Vialli, il “rivoluzionario” buono
(di Massimiliano Morelli) – Un rivoluzionario buono, Gianluca Vialli ha cambiato le regole del calcio, portando in dote al pianeta-football umanità e leggerezza, elementi cardine del suo essere. Un italiano da esportazione, che si trasferisce all’estero il giorno dopo aver conquistato la Coppa dei Campioni, e soprattutto quando aveva ancora molto da dare al calcio. E tanto darà ancora, in quella che stupidamente nominiamo “la perfida Albione”, ma che, nel gestire football e denari, resta regina, ovvero l’Inghilterra con la sua EPL.
Chelsea, e non poteva essere altrimenti la scelta per sbarcare oltre la Manica, in quella che era la più italiana delle squadre inglesi. Chelsea, club innovativo per la Premier, così da creare un mix di successi, sia da calciatore che da allenatore.
Il passato racconta di un ragazzino che cresce a Cremona e che prende la squadra locale per mano accompagnandola in serie A; di un ragazzo che, nella Genova blucerchiata, porta verve e il primo scudetto della storia nel club più giovane del nostro calcio; di un uomo che sbarca nella Torino bianconera per conquistare la coppa più ambita, impresa mai riuscita neanche ai Sivori e ai Charles, agli Anastasi e ai Boninsegna. Vinta sì, precedentemente, dai Platini e dai Boniek, ma quella era la coppa dell’Hysel.. ed era tutta un’altra storia.
L’amicizia con Roberto Mancini – con il quale fece anche “società” per un’impresa di import-export che si perde nella notte dei tempi – è un esempio da libro “Cuore”, l’esperienza in Nazionale croce e delizia, con quel terzo posto del Mondiale giocato in casa che sembrò una beffa per gli italiani. Ed è bello ricordare quel che è stato… anche se l’amarcord non attenua il dolore d’una scomparsa improvvisa, dopo aver lottato per 5 anni come un leone contro un male incurabile.
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