Sport&Affari – La Bundesliga coccola i tifosi e i fan corrono allo stadio
Un paio di stagioni fa, il sorpasso. Poi, l’allungo, deciso e perentorio. I conti della passata stagione parlano chiaro: 12.822.484 spettatori totali, che spalmati su 306 partite fanno una media di 41.904 a gara (con un incremento del 7,5 per cento rispetto alla stagione precedente). Cifre da record, ben più elevate di quelle relative alla Premier League, che un tempo dettava legge e ora è distanziata di circa 5 mila unità.
Il paragone con la nostra serie A, poi, risulta addirittura imbarazzante: il massimo campionato italiano ha chiuso con una media di 25.779 presenze a partita, che non è molto più della metà di quel che fanno registrare gli stadi tedeschi. Normale, forse. Perché lì il tifoso viene prima di ogni altra cosa. E’ coccolato e accontentato.
Gli stadi, innanzitutto. Autentici gioielli quelli costruiti ex-novo o ristrutturati per il Mondiale scorso. E se i posti rigorosamente a sedere non piacciono ai tifosi della curva una soluzione la si trova comunque. Nelle competizioni europee, dove vige l’obbligo, solo posti a sedere. In campionato, spazio agli ultrà, quelli che preferiscono stare in piedi. Per non parlare dei prezzi, di gran lunga i più bassi dell’Europa calcistica più avanzata: 20 euro e 79 centesimi il prezzo medio, 10 quello di curva, poco più di 100 un abbonamento nei settori meno costosi. E le trasferte? Tutt’altro che vietate. Se ne occupano i club, come in Inghilterra: treni noleggiati dalle società e sorvegliati da steward privati, trasferimento in pullman per lo stadio, il tutto per una cifra che non supera i 15 euro.
Consequenziale il magnifico colpo d’occhio di impianti come il Westfalenstadion di Dortmund, dove a vedere le partite di un Borussia pur non all’altezza dei suoi tempi migliori ci vanno più di 70 mila persone. E se il seguito è così cospicuo è normale che la Bundesliga attiri investimenti come una calamita. C’è la recessione, ma il calcio tira. In Germania non si punta solo sulla tv, ma anche quella fornisce entrate non da poco: l’ultimo contratto, roba da 412 milioni all’anno (per 4 anni), ha fatto registrare un incremento di 7 milioni rispetto al precedente. E poi ci sono gli sponsor, che anno dopo anno sembrano fare a gara per imprimere il proprio marchio sulle maglie delle squadre tedesche. L’anno scorso il totale degli introiti era di 102,9 milioni, cifra da primato europeo. Quest’anno si è già arrivati a quota 130 milioni (20 soltanto dalla Volkswagen al Wolfsburg, 20 da Deutsche Telekom e Gazprom rispettivamente a Bayern Monaco e Schalke), in attesa che anche il Bochum ne trovi uno.
Lievitano le entrate, diminuiscono le uscite: e tutti i club chiudono i bilanci con utili netti. Difatti se la Bundesliga è alle spalle della Premier League in fatti di ricavi (1 miliardo e mezzo di sterline per gli inglesi, 900 milioni per i tedeschi), il calcio tedesco primeggia in quanto a utile d’esercizio, di gran lunga il migliore d’Europa. Perché si spende meno anche per altre voci di bilancio. Prima di tutto gli stipendi dei calciatori; altrove incidono per il 62-64 per cento dei ricavi, in Germania solo per il 45 per cento. Senza dimenticare il calciomercato: nessuna corsa ai fuoriclasse strapagati, piuttosto ci si butta su calciatori di medio livello a prezzo di saldo. Magari in campo europeo si vince poco, ma fuori la Bundesliga non ha rivali.
fonte: La Stampa
Numeri record nella scorsa stagione calcistica per i club della Bundesliga, che con oltre 41 mila presenze allo stadio sono il campionato guida in Europa.
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