Arrampicata sportiva – Intervista a Marco Scolarsi (IFSC)
Nei giorni scorsi c'è stata la notizia del riconoscimento da parte del C.i.o. dello sport dell'arrampicata sportiva come disciplina olimpica. In Italia il FASI (Fed. Arrampicata Sportiva Italiana) conta più di 100 mila tesserati, nel mondo gli addetti ai lavori stimano che ce ne siano più di qualche milione (comunque ben 72 paesi).
Sporteconomy.it riprende integralmente, su concessione del portale Planetmountain.com, l'intervista al Presidente della IFSC (Federazione internazionale di arrampicata sportiva), il torinese Marco Scolarsi.
L’International Federation of Sport Climbing ha ottenuto il riconoscimento ufficiale del Comitato Internazionale Olimpico. E' il primo passo verso le Olimpiadi per lo sport arrampicata. L’intervista a Marco Scolarsi, presidente dell'IFSC. In questi giorni, l'IFSC – la Federazione Internazionale che, per i pochi che ancora non lo sapessero, rappresenta il movimento delle gare di arrampicata – è stata ufficialmente riconosciuta dal Comitato Internazionale Olimpico.
E’ un grande passo in avanti per lo sport-arrampicata che, come ci ha detto in quest’intervista il Presidente dell’IFSC, Marco Scolaris, ne sancisce una volta per tutte il riconoscimento come sport dal massimo organo olimpico. Ma non solo. Marco Scolaris, l’IFSC è stata riconosciuta dal CIO, cosa significa concretamente? Vuol dire che l'arrampicata è uno sport vero alla stregua di tanti altri, forse più celebrati. Se vogliamo allargare un po' il discorso, visto il contesto storico sportivo in cui ciò e avvenuto, è il riconoscimento della sua attrattiva verso i giovani e del ruolo sociale che essa può svolgere.
Erano anni che s’inseguiva questa chimera “olimpica”, ora com’è cambiato il futuro dello sport-arrampicata? E come la Federazione Internazionale si prepara ad affrontarlo? Adesso finalmente si può pensare seriamente in chiave olimpica. In particolare possiamo continuare a lavorare sui giovani per offrire un futuro di sport. Quali sono state le mosse vincenti per arrivare a questo riconoscimento? Sicuramente il 2007 è stato “politicamente” intenso. Si trattava di ripartire da zero e quello del CIO è stato solo l'ultimo di un serie di traguardi raggiunti a marce forzate Non dimentichiamo infatti l'ammissione all'AGFIS (a soli tre mesi dalla creazione dell'IFSC), il rientro nei World Games, l'approvazione da parte della WADA dei nostri regolamenti. Questa marcia a tempo di record è stata sì il frutto di serrati incontri, ma alla base c'è il lavoro fatto in oltre 10 anni nell'ICC, che aveva prodotto uno sport credibile e, soprattutto, rivolto ai giovani. E quanto ha pesato l’uscita dell’IFSC dall’UIAA e quindi il distacco dall’ala “storica” dell’alpinismo? E’ stata una scelta obbligata? Noi avevamo proposto all'UIAA una confederazione, nella quale dignità e poteri fossero paritari fra le varie componenti (alpinismo, arrampicata, scialpinismo). Hanno pensato fosse meglio invitarci ad andarcene per la nostra strada: lo abbiamo fatto. A conti fatti buon per noi. Parliamo del movimento e dei suoi numeri: molti vedono le gare ad una empasse, soprattutto “numerica”.
Qual è la reale consistenza del movimento? Sono vent'anni che sento dire che le gare stanno morendo. Seguo mia figlia nelle gare under 14 e vedo una marea di bambini e adolescenti attaccati ai muri di arrampicata: lo stesso in molti paesi del mondo; in Asia ci chiedono di partecipare ad ogni manifestazione… Se le gare stanno morendo così c'è da stare allegri. E le potenzialità sono enormi e al 90% ancora non sfruttate… In questi vent’anni dalla nascita delle gare sicuramente molte cose sono cambiate, ma si continua ad avere la sensazione che una parte degli arrampicatori (quelli della roccia) non abbiano ancora “digerito” il movimento “agonistico”? E’ una forma di snobismo o cos’altro? Credo che non siano tanto i climber quanto chi gli sta intorno che genera confusione e crea illusioni. Forse sarebbe ora di smetterla, certi giornalisti in primis, di continuare a chiedere ai climber se preferiscono le gare o arrampicare sulla roccia, o di dire che la vera arrampicata è quella outdoor… Se l'arrampicare sui muri (visto che poi i numeri stanno qui) fosse considerato uno sport tout court, e non una propedeutica (o un allenamento) alla falesia, o addirittura alla montagna, avremmo già fatto un passo avanti. Qual è lo sviluppo prevedibile per il futuro e quanto è in grado di investire la Federazione Internazionale nelle nuove generazioni? L'IFSC investe sui giovani, perché crede in un concetto caro anche al presidente del CIO, Jacques Rogge: "l'educazione attraverso lo sport". Sono allo studio diversi progetti di cui spero potremo presto parlare insieme. E’ indubbio che il livello tecnico degli atleti è cresciuto moltissimo in questi ultimi anni, tanto che diventa sempre più importante la competenza e la professionalità prima di tutto dei tracciatori ma anche dei giudici e di chi organizza le gare. Che ruolo ha la Federazione e che obiettivi si pone per il suo staff tecnico? Pochi lo sanno, ma investiamo molte risorse nella formazione dei quadri tecnici, giudici e tracciatori. Abbiamo diverse commissioni, all'ultima riunuione annuale a Parigi, erano in 50 a studiare come migliorare regolamenti e formato delle competizioni, nonché la qualità di giudici e tracciatori. L'apertura dell'ufficio a Torino corrisponderà inoltre alla messa a punto di uno staff all'altezza della situazione.
Un sogno da presidente ma anche da climber? Il mio sogno lo conoscono in molti. Crescendo il nostro sport probabilmente sarà destinato a cambiare profondamente, soprattutto quando aumenterà l'interesse dei media e arriveranno gli sponsor. La sfida dell'arrampicata sportiva sarà quella di rimanere un vero sport olimpico, come è oggi. Parlo spesso con i nostri atleti: sono tutti coscienti che, anche se difficile, vale la pena di tentare di difendere lo spirito che oggi si respira quando si arrampica, in gara e non.
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