Rassegna stampa – Lo stato dell’arte degli stadi di calcio in Italia
"CEMENTO AMATO"
L’INCHIESTA
SECONDO I PRESIDENTI, I NUOVI STADI POSSONO CANCELLARE I PROBLEMI DEL CALCIO. MA DIETRO Al GRANDI PROGETTI E Al PLASTICI GIÀ REALIZZATI SI NASCONDE UNA SPECULAZIONE EPOCALE. CON VILLETTE, MERCATI E INTERI QUARTIERI PRONTI A SORGERE NELLE PERIFERIE DI ROMA E MILANO, FIRENZE E BOLOGNA. VOGLIONO UNA COLATA DI CALCESTRUZZO
di Massimiliano Ancona
Stadio di proprietà. Tre parole per descrivere il nuovo Eldorado verso cui puntano i club calcistici italiani. Per fare soldi avrebbero avuto anche il merchandising, ovvero la vendita di magliette e gadget con i colori delle squadre, ma è una fonte difficile da sfruttare nel Paese dei tarocchi, dove l’industria del falso prospera. Sono rimaste così quelle tre parole magiche. A loro modo contagiose. Perché dietro ai noti progetti di Juventus, Lazio, Roma e via elencando, si parla già di stadi nuovi anche a Bologna, Firenze, Bergamo, Siena, Cagliari, Catania e Palermo. Altro che ponte di Messina, qui il vero cantiere aperto dell’Italia è quello della Serie A, con il sogno inconfessabile di un’enorme colata di calcestruzzo. Dopo anni di battaglie per gli sponsor, i diritti tv, l’ingresso in Borsa e il calciomercato, i club italiani hanno deciso ora di puntare su impianti di proprietà per tornare a fare soldi. Ma non con gli stadi, bensì con ciò che li circonderà: villette, negozi, palestre e cinema. Insomma: interi quartieri. I presidenti, che da un lato annunciano la dieta dei bilanci e la vendita dei pezzi migliori (salvo poi scoprire – con un’inchiesta sul Guerin Sportivo del 27 ottobre – che spendono più di dieci anni fa) dall’altro pensano a come rimpinguare le casse in profondo rosso dopo stagioni vissute al di sopra delle proprie possibilità. Ed ecco la soluzione più solida: il cemento armato. O l’amato cemento, se preferite. Lo stadio di proprietà cancellerebbe, almeno a parole, i mali del calcio italiano. Dalla violenza alla scarsa presenza dei tifosi. Il concetto è condiviso da tutti i poteri forti. Anche in Parlamento. Tant’è che maggioranza e opposizione, al solito rissose, nel novembre 2008 si sono ritrovate d’accordo per presentare un disegno di legge con "Disposizioni a favore della costruzione e della ristrutturazione degli impianti sportivi". Il tutto con l’appoggio di Luca Pancalli, vicepresidente del Coni, Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio, e Andrea Cardinaletti, presidente dell’Istituto per il Credito sportivo (Ics). Il 7 ottobre c’è stato il "sì", il primo, della Commissione cultura-sport del Senato anche grazie alla spinta di Rocco Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per lo Sport. L’approvazione è in dirittura d’arrivo. Ma che cosa prevede la "Legge sugli stadi"? Offre ai club la possibilità di avere dai Comuni le autorizzazioni per la costruzione o la ristrutturazione degli impianti entro dieci mesi attraverso procedure semplificate. Ancora, i Comuni – che nel 99 per cento dei casi in Italia sono i proprietari degli impianti già esistenti (l’eccezione era il "Giglio" di Reggio Emilia, inghiottito dal crac della Reggiana nel 2006) – potranno anche cederli o darli in gestione ai club per riqualificarli. Di più, la Legge non distribuisce soldi, ma garantisce mutui (da parte dell’Ics) a tasso agevolato secondo un fondo che il governo stabilirà in base alle richieste e alla situazione finanziaria. Il Ddl 1881 offre insomma un assist ai presidenti che vogliono costruire (ristrutturare non conviene) uno stadio. Così, dopo il decreto Spalmadebiti del 2003, la politica corre ancora in aiuto del calcio. E l’iter legislativo accelerato si "giustifica" anche con il sostegno alla candidatura italiana per organizzare 1 ‘ Europeo 2016 (dopo lo smacco per quello del 2012, andato a Polonia e Ucraina), che sarà assegnata l’anno prossimo, e i Giochi olimpici del 2020. Nel testo approvato dalla Commissione cultura del Senato è stata inserita la nuova ripartizione della mutualità derivante dalla somma percepita per la vendita collettiva dei diritti tv per il 2010, stimata in un miliardo di euro, che prevede uno 0,5 per cento per gli impianti sportivi. All’incirca 5 milioni di euro. In questo modo, l’Italia si ritroverebbe con degli stadi all’avanguardia. Ma pure con tanti altri metri cubi di cemento in più al posto del verde che già scarseggia nei centri urbani. Il matrimonio in atto tra calcio e mattone, insomma, sembra essere fatto più per gli interessi di costruttori e immobiliaristi, categoria di cui fanno parte molti presidenti di club, che per quello dei tifosi, gli unici fruitori del prodotto. C’è poi l’eredità (pessima) di Italia ’90. Perché finite, con l’infausta semifinale di Napoli, le "notti magiche" cantate da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, il Bel Paese avrebbe dovuto avere dodici stadi-gioiello. Al dunque, 19 anni dopo gli stadi d’Italia sono tra i peggiori e i meno utilizzati d’Europa secondo una ricerca svolta da "StageUp Sport & Leisure Business". Premesse che già buttano sinistre ombre sul rifiorire di progetti, plastici, pianificazioni che in tutte le principali città italiane si stanno producendo in questi mesi. Tre osservazioni da non trascurare. La prima: Italia ’90 – rispetto alle edizioni seguenti – si è giocato spesso in stadi deserti (pur con i biglietti venduti). Si ricordi Camerun-Romania a Bari. La seconda: nel 1990 era stato detto che servivano stadi grandi (e coperti) per ospitare un Mondiale o un Europeo, ora sono necessari quelli piccoli. La terza: solo per gli stadi in quell’occasione sono stati spesi oltre mille miliardi di lire (quasi 890 milioni di euro con la rivalutazione Istat), il doppio di quanto preventivato. Perché dopo venti anni le cose dovrebbero cambiare? Di più, in tempi di recessione economica, è davvero difficile pensare agli impianti sportivi come alla priorità per un Paese. A ogni modo, la macchina speculativa si è messa in moto. LA JUVE FA SUL SERIO L’unico stadio che pare non nascondere speculazioni è stato voluto da un francese, il neopresidente bianconero Jean Claude Blanc, sulla base del lavoro avviato da Antonio Giraudo nel 2003. Sarà inaugurato nel 2011. Sei anni fa, la Juventus ha comprato per 24 milioni di euro dal Comune di Torino il diritto di superficie sull’area dello stadio fino al 2102. La struttura avrà un costo di 105 milioni ed è stata ideata dal colombiano Hernando Suarez e dall’italiano Gino Zavanella, con il contributo, nel design, degli studi Giugiaro, che si è occupato del profilo esterno, e Pininfarina, ideatore dei seggiolini che riproducono le immagini dei campioni che hanno fatto la storia del club. Sta sorgendo sulle ceneri del Delle Alpi, eredità di Italia ’90, la cui demolizione – dopo la chiusura del 2006 – si è conclusa quest’anno. Avrà il nome di uno sponsor, come l’Emirates Stadium dell’Arsemi a Londra, per recuperare gran parte degli investimenti. Sarà un catino antisismico ed ecologico, sia per le tecniche di costruzione che per l’uso dei materiali riciclati dalle macerie del Delle Alpi. Avrà una capienza di 40.200 spettatori, 28-30mila in meno della precedente struttura, spesso deserta. Sarà evacuatile in quattro minuti e percorribile ovunque dai portatori di handicap. Assente la pista di atletica. Sarà solo per il calcio. I tifosi più vicini siederanno a 7,5 metri dal rettangolo verde e quelli più lontani a meno di trenta, la stessa distanza in cui si trovavano i tifosi più vicini al Delle Alpi. Le panchine saranno comprese nelle prime file. Nel cuore della struttura sorgeranno tre spogliatoi. La copertura, leggera e semitrasparente, filtrerà la luce solare per non danneggiare il manto erboso. Il museo della Juventus, il negozio ufficiale e un centro commerciale saranno il contorno a una struttura al servizio del tifoso, con un parcheggio da 4mila posti. FIRENZE NUOVA EURODISNEY «Una Eurodisney del calcio». Così Diego Della Valle, patron della Fiorentina, ha chiamato il parco a tema ispirato al calcio fiorentino e ai lanzichenecchi (il primo al mondo) che dovrebbe affiancare 10 stadio dei sogni e un museo d’arte moderna nel cosiddetto "Progetto Viola", una sorta di cittadella firmata da Massimiliano Fuksas, presentata con tanto di plastico il 19 settembre 2008. «Perché per essere grandi, per raggiungere livelli importanti con la Fiorentina ci vogliono idee così» ha chiosato nella circostanza il signor Tod’s. E poi: «Come realizzazione sarà seconda solo al ponte sullo Stretto di Messina, ed economicamente peserà zero sui contribuenti: la capienza del nuovo stadio sarà attorno ai 40-50mila posti, bisognerà individuare un’area fra i 70 e i 90 ettari». Perché è stato anche previsto l’irrinunciabile centro commerciale, una «downtown» nella quale ricreare un habitat cittadino e degli hotel per la ricettività. Ma 11 progetto è rimasto di plastica. Perché l’area scelta per ospitarlo, in zona Castello, a Firenze Nord, nel frattempo è stata sequestrata: la magistratura, dopo un intenso traffico di intercettazioni telefoniche, ha visto qualcosa di irregolare negli accordi tra il proprietario del terreno Salvatore Ligresti, costruttore siculo-milanese, e l’allora sindaco, il diessino Leonardo Domenici. Il suo successore, anch’egli diessino, Matteo Renzi, si è in un primo tempo orientato per spostare il tutto all’Osmannoro (di proprietà dei Fratini, altra famiglia di costruttori), poi ha fatto marcia indietro: «Sì al progetto Della Valle e alle case di Ligresti – ha detto – togliamo i palazzi pubblici e aumentiamo la quota di verde. Entro fine anno l’area di Castello sarà dissequestrata, l’inchiesta penale è chiusa». In cambio il sindaco ha ottenuto dalla Fiorentina il dimezzamento della convenzione per il vecchio stadio "Artemio Franchi" (da 12 a 6 anni) e i diritti che il Comune incasserà sul terreno. L’INTER CI PENSA Dalla Juventus all’Inter, il cui presidente, Massimo Moratti, pensa già da un po’ a una nuova casa. Nell’ultimo anno i tempi sono stati accelerati. Anche se resta quasi tutto da fare. Ma il nuovo impianto dovrà competere con la tv in sicurezza, accessibilità, comfort. L’inaugurazione è prevista per il campionato 2014-15. La zona scelta (dopo aver pensato prima a Pioltello, poi a Pero) è vicina alla tangenziale Ovest e a un chilometro mezzo dal Meazza, tra via Novara e il quartiere Gallaratese. L’obiettivo e far sì che il tifoso si senta come sul proprio divano. Nello stadio, concepito per stupirlo, potrà noleggiare schermi palmari per rivedere i replay. Ci saranno posti personalizzati per gli abbonati pluriennali. E, se farà freddo, le tribune saranno riscaldate. Il progetto si ispira all’Allianz Arena di Monaco di Baviera. Le cifre: la capienza dell’impianto, che sarà probabilmente dedicato a Giacinto Facchetti, sarà di 60mila spettatori. Certo, ai derby e alle gare di Champions al "Meazza" ne vanno 70-80mila. Ma l’aumento dei posti farebbe aumentare i costi di cento milioni. Troppi per un budget di trecento, gran parte del quale (l’8O per cento) arriverà da fondi e banche, il resto da Moratti in persona. Ma con l’obiettivo di guadagnare cento milioni all’anno (rispetto ai 25-28 attuali). Il bando è pronto. Ma non si potrà prescindere da un complesso che, nei dintorni dello stadio o all’interno di esso, preveda ristoranti, cinema, negozi, teatri e musei. Milano potrà avere così un altro luogo di svago. E il Milan? Potrebbe acquistare il Meazza, uno stadio a cinque stelle per l’Uefa e tra i migliori dieci del continente secondo una recente indagine del Times di Londra. «Il nostro sogno è che un giorno il Meazza sia nostro. Abbiamo già parlato con l’architetto Giancarlo Ragazzi, che progettò il terzo anello, per realizzare un corpo con attività commerciali come ristoranti e affini» ha detto Adriano Galliani, Ad rossonero. LA ROMA SULL’AURELIA Una salto di 580 chilometri più a sud. Lo scorso 29 settembre, la presidentessa Rosella Sensi ha presentato a Trigona, insieme alle autorità locali e regionali, il progetto per il nuovo stadio della Roma, dedicato al padre Franco, il più amato dai tifosi giallorossi. Si tratta di un catino da 55mila posti su due anelli che sorgerebbe su un’area di 140 ettari nei pressi dell’Aurelia (si erano fatte, tra le altre, le ipotesi Magliana, Roma-Fiumicino e Tor Vergata), di proprietà del costruttore Sergio Scarpellini, che sarebbe disponibile alla vendita. Sono previsti 3mila appartamenti, un parcheggio per 1 Ornila automobili e un laghetto artificiale. Il progetto è di Gino Zavanella, che ha firmato il nuovo stadio della Juventus. Ed è stato lui stesso a illustrarne i dettagli: «Le tribune più vicine al campo – ha detto – saranno a nove metri dal terreno di gioco. I posti più lontani a 68. Attualmente, all’Olimpico sono a 96 metri. Non c’è nessuna barriera tra spalti e campo». E sulla sicurezza «i percorsi interni sono agevoli, si può svuotare in meno di cinque minuti. Non sono previste barriere architettoniche». Pannelli fotovoltaici, sistemi di ventilazione e di raccolta delle acque piovane farebbero del "Sensi" uno stadio ecosostenibile. È previsto anche un sistema di led luminosi che copre l’intera struttura. Il tutto per una spesa di circa 300 milioni di euro. Ma da dove prenderà quei soldi il club? Perché il gruppo Unicredit ha ereditato da Capitalia un credito di 300 milioni di euro nei confronti della Compagnia Italpetroli Spa, la holding della famiglia Sensi, proprietaria (attraverso Roma 2000) del 67,09 per cento dell’As Roma. E allora l’operazione stadio "Sensi" potrebbe essere «un bluff. E pure di quelli maldestri», come scritto da Stefano Livadiotti sull’Espresso dello scorso 15 ottobre. E poi che fine farebbero Olimpico e Flaminio? LAZIO A RISCHIO TEVERE Da una sponda all’altra del Tevere. Claudio Lotito, patron della Lazio, è uno dei più favorevoli agli stadi di proprietà perché, come ama ripetere, «aiuterebbero le società di calcio nella lotta agli ultra violenti. Diventerebbero infatti le case dei tifosi, frequentate 365 giorni l’anno e doterebbero i club (soprattutto quelli quotati in Borsa come la Lazio, ndr) di un patrimonio reale che ne garantirebbe la solidità». Ma proprio lo "Stadio delle Aquile" (sito ufficiale www.stadiodelleaquile.com), al cui progetto il patron lavora da quando ne è al vertice (19 luglio 2004), è tra gli esempi migliori di come l’operazione possa diventare «un’enorme speculazione travestita da futuro», come scritto da Corrado Zunino sulla Repubblica il 30 settembre. A cominciare dall’investimento (800 milioni di euro). Senza dimenticare l’estensione del suolo su cui la struttura dovrebbe sorgere (600 ettari), perché «per essere fruibile 365 giorni l’anno» non si tratterà di costruire solo lo stadio da 55mila posti, ma una vera cittadella dello sport, che si finanzierà in una logica commerciale e alberghiera e accoglierà le attività delle 37 sezioni della Polisportiva. Oltre a un campo per l’atletica, 14 per il tennis, cinque piscine, tre campi per il basket, cinque per il calcetto, il poligono e la pista di pattinaggio, per fare qualche esempio. Più di 40 ettari saranno destinati a parcheggi. E ci saranno gli uffici del club, il museo della Lazio, un centro commerciale, un albergo a quattro stelle. Dove dovrebbe sorgere la cittadella? Sulla via Tiberina, in un suolo di proprietà dei fratelli (e costruttori) Mezzaroma, uno dei quali è il suocero di Lotito. Peccato che l’area sulla Tiberina sia a forte esondazione del Tevere. Ma tutto sarà pronto entro tre anni dal momento in cui saranno giunte le concessioni. Che difficilmente arriveranno. A GENOVA SI PUNTA SU VAL POLCEVERA Giovedì 20 novembre Genova ha rinunciato all’Europeo 2016, dopo un vertice in Comune. Impossibile rispettare i tempi e i modelli di stadio previsti. «Diremo alla Federazione che continua comunque il lavoro per dotare la città di un impianto idoneo a ospitare incontri internazionali» ha detto la sindaca Marta Vincenzi, fede blucerchiata. Il primo cittadino non esclude un ripensamento se la Federazione dovesse dare delle deroghe sui tempi, ma «non parliamo più di Euro 2016». Tre le ipotesi per il nuovo stadio. La prima da 200 milioni di euro è quella presentata il 13 ottobre davanti al presidente della Sampdoria, Riccardo Garrone, e alPAd del Genoa, Alessandro Zarbano. La nuova struttura da 35 mila posti sorgerebbe nel nord Val Polcevera, zona ex Colisa, riviera di Ponente con i parcheggi e gli imprescindibili centri commerciali. Garrone ha detto: «Nel caso ci fosse la copertura finanziaria, saremmo disposti a farlo». Dall’altra parte, Zarbano ha chiesto le ragioni per cui la cifra destinata alla costruzione dello stadio nuovo non possa «essere messa a disposizione per ristrutturare il Ferraris». Tiepido, anzi glaciale, nella circostanza il patron rossoblù, Enrico Preziosi: «Non vedo la necessità di un altro stadio a Genova». La seconda ipotesi è in piedi da almeno tre anni: Garrone costruirebbe a Sestri Ponente, ma l’impianto da 120 milioni contrasterebbe lo sviluppo industriale dell’ente aeroportuale ed è stato bocciato dall’Enac con motivazioni non sufficienti. Così Garrone potrebbe ricorrere al Tar. La terza ipotesi è quella che più piace ai tifosi del Genoa, il club più antico d’Italia, che vorrebbero abbattere le carceri confinanti e trovare nuovi ettari utili per salvare lo stadio ristrutturato dall’architetto Vittorio Gregotti per Italia 90 con una spesa di 50 milioni. A questo punto, si potrebbero anche portare avanti due progetti: il primo e il terzo. LA KARALIS ARENA A CAGLIARI Prima la guerra. Fino alla fine dello scorso settembre, Massimo Celiino, presidente del Cagliari, ed Emilio Floris, sindaco del capoluogo, sull’argomento stadio «erano pubblici nemici», come scritto sull’Unione Sarda a inizio ottobre. Adesso è scoppiata la pace. Voluta e ottenuta dalla Federcalcio per permettere a Cagliari di essere inserita tra le città dell’Europeo 2016 e al presidente Celiino di costruire lo stadio. Dove? Sulle ceneri del Sant’Elia che sarà demolito e ricostruito: si chiamerà "Karalis Arena" e avrà una capienza di 30mila posti. In realtà, il primo progetto di Celiino, presentato nel gennaio 2008 prevedeva 25mila spettatori, ma l’Uefa ne richiede minimo 30mila per ospitare le gare dell’Europeo. Fatta la pace, il Sant’Elia – anch’esso ristrutturato per Italia ’90 – è stato condannato a morte. Il nuovo è stato progettato dall’architetto di origine sarda Jaime Manca di Villahermosa. Non avrà la pista di atletica, così che gli spettatori più lontani troveranno posto nei gradoni più alti a meno di 30 metri dal campo. Celiino assicura che la costruzione sarà molto economica, circa 45 milioni di euro. All’interno è stato previsto un bar-ristorante e i Vip Sky Box, spazi in affitto con tutti i comfort, veri salotti con arredi avveniristici. Nell’anello intorno allo stadio, ma sotto le tribune, ci saranno ristoranti, un museo, un negozio del Cagliari, palestra e centro benessere. BOLOGNA IN PERIFERIA Bologna ha uno degli stadi più belli e antichi d’Italia, il Renato Dall’Ara, dedicato alla memoria del più grande presidente rossoblù, inaugurato nel 1927 con il nome di Littoriale. La torre di Maratona che sorge ancora nel settore opposto alla tribuna coperta lo rende unico. Come il collegamento con il Portico più lungo del mondo, quello di San Luca, un capolavoro del ‘700. Lo stadio Dall’Ara è stato ristrutturato per Italia ’90. Sono state costruite nuove uscite di sicurezza,rifatta la pista d’atletica e installati un nuovo tetto per la tribuna. Ciò premesso, non si comprendono le ragioni per cui Bologna abbia bisogno di un altro stadio. Eppure sia l’ex patron Alfredo Cazzola, che l’attuale Renzo Menarini ne hanno fatto una questione cruciale. Con evidenti interessi speculativi, mascherati dalla volontà di non far perdere alla città l’Europeo 2016. A Cazzola nell’agosto 2007 fu bocciato il progetto "Romilia", un complesso edilizio con stadio, parchi tematici, villette a schiera per 30mila metri quadrati, che avrebbe voluto costruire tra Budrio e Medicina, lontanissima dal centro cittadino e a due chilometri dalla stazione ferroviaria più vicina. «Da oggi tutti sanno che a Bologna non si può investire» ha detto Cazzola dopo il "no" della Provincia. E l’anno seguente ha ceduto la società ai Menarini, i quali hanno già ricevuto dei no, ma stanno cercando un’altra area e nuovi soci con denaro fresco. Si parla di Bentivoglio. Il progetto langue. Per ora. Massimiliano Ancona
Sotto, "lavori in corso" al nuovo Delle Alpi. Pagina accanto, come sarà all’apertura nel settembre 2011. A fianco, i plastici degli stadi di Roma, Lazio, Bologna (Romilia), Sampdoria
A fianco, il Franchi di Firenze. Stadio meraviglioso, fu concepito dail’ingegner Nervi nel 1929. In alto, i fratelli Della Valle ne vogliono uno nuovo di zecca nella zona di Castello
San Siro, aperto nel 1926, fu per un periodo già casa esclusiva del Milan. Nel 1948 arrivò anche l’inter e l’impianto fu portato nel 1956 a 83mila posti. Infine, il terzo anello voluto per Italia 90
L’Olimpico, come dice il nome, fu pensato e realizzato in previsione delle Olimpiadi romane del 1960. In realtà fu inaugurato nel 1953 (ItaliaUngheria) ed è stato coperto e ampliato per Italia ’90
II Flaminio fu il teatro della prima vittoria italiana in un Mondiale. Era il 1934 e quello era lo stadio del Partito nazionale fascista. Oggi vi gioca l’Italia del rugby, ma sarebbe perfetto anche per il calcio
fonte/rassegna stampa – "Guerin Sportivo"
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