Betting il lato “chiaroscuro” dello sport
Accanimento o regole da rispettare? Credo sia chiaro a molti, ma non a tutti, quello che sta succedendo alle aziende del betting, primario spender del mondo dello sport negli ultimi anni. Dopo essere stati alla ricerca di investitori che avessero disponibilità finanziarie per supportare attraverso partnership e sponsorship il variegato e costoso mondo dello sport, improvvisamente ci si è accorti che le aziende del betting, quelle che al momento dispongono di maggior liquidità e necessità di visibilità, non piacciono più. O meglio non piacciono in quei paesi in cui le regole non sono chiare. Per la prima volta forse l’Italia (dietro solo all’Inghilterra) si trova un passo avanti rispetto ad altri paesi come Francia e Germania. Se vuoi operare sul nostro territorio nazionale devi avere una licenza regolare, altrimenti sei bandito. Per avere una licenza tutto sommato non bisogna fare proprio salti mortali ed ecco arrivare Bwin come sponsor di maglia del Milan e altri colossi come partner anche di altri sport. Esiste un elenco di operatori attualmente non autorizzati, ma un domani potranno ottenere il via libera. Quello che sta avvenendo in molti altri paesi (Stati Uniti compresi) non è invece chiaro per niente. Prima si accettano le “scomode” presenze degli operatori di betting on-line, gli si fanno fare investimenti stratosferici pubblicitari e poi si mettono in campo legislazioni e sentenze di tribunali restrittive che mandano in fumo gli stessi investimenti. Di cosa si ha paura? Si tratta esclusivamente di preservare il monopolio o quasi degli operatori pubblici (esempio in Francia e Germania) o qualcos’altro cova sotto? Se si avesse paura di denaro per così dire “sporco”, bisognerebbe colpire non in maniera generica tutte le aziende ma solo quelle su cui esistono sospetti; del resto invece se il timore è quello di perdere introiti fiscali, non si capisce perchè non si debba concedere una licenza per mettere tutto in regola e approfittare della capacità di questi operatori di creare liquidità, di cui poi in parte beneficerebbero club e federazioni e non ultimo le finanze pubbliche. Un piccolo mistero quindi, che forse, quando avrà voglia, sarà compito della Ue districare, basandosi sulle norme di trasparenza e libera concorrenza che esistono oggi per tutte le altre imprese.
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