Editoriale – L’Antitrust interviene sulla Lega calcio…Cui prodest?
L’anno scorso, con la segnalazione citata, aveva deciso di intervenire sul tema, lamentando che la questione dei “diritti invenduti” era stata frutto di bizzarie interpretative. Ma, allora, l’Antitrust lamentò di “avere le mani legate” e non di non poter intervenire in modo efficace.
Ora, invece, sempre lo stesso organismo, con il provvedimento di tre giorni fa, con cui ha paventato la sussistenza di un abuso di posizione dominante a carico della Lega Calcio (concessa ex lege grazie al decreto Melandri) nella definizione dei pacchetti relativi all’invito ad offrire del Campionato di Serie A, potrebbe finalmente intervenire, bloccare tutto il procedimento di vendita (grazie ai poteri cautelari d’urgenza ad essa recentemente concessi dal decreto Bersani) ormai in fase conclusiva (lunedì prossimo si aprono le buste), mettere a soqquadro il mondo del calcio, ottenendo il cartellino rosso per il decreto Melandri.
E invece no. Non adotta alcun provvedimento cautelare, nonostante la (presunta) gravità del caso (come si legge sui giornali di questa mattina).
Per capire, forse, il perché, occorre entrare nei percorsi del ragionamento.
Il 1 luglio 2009 l’Autorità approva le linee guida predisposte dalla Lega Calcio per la vendita dei diritti audiovisivi a partire dal 2010 con sei “rilievi” del provvedimento che comunque approva le linee guida e con un “suggerimento”: riterrebbe, l’Autorità, “opportuno” (sì, dice proprio così, si parla di mera opportunità. Nel provvedimento di tre giorni fa l’opportunità scema persino in “esortazione”) “che, all’interno di ciascuna piattaforma, venissero definiti più pacchetti, nell’ottica di promuovere la massima partecipazione possibile alle procedure competitive e l’ingresso di nuovi operatori, nonché lo sviluppo di una concorrenza infra-piattaforma”.
Perché l’Autorità si limita a segnalare soltanto un’opportunità e non invece un necessità, obbligatoria, come invece richiede nei sei “rilievi”? la risposta ce la dà la stessa Autorità, richiamando nel provvedimento l’articolo 8 del decreto Melandri: “I diritti audiovisivi devono essere offerti mediante più procedure competitive, ai fini dell’esercizio degli stessi per singola piattaforma e/o mettendo in concorrenza le diverse piattaforme. Nell’ipotesi in cui vengano messe in concorrenza diverse piattaforme, l’organizzatore della competizione e’ tenuto a predisporre più pacchetti” (par. 7).
Quindi, in altre parole, la legge impone, senza che ci sia alcun dubbio di natura interpretativa, la predisposizione di più pacchetti soltanto ed esclusivamente nel caso che si mettano in concorrenza più piattaforme (ad esempio, satellite e digitale terrestre). Nell’altra ipotesi, quella per cui si vende il calcio a tutte le piattaforme, e dunque sia al satellite, sia al digitale terrestre, non si devono fare più pacchetti per piattaforma, ne basta uno solo. La ratio ce la fornisce lo stesso legislatore: qualunque sia la scelta, la Lega Calcio, in ossequio al principio stabilito dall’articolo 1, comma 3, lettera d), della Legge Delega 106/07, deve garantire la presenza di più operatori della comunicazione nella distribuzione dei prodotti audiovisivi sul mercato nazionale. E secondo il legislatore (si legge nella relazione illustrativa del decreto Melandri), il principio viene rispettato “in caso di vendita “per singola piattaforma” …. attraverso la previsione di diverse procedure competitive in relazione alle diverse piattaforme. Invece qualora l’organizzatore della competizione decida di mettere in concorrenza le diverse piattaforme, è necessario predisporre … più pacchetti al fine di consentirne l’acquisto da parte di più operatori, tenuto conto anche del divieto di cui all’articolo 9, comma 4 (la c.d. no single buyer rule), che vieta a chiunque, ivi incluso l’intermediario indipendente, di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette”.
Quindi per la legge basta un pacchetto per piattaforma; per l’Autorità sarebbe opportuno (solo opportuno) farne due; la Lega Calcio accoglie l’opportunità e pubblica due pacchetti per il satellite e due pacchetti per il digitale terrestre. Peraltro, ci dice la Lega Calcio, nel comunicato n. 6 del 24 luglio 2009, che i pacchetti, così come formulati, sono stati il frutto di “precise indicazioni espresse” dall’Autorità non solo “durante il preventivo costante lavoro di confronto”, ma anche nei “ripetuti incontri tenutisi sulla materia”. Non si può dunque che cogliere un “primo dettaglio”. L’Antitrust sapeva dell’esistenza del doppio pacchetto per ciascuna piattaforma, ma, quanto pare, ha ritenuto di non dover intervenire prima, ma soltanto dopo e sempre al limite del tempo massimo.
Ma vediamo allora questi pacchetti incriminati: due pacchetti in esclusiva per la piattaforma satellitare (“Platinum live” e “Satellite hilites”) e due per la piattaforma digitale terrestre a pagamento (“Gold live” e “Silver live”).
Quanto alla prima piattaforma, soltanto uno dei pacchetti (“Platinum Live”) contiene le dirette degli incontri. Secondo l’Autorità “esso risulta pienamente sfruttabile solo da parte di chi disponga di una capacità satellitare particolarmente ampia, adeguata alla trasmissione in contemporanea di un elevato numero di incontri” (par. 44).
Non pare vero alla Lega Calcio di cogliere il “secondo dettaglio”.
Risponde nel comunicato di ieri di aver modulato i contenuti e abbattuto le barriere all’ingresso ai nuovi operatori “anche attraverso la previsione dell’obbligo minimo di trasmettere gare in contemporanea pari al 50%”. La Conto Tv di turno, dunque, in possesso di soli 3/4 canali, può così trasmettere in integrale almeno le partite migliori (senza venir meno ad un preciso obbligo contrattuale) e, soprattutto, poter realizzare quello che è il prodotto di punta delle “gare in contemporanea”, una sorta di “Diretta Goal”, che da sola vale oltre la metà del valore del pacchetto.
Il secondo pacchetto satellitare riguarda invece la trasmissione dei soli highlights (“Satellite hilites”), nella fascia oraria compresa tra le 17.30 e le 22.30. Qui, l’Antitrust rileva “che la possibilità di sfruttamento commerciale a pagamento di tali diritti risulta compromessa dalla diffusione quasi contemporanea delle stesse immagini in chiaro (da parte del titolare del pacchetto “Platinum hilites”) e comunque dal fatto che gli stessi sono assegnati anche all’aggiudicatario del pacchetto “Platinum Live”, per giunta senza vincoli orari”.
L’Antitrust, pare di capire, ed è il nostro “terzo dettaglio”, non crede che esistano altre realtà diverse da Conto Tv, dal cui esposto, si legge sui giornali, sembra sia partita l’istruttoria. Anche a Eurosport, a Sportitalia, a Raisat (ma Antitrust sembra averne dimenticato l’esistenza), può interessare acquisire quel pacchetto per costruire programmi ricchi di immagini che fanno la fortuna dei palinsesti. A meno che non si creda, ma crediamo che non lo possa credere anche l’Antitrust, che sia sufficiente trasmettere i 3 minuti del diritto di cronaca nei soli telegiornali, peraltro a distanza di più tre ore dalla conclusione degli eventi, per dare soddisfazione al bisogno di calcio da parte di canali dedicati esclusivamente allo sport, di cui il calcio, come confessa la stessa Antitrust, costituisce un contenuto premium “in grado di valorizzare la programmazione televisiva” (par. 21). Questo pacchetto, così disprezzato, consente di trasmettere le immagini delle partite di calcio subito dopo la conclusione delle partite e con mezz’ora di anticipo rispetto alle immagini in chiaro. Non va bene, sentenzia Catricalà.
Ma, guarda un po’, continua l’Antitrust, “analoghe considerazioni possono essere svolte anche con riguardo ai pacchetti per la piattaforma digitale terrestre, dove, a fronte della presenza di due operatori nazionali di pay tv, risulta essere stata elaborata un’offerta basata su due pacchetti, tra loro non equilibrati in termini di potenziale attrattività, dalle caratteristiche coerenti con la capacità economica e trasmissiva di tali soggetti” (par.46). Peccato soltanto, “quinto dettaglio”, che entrambe le autorità avessero approvato il passaggio delle Linee Guida (par. 9.2.2.) secondo cui, tenuto conto del principio dell“’equilibrio dei pacchetti tra diritti audiovisivi offerti e relativo prezzo”, ha previsto che “i pacchetti saranno equilibrati in modo da risultare commercialmente interessanti per gli operatori della comunicazione, anche in relazione alle aspettative degli utenti, fermo restando che i pacchetti potranno essere di diverso contenuto e di diverso valore economico”.
Ma è l’ultimo, e il sesto, dettaglio che fa la differenza.
L’Antitrust ci dice che “la Lega Calcio sembra aver preferito determinare le condizioni per una minore competizione tra gli operatori della pay tv nello sfruttamento dei diritti, al fine di assicurarsi gli introiti auspicati, limitando l’incertezza connessa all’esito delle procedure competitive” (par. 46).
Ma come? Prima impone, secondo quanto scritto dalla delibera di approvazione, alla Lega Calcio che l’unica forma di vendita ammessa è quella per singola piattaforma: “Tu, Lega Calcio, non puoi mettere in concorrenza Mediaset e SKY!”. Poi dice alla Lega Calcio che l’unico modo per vendere, in barba, come detto, al dettato della legge (ma del resto, quel che dice il Parlamento conta effettivamente poco), è quello di fare più pacchetti per consentire non solo l’ingresso di nuovi operatori, ma soprattutto “lo sviluppo di una concorrenza infrapiattaforma” (par. 50).
Non possiamo credere che un’Autorità così attenta non capisca che, nelle condizioni economiche attuali di mercato e dei singoli operatori (non esiste attualmente, ma proprio dal punto di vista economico, una “Stream” che possa competere con SKY), fare più pacchetti non fa altro che agevolare il soggetto più forte perché gli consente di comprare un solo pacchetto e andare in trattativa privata, e al ribasso!, per tutti gli altri pacchetti.
In Inghilterra, BskyB, che ha comprato all’inizio 4 pacchetti su 6, ha aspettato fino all’ultimo l’agonia commerciale di Setanta (che comunque non ha paragoni con altra realtà italiana) per comprarsi il quinto pacchetto. A meno che la nostra cara Autorità non ci dica che occorre fare pacchetti di un milione di euro e vendere partita per partita, dando così a tutti gli operatori, anche alle emittenti regionali, la teorica (ma non creduta) possibilità di comprarsi una sola partita.
Uno spezzatino, appetitoso (perché dà il calcio a tutti), che produce, per altra via (più democratica, non c’è dubbio), gli stessi effetti della vendita individuale.
Ma l’Antitrust vuole di più: da un’opportunità si passa all’esortazione fino ad arrivare ad una “indicazione” (par. 51) che, secondo il volere della stessa Autorità, è “orientata a promuovere una più intensa concorrenza all’interno di ciascuna piattaforma, sia stimolando una più accesa competizione nella fase di acquisizione dei diritti sia garantendo anche alle emittenti minori di poter accedere a contenuti determinanti ai fini dell’affermazione e crescita nel mercato a valle della pay tv”.
Una perfetta lezione di marketing. Ma da quando una mancata osservazione di un’indicazione di marketing si trasforma in un abuso di posizione dominante?
Vale la pena chiudere questa vicenda, che lascia molti dubbi tra gli addetti ai lavori.
La Lega Calcio, ad una semplice lettura delle norme legislative, non si è posta, come sostiene l’Antitrust, “in contrasto con i principi e le disposizioni del Decreto”. La Lega Calcio, se come si dice, tutti i dettagli, anzi indizi, fanno una prova, non ha abusato della sua posizione dominante per non aver colto la grande opportunità offerta dall’Antitrust.
Ma allora perché intervenire in questo modo e, soprattutto, con il tempismo di un orologio svizzero?
Ancora una volta ci si chiede, a chi giova tutto ciò?
Nel 2008, la stampa ha gettato sospetti sui grandi club, sempre contrari alla vendita centralizzata, cui l’Antitrust avrebbe fornito un assist. Qui c’entrano poco, dato l’impegno profuso nella elaborazione dei pacchetti “incriminati”. Secondo indiscrezioni (da confermare peraltro), il “pacco” potrebbe essere stato confezionato per qualche operatore per dare loro la scusa di ritirarsi dalle offerte di lunedì prossimo e aspettare di giocare al ribasso.
A noi, sinceramente, e più idealisti del re, ci piace l’idea del red carpet. Come dice Zamparini: “Se l’Antitrust non è contenta della modulazione in pacchetti dei diritti televisivi della Lega Calcio, la prossima volta ne faremo una tagliata apposta per l’Autorità”.
Un’annotazione finale merita l’intera vicenda.
Oggi il peso dei diritti tv è in media del 53% sul totale dei ricavi commerciali dei club. Già non abbiamo stadi di proprietà, già siamo quasi incapaci di vendere il gioco più bello del mondo, se pure iniziamo a mettere paletti (che vanno al di là della legge e, comunque, del ragionevole e sostenibile diritto, legittimo, di una concorrenza efficace) sui “tv-rights” (vera e propria benzina delle società di calcio italiane) è veramente finita. Nel frattempo Spagna, Germania, Inghilterra, procedono a velocità doppia su tutti i fronti (stadi, ricavi marketing, diritti tv, ecc.) e noi? Giochiamo a interpretare le norme. Tanto siamo così forti rispetto alla concorrenza che qualche mese da gettare alle ortiche ce lo abbiamo pure. Ci sembra che in questo Paese ci sia solo la volontà di “ostacolare” per il semplice gusto di farlo. Nella politica, come nello sport, anzi, forse, nel calcio diventa una disciplina per veri e propri specialisti.
Rieccola!
A distanza di quasi un anno, dalla famosa segnalazione al Governo del 13 settembre 2008, ancora una volta l’Autorità Antitrust ritorna prepotentemente alla ribalta sul tema dei diritti tv del calcio tricolore.
Sempre puntuale all’appuntamento dell’anno, come su un red carpet dello spettacolo non del cinema, ma del calcio, forse ancor più appetibile per il ritorno di scena che offre, l’Antitrust è intervenuta a dire la “sua” su come questi benedetti diritti devono essere venduti.
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