All Blacks-Italia e il paradosso del rugby tricolore
E stiamo parlando di una nazionale, quella italiana, che, a malapena, vince un incontro all’anno nel Sei Nazioni. Immaginate cosa potrebbe succedere se il gap tecnico tra l’Italrugby e il resto delle selezioni “top” si riducesse drasticamente. Non voglio neppure pensarlo.
Italia: Masi (21’ st McLean), Venditti, Benvenuti, Sgarbi, Bergamasco Mi., Orquera, Gori (16’ st Botes), Parisse (cap), Favaro (6’ st Barbieri), Zanni (24’ st Bergamasco Ma.), Minto, Pavanello (19’ st Geldenhuys), Castrogiovanni (16’ st Cittadini), Ghiraldini (10’ st De Marchi), Lo Cicero (10’ st Giazzon). all. Brunel
Nuova Zelanda: Barrett (13’ st Jane), Gear, Smith C., Nonu, Savea, Cruden, Smith A. (21’ st Kerr-Barlow), Read (cap), Cane, Messam, Retallick, Williams (13’ st Whitelock), Faumuina (6’ st Franks), Mealamu (2’ st Coles), Woodcock (24’ st Crockett). all. Hansen
(di Marcel Vulpis) – E’ finita 42 a 10 per gli All Blacks. Una vittoria attesa da tutti, con un ottimo primo tempo degli azzurri, che, sul 13 a 7 per i neozelandesi (campioni del mondo in carica), nell’ultimo minuto di gara, hanno avuto anche l’occasione per andare in meta e magari passare in vantaggio prima del riposo. Ciò che, invece, nessuno si aspettava è il bagno di folla dei tifosi italiani di rugby allo stadio Olimpico, gremito in ogni ordine di posto (più di 70 mila spettatori). Un dato che dovrebbe far riflettere anche chi gestisce il calcio nel nostro Paese. Oggi a Roma, neppure sommando gli spettatori medi di A.s. Roma e S.s. Lazio, si arriverebbe a un risultato del genere.
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