’ ormai la chiave di accesso principale per entrare nel mondo del calcio e, successivamente, sviluppare attività di business con le fan base (i tifosi).

Il debutto con il Perugia

Un mercato, quello delle jersey sponsorship, che, nel nostro Paese, è nato 43 anni fa (esattamente nell’estate del 1979), con l’apposizione di un logo commerciale (pasta Ponte) trasformato per l’occasione, dal Perugia calcio del presidente Franco D’Attoma, in uno pseudo sponsor tecnico (sulla maglia era visibile come “Ponte sportswear”), per aggirare le norme federali dell’epoca, che non consentivano, in alcun modo, la visibilità di marchi commerciali sulle divise di gara. Un’operazione che contribuì, in parte, a chiudere l’operazione di acquisto di Paolo Rossi (proveniente dalla Lanerossi Vicenza).

L’esplosione dei marchi

L’introduzione del cosiddetto “second sponsor” (posizione di minor valore economico e visibilità rispetto al main partner) ha aperto la strada alla totale liberalizzazione, in ambito commerciale, come nel caso dello sleeve (sponsor di manica) o del back (posizione individuata sul retro maglia).
Soprattutto le sponsorizzazioni di manica si stanno trasformando in uno strumento innovativo di marketing e sono diverse le società italiane (la Juventus si è legata quest’anno a Bitget, il Milan a BitMex, la Fiorentina al marchio Estra, solo per citarne alcuni) e straniere (il mercato della English Premier League è stato il primo a crederci) che hanno scelto di investirvi.

Il caso della Bundesliga

Il TSG 1899 Hoffenheim è stato il primo club tedesco (attualmente è quinto in Bundelisga), nel giugno 2019, ad annunciare l’introduzione dello sponsor sulle maniche. Un cambiamento radicale per la prima divisione tedesca. Fino a quel momento, infatti, la gestione commerciale delle maniche era affidata alla Lega, che garantiva un guadagno equo a tutti i 18 club. Dal 2019, invece, le società hanno optato per una gestione individuale. Nello specifico SNP (società di information technology) è stato lo sponsor scelto dall’Hoffenheim, arrivando a sostituire il logo di ProWin, partner globale della Lega calcio.

L’esperimento dei calzettoni

In Serie B alcuni club, dopo una prima esperienza di sponsorship degli shorts (sui pantaloncini gara si arriva a superfici espositive pari a 75 cmq), hanno testato la nuova posizione visibile sui calzettoni (ben 140 cmq). Nella stagione 2020, ad esempio, è successo con il Chievo Verona, il Trapani, il Perugia, il Pisa, il Venezia e, infine, con la Salernitana. Questa tipologia di contratto è stata “centralizzata” da parte della LNPB, così come avviene, già da alcune stagioni, per lo sleeve (nel precedente campionato appariva il marchio Facile Ristrutturare) e per il “title” (il colosso indiano BKT).

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Redazione

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