La Samp chiama, il Siena non risponde
Non è solo scontro tra grandi e medie, ma anche tra quest’ultime e i club più piccoli. Andando a fondo nella questione si tratta di mentalità diverse. Tra chi si oppone sempre ai più forti, e chi, invece da buon realista, cerca di guadagnarsi i propri spazi.
Il presidente della Sampdoria, Garrone (che insieme a Della Valle è tra i fondatori di Consorzio Italia) ha “minacciato” di non far scendere in campo la propria squadra in occasione dell’incontro con la Juventus del prossimo 4 marzo, a meno che non venga ridisegnata la mappa dei diritti tv in senso collettivo.
Oltre al favore, calcisticamente parlando, che una decisione del genere farebbe ai bianconeri, saremmo poi curiosi di vedere se Garrone sarebbe pronto a continuare nel suo ostruzionismo non disputando gli incontri con l’Inter (par condicio docet), il Milan, la Lazio e la Roma (le altre grandi in procinto di chiudere con Mediaset e Sky): sarebbero 15 punti persi a tavolino. Bell’affare. Ci domandiamo perché il presidente della Samp abbia fatto giocare la sua squadra nella gara d’andata contro la Juve, in fondo le regole erano le stesse che oggi contesta con così tanto fervore. A rispondere a Garrone comunque non sono le grandi, contente di immaginare una vittoria a tavolino (fosse così anche contro la Fiorentina sarebbe una passeggiata, povera Inter che ha disputato già la partita di ritorno e ha pure perso!), quanto una piccola-media squadra, il Siena, che per bocca del suo Presidente, De Luca, sostiene che si sta dando troppa importanza ai diritti tv. Non ha torto il patron del Siena cercando di focalizzare il futuro del business non tanto sui diritti tv, quanto sulla proprietà degli stadi. “La gestione dello stadio è più importante della tv, -ha detto De Luca- si potrebbero rimodernare impianti ora obsoleti, fare ristoranti, alberghi, sfruttarli per 365 giorni l’anno: chissà se Siena avesse uno spazio per vendere i prodotti tipici toscani allo stadio, quanti miliardi (ex lire ndr) faremmo”.
Noi restiamo dell’idea che i grandi club non rubano niente a nessuno. Sta ai medio piccoli cercare di guadagnare spazio e sgomitare “in area”; in fondo sarebbe troppo comodo arrivare in serie A o posizionarsi 6 in classifica per due anni e chiedere che SKY o altre emittenti paghino a quel club gli stessi soldi che riceve il Milan o la Juve. Né è pensabile che, con una contrattazione collettiva, ci sia un livellamento verso il basso, perché il rischio concreto è che Juve, Milan ed Inter salutino il campionato italiano e vadano a creare con gli altri top club europei la SuperLega. E a quel punto Garrone avrebbe qualche difficoltà a portare a casa i soldi che prende oggi dai diritti tv, perché il campionato di serie A si ridurrebbe ad incontri tra squadre, cosiddette, di provincia, e nessuno ci punterebbe più neanche un gettone.
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