All newsAltri SportBreaking NewsCalcioIstituzione e Attualità

Benedetto XVI e Francesco a confronto sui temi del calcio.

(di Carmelo Pennisi)* – Lo scrittore ungherese Ferenc Molnàr lo ha ben descritto nel suo “I Ragazzi della Via Paal”. Il gioco sovente nasce come erosione della terra ancora libera dalla speculazione edilizia. Il calcio nasce in Europa non per strada, bensì nei luoghi di istruzioni e nei dintorni degli edifici dedicati al culto della religione. E’ nel Sud America di Eduardo Galeano, Jorge Luis Borges e Osvaldo Soriano che esso si trasferisce  nelle strade polverose dei “Barrio” o delle “Favela”, rigurgitate dagli appetiti degli immobiliaristi e dei latifondisti. L’inferno della privazione viene combattuto con la speranza che calciando un pallone si possa per un attimo mandare via l’infelicità e l’ingiustizia, dando ragione alla teologa tedesca Dorothee Solle che così spiegherebbe la felicità ad un bambino: “gli darei un pallone per farlo giocare”.

Il Sud America è un Occidente emarginato e fustigato, ecco perché il successo dell’uomo spiegato weberianamente come segno della benevolenza di Dio, non solo non può bastare, ma viene vista come una provocazione intollerabile. In questa visione il gioco del calcio diventa per uno come Jorge Mario Bergoglio uno riappropriazione del pane quotidiano, un recinto dove “i poveri hanno sete di riscatto: offri loro un libro, un paio di scarpette, una palla e si mostrano capaci di gesta impensabili. La fame, quella vera, è la motivazione più formidabile per il cuore”. Bergoglio è uno che recupera la mitologia dell’Antica Grecia, dove negli scritti di Omero gli dei dell’Olimpo lottano e si confondono con le peripezie degli uomini, e alla fine viene voglia sempre di schierarsi con Ettore piuttosto che con Achille: “mi verrebbe da dire che chi vince non sa cosa si perde. Non è solo un gioco di parole: chiedetelo ai poveri”. L’Ossessione di Papa Francesco è sempre legata alle vicende terrene, quella di Benedetto XVI è la terra che alza lo sguardo per guardare il cielo.

Per Joseph Ratzinger il calcio è la rappresentazione di una “nostalgia del Paradiso perduto”, un tentativo immaginifico, fatto con il cuore e l’anima, di ritornarvi uscendo “dalla serietà schiavizzante” della vita di tutti i giorni. Il calcio fa tornare alla memoria primordiale, insita in ognuno di noi, il ricordo eterno della bellezza del “Giardino dell’Eden”, che con il calcio ritorniamo ad afferrare e desiderare. Analogamente a Bergoglio, Ratzinger esalta il sacrificio, la perseveranza, la disciplina, il rispetto per il prossimo, il patrimonio inestimabile delle regole, ma al contrario del Pontefice che gli è succeduto non considera lo sport semplicemente uno strumento di formazione e di possibile riscatto, ma piuttosto un vero e proprio ricongiungimento alla vita che il Creatore aveva sognato per noi sin dall’inizio, e che spera, tramite i nostri meriti puntellati dalla Sua Misericordia, noi la si possa riacchiappare nella nostra eternità. Il teologo Ratzinger, sconvolto dalle conseguenze in atto delle proteste giovanili di fine anni 60 e inizio anni 70, invita gli sciatori austriaci di essere di “ enorme aiuto per i giovani, visti i mutamenti sociali, la sempre più diffusa perdita di valori e il crescente disorientamento”.

Nel ricordo di Diego Armando Maradona, il Pontefice scomparso in queste ore ritorna sulla “terra” con un suo personale ricordo dei Mondiali messicani del 1986, quando, non avendo potuto vedere la finale,era in un periodo di studio a Francoforte, la notizia della vittoria della sua Argentina lo raggiunse durante una lezione, tramite una ragazza giapponese che scrisse su una lavagna “Viva l’Argentina”. “la ricordo come la vittoria della solitudine perché non avevo nessuno con il quale condividere la gioia di quella vittoria sportiva: la solitudine ti fa sentire solo, mentre ciò che rende bella la gioia è poterla condividere”. In Bergoglio è presente un umanesimo pericolosamente sempre in rotta di collisione con l’ermeneutica cattolica, è la sociologia e la psicopedagogia che irrompono rendendo faticoso alzare lo sguardo oltre l’orizzonte delle nuvole. Lo sport come sprone per i poveri, concetto a cui Bergoglio ritorna continuamente, rischia di essere visto analogamente ad un paragrafo della “Teologia della Liberazione” elevata a progetto rivoluzionario, e non come il ponte tra le genti auspicato dallo stesso religioso argentino. Anche Ratzinger non perde mai il cuore del suo punto di vista, e invita “lo sport sempre a rimandare chiaramente a Dio, nostro Creatore”.

Poi, uno dei più grandi pensatori del 900, compie il capolavoro di coniugare sport e trascendenza  davanti ai campioni del nuoto: “il pensiero va allo stupore del salmista che, contemplando l’universo, canta la gloria di Dio e la grandezza dell’essere umano. “Quando vedo i tuoi cieli-leggiamo nel Salmo 8-perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato”. Come allora non ringraziare il Signore per aver dotato il corpo dell’uomo di tanta perfezione”. Ancora una volta il Papa tedesco stacca il pensiero dell’uomo dalla terra e lo porta in cielo, per poi farlo ritornare sulla terra con qualche percezione in più rispetto alla verità. I due Pontefici si ritrovano nella visione dello sport come campo appropriato di esercizio equilibrio tra libertà e disciplina, nonché nell’ammonire la pratica del doping e le storture esageratamente affaristiche.

Bergoglio, in una intervista rilasciata alla “Gazzetta dello Sport” qualche anno fa, sottolinea che, nello sport, “le comunità cristiane hanno trovato una delle grammatiche più comprensibili per parlare ai giovani”, con gli oratori come luogo accessibile a tutti per fare della pratica sportiva. Nel contesto degli oratori diviene più facile, nella visione ratzingeriana, percepire l’attività sportiva nella prospettiva di “riconoscere i propri talenti e le proprie capacità, la propria forza e la propria vita quali doni di Dio”.

Nel delineare queste due figure rispetto allo sport, viene alla mente il film “I Due Papi” di Fernando Meirelles, dove proprio la dimensione del vivere lo sport di Ratzinger e Bergoglio ne esce poco veritiera a danno del religioso tedesco (la sceneggiatura scritta da Anthony McCarten descrive un Ratzinger quasi disinteressato allo sport). Ma come recita l’antico adagio, spesso “una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo, mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”.

  • scrittore, sceneggiatore e giornalista.
Previous post

La Federhockey si lega a Joma Sport per 4 anni. Il marchio iberico vestirà tutte le Nazionali.

Next post

Dazn lancia in tutto il mondo la sezione "Risultati".

Redazione

Redazione

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *