Punto e a Capo

L’Indiscreto – Il caso dell’Antitrust e i diritti tv del calcio

Ohi ohi…che accade nel magico mondo dei diritti televisivi del calcio?

Sembrava raggiunta la pace e invece si vedono ombre che si aggirano intorno al corpo, per ora poco animato,  del Decreto legislativo 8 gennaio 2008 n. 9, cosiddetta legge Melandri.

A chi appartengono queste ombre? C’è chi è andato a piangere in Europa, ma poi chiede di rivedere i suoi impegni proprio per la presenza di quella legge? C’è pi chi come Mediaset, che non vuole essere “imbracata” da regole proprio ora che lo switch off del digitale terrestre è alle porte? Alle quattro sorelle (Milan, Juve, Inter e Roma), che non sopportano l’idea di ripartire i soldi con gli altri condomini del campionato? Alla Serie B, che vuole i soldi della Serie A?

Insomma il solito "casino" all’italiana, altrimenti non ci distingueremmo dagli altri.

Vediamo quel che è accaduto.

Come un fulmine a cielo sereno, sabato scorso, l’Antitrust ha inviato una segnalazione al Governo e al Parlamento invitandoli a rivedere le norme di vendita dei diritti audiovisivi sportivi “in quanto non garantiscono pienamente la concorrenza” (comunicato stampa AGCOM).

A determinare questa, estrema, iniziativa, sarebbero state le modalità di vendita degli highlights del Campionato di Serie A (aggiudicati poi alla RAI e a Mediaset) e dei diritti a pagamento del Campionato di Serie B (aggiudicati poi a SKY e a Telecom), che sarebbero avvenute in parziale violazione delle Linee Guida autorizzate dall’Autorità con provve-dimento del 24 luglio 2008. La stessa Autorità ha tenuto a precisare “… di aver potuto riscontrare le irregolarità solo a campionati già iniziati, e quindi in un contesto in cui le assegnazioni avevano già avuto effetto sia nei confronti degli operatori della comunicazione che dei consumatori”, e ciò in quanto la Lega Calcio ha attivato le procedure competitive immediatamente a ridosso dell’inizio delle competizioni sportive.

Ma è credibile l’affermazione “sono potuta intervenire solo a campionati già iniziati” che equivale a dire a un “non ho potuto fare nulla”? Proprio l’Antitrust che in Italia interviene su tutto, dai bancomat alle farmacie?

La storia non finisce qui.

Lunedì 15 la Lega Calcio pubblica la corrispondenza intercorsa con l’Antitrust.

E cosa si scopre?

Che L’Autorità è stata sempre e tempestivamente informata dalla Lega Calcio di ogni passaggio delle procedure competitive intraprese.

Che, ancora prima delle assegnazioni, la Lega Calcio informa l’Autorità rappresentando lo stato delle cose e dichiarando che avrebbe dato corso alle attività (proroga del termine della trattativa privata ed, eventualmente, nuova procedura competitiva per la Serie B), “salvo diversa contraria disposizione”.

Che l’Autorità non dà riscontro, come avrebbe dovuto fare se effettivamente avesse riscontrato delle irregolarità o semplicemente nutrito dubbi sull’operato della Lega Calcio. E non solo. Proprio il 26 agosto trasmette alla Lega Calcio una lettera con cui le concede un termine di 10 giorni per rispondere all’esposto di un’emittente televisiva, di alcuni giorni prima, relativo proprio alla vendita dei diritti del Campionato di Serie B, ma nulla osserva sul comportamento tenuto dalla Lega Calcio.

E allora perché l’Antitrust dice di non aver potuto intervenire sul presupposto di essere venuta a conoscenza delle attività intraprese dalla Lega solo ad assegnazioni avvenute e a campionati iniziati?

Altro mistero le motivazioni che sorreggono la segnalazione in esame.

Tra tutte, non pare convincente la contestazione sollevata alla Lega Calcio di non aver “immediatamente” attribuito, in contrasto con l’art. 11, comma 3, del decreto, i diritti a ciascun club della Serie B, una volta fallita la prima assegnazione.

Il sistema, si sa, si fonda su un delicato equilibrio tra la ricerca di effettive logiche concorrenziali e la salvaguardia di principi di libera iniziativa economica costituzionalmente garantiti dall’articolo 42. Ebbene, l’aver avviato una nuova procedura competitiva sulla base dei mandati singolarmente e autonomamente conferiti da ognuno dei 22 club tutela sia quel mercato sia i diritti dei partecipanti alla competizione sportiva.

E meno male che sia andata così: quei milioni di tifosi (che, in qualità di consumatori, tutte le Istituzioni, ivi inclusa l’Autorità, dovrebbero avere a cuore) che, l’anno precedente – ricordiamo, in regime di vendita individuale – erano stati privati del calcio, potranno quest’anno seguire le partite delle loro squadra.

Tutti hanno plaudito all’operazione. Anche quella che ha attribuito i diritti in chiaro alla RAI, che ha ricevuto i complimenti persino dal Presidente dell’altra Autorità, quella della comunicazione.

Ma soffermiamoci proprio sull’art. 11, comma 3, pietra dello scandalo, che la Lega Calcio avrebbe bellamente ignorato. Tale norma, basta semplicemente leggerla, non prevede affatto l’immediata messa a disposizione dei diritti audiovisivi ai singoli club (altrimenti la norma stessa diverrebbe facile escamotage per eludere il principio della centralizzazione), ma consente “anche”, ai singoli club, contitolari con la Lega Calcio, di commercializzare anch’essi i diritti delle partite dagli stessi organizzati al fine di non danneggiare il consumatore/tifoso, la “concorrenza” dei singoli club.

Se le cose stanno così, e considerato che l’Autorità comunque detiene i poteri necessari, in forza della legge 287/90, specificamente richiamata dal decreto 09/8, per poter verificare ex post le irregolarità e procedere alle eventuali sanzioni, come è già accaduto in passato, si deve soltanto ritenere che la segnalazione sia strumentale e risponda ad altro fine: rappresenti cioè l’occasione che il Governo aspettava da mesi (si vedano le dichiarazioni di alcuni suoi esponenti) per poter mettere “mano” alla riforma.

Partendo, forse, proprio dalla revisione di quell’articolo 11, comma 3, per consentire, nel caso di mancata prima assegnazione in forma centralizzata, ai singoli club, e solo a questi, di procedere alla vendita dei diritti audiovisivi, senza ripartire con gli altri club quanto incassato.

A tale riguardo, appare significativo il titolo dell’articolo del Corriere della Sera del 14 settembre: “Dall’Antitrust assist alle grandi”. Secondo il quotidiano milanese, l’Autorità avrebbe sentenziato che si sarebbe impedito “ai singoli club di commercializzare individualmente i diritti rimasti invenduti. Musica per le big: se per il 2010 non si troverà l’accordo per una cessione centralizzata…..”.

Una cosa è certa: la partita dei diritti tv non è ancora chiusa e se ne potrebbero alla fine vedere delle belle…basterà solo stare attenti alla finestra. Ma alla fine tutto questo caos a chi giova?

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L’INDISCRETO – IL CASO DELL’ANTITRUST E I DIRITTI TV DEL CALCIO

Questa settimana scrive per noi un "noto" giornalista economico che si firma con il nickname de "L’Indiscreto". Il tema caldo è la querelle lanciata dall’Antitrust sul tema dei diritti tv del calcio, che è finita perfino in Parlamento.  

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Marcel Vulpis

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