Attualita’ – Il settore dei vivai nel mercato del calcio italiano professionistico
Per Michel Platini, numero uno dell’Uefa, i vivai non sono un costo, ma un investimento strategico. Un costo “buono”, che non peserà allo stesso modo di altri debiti delle società di calcio (come quelli contratti, per esempio, nel medio/lungo periodo). E’ uno dei punti di forza del progetto sul “Fair Play finanziario”, entrato in vigore nella stagione in corso.
Adesso bisognerà capire quanto tempo ci metteranno i presidenti di serie “A” a metabolizzare questa nuova filosofia, che passa attraverso investimenti strategici come il potenziamento dei vivai e/o la costruzione di stadi di proprietà. Più tardi lo capiranno, maggiore sarà il gap tra le nostre società di calcio e le principali concorrenti europee.
In Francia c’è una società quasi sconosciuta, il Rennes (stabilmente nella parte alta della classifica provvisoria della Ligue1 transalpina), che ha scelto di estremizzare questo concetto: in prima squadra giocano solo giocatori tra i 18 e i 23 anni. Praticamente la prima squadra coincide con la “Primavera”. Al termine della stagione, dopo averli valorizzati in campo, il cartellino di questi giovani tesserati viene ceduto ai cosiddetti top club a prezzi 10-20 volte superiori a quanto speso per “produrli”. Nel frattempo, altri giocatori vengono fatti debuttare nel massimo campionato. Fa notizia perchè nessun altro club del Vecchio continente è in grado di seguire questo modello di gestione. Troppo rivoluzionario, ma anche perchè (forse) le dimensioni del Rennes e della serie A d’oltralpe sono due condizioni uniche e irripetibili per poterlo applicare su larga scala nel calcio professionistico del Terzo Millennio.
In Italia, ad eccezione dell’Udinese (probabilmente la realtà più vicina al Rennes) e dell’Atalanta, i club non sempre scommettono su quest’asset strategico. Solo considerando l’aspetto dello scouting si passa dai 50 osservatori della Juventus (per arrivare a 100 addetti ai lavori considerando il territorio del Piemonte) sparsi in tutto il mondo ai tre del Napoli calcio. Non esiste un metodo omogeneo e questo ci penalizza nel confronto con club del calibro come Real Madrid, Barcellona, Arsenal, Manchester United o Liverpool, dove il “vivaio” non è una semplice voce di bilancio, ma una vera e propria ricchezza della società. Un diamante grezzo da valorizzare nel tempo e da vendere solo come estrema ultima ratio.
Il nuovo progetto del Fair Play di Platini però spinge sull’accelerazione di una serie di processi di sviluppo, perchè i vivai saranno sempre più al centro dell’interesse dell’Uefa. Saranno sinonimo infatti di vitalità, ma soprattutto di “ricerca e sviluppo” in ambito calcistico. E non c’è futuro, quale che sia il settore merceologico di riferimento, senza “R&S”.
Il periodico “Futbol” ha analizzato i principali modelli di gestione dei vivai italiani, fotografando lo stato dell’arte del mercato nazionale, andando a valorizzare, nel contempo, i modelli più virtuosi del panorama della serie “A”. Dall’Udinese dei miracoli, al Milan campione tricolore in carica, passando per la Juventus, che, in questi ultimi anni, ha dominato il calcio giovanile a colpi di Viareggio e di titoli in ambito “domestico”. Viaggio nell’Italia calcistica, che investe maggiormente e meglio in “ricerca & sviluppo”.
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