Punto e a Capo

“Rugby: l’utopia della Celtic League”

I sogni di gloria legati alla partecipazione dei club italiani alla Celtic league (campionato rugbistico di marca britannica) hanno mandato in frantumi il delicato “giocattolo” della Lega italiana rugby d’eccellenza, che, dietro la consulenza dello studio Ghiretti, era riuscito a vivere di luce propria e a caratterizzarsi sotto il profilo del marketing (con l’ingresso di sponsor importanti come Findomestic e Skoda). Non ultimo il debutto assoluto, a partire di questa stagione, su Sky con un format televisivo ad hoc e, perfino, il lancio di una mascotte (il “grillotalpa”).

Lo scorso 1° settembre, in sede di conferenza stampa a Firenze (per venire incontro alle esigenze dello “sponsor-padrone di casa” Findomestic), il presidente dimissionario della L.i.r.e., Amerino Zatta (nei nuovi panni di dirigente della Benetton Treviso) ha dichiarato, senza mezzi termini, che la Celtic league è una scelta obbligata e che il “Super10 (massimo campionato di serie A di rugby), negli ultimi anni, si è livellato e non certo verso l’alto”. Parole dure, a favore di una serie rugbistica straniera, che di fatto spacca il fronte del Super10 azzerando gli “sforzi marketing” di queste ultime stagioni, nell’ottica della crescita graduale dell’intero campionato. Non a caso la stessa Sky sembra essere uscita dalla conferenza di presentazione della stagione 2005/6 con più dubbi che certezze e non si può escludere, in caso di migrazione dei migliori team nella Celtic league, l’abbandono della stessa Findomestic (title-sponsor del Super10). Interessata ad investire sul rugby, ma con uno standard qualitativo di alto profilo.

Le polemiche di questi ultimi giorni dimostrano, comunque, la mancanza di orizzonti ed obiettivi chiari da parte della stragrande maggioranza della dirigenza del settore. Forse l’ingresso della Nazionale italiana nel Sei Nazioni ha creato più problemi che opportunità, visto che il movimento azzurro non è ancora in grado autonomamente (o a livello di club) di competere con il mercato britannico/europeo. Sia sotto il profilo sportivo (visto i risultati deludenti dell’ultimo quadriennio), sia in ambito marketing/commerciale. Il rischio di una Celtic league con squadre italiane è quello di trasformarsi in “sparring-partner” di lusso, con un conseguente impoverimento del più importante campionato nazionale. Il Super10 ha bisogno di crescere ulteriormente prima di poter “cedere” ad altre leghe i pezzi più pregiati.

Una super lega non è mai partita nel calcio, figuriamoci se è possibile crearla in un mercato molto più piccolo come quello della palla ovale. Ci vuole forse un pizzico di maggiore concretezza, non rincorrendo sogni di gloria (almeno nel breve termine)

* Direttore di SportEconomy.it

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