Brasile 2014

Brazil2014: Cosa ne pensava Socrates nel lontano novembre 2007.


“La scorsa settimana io e mio figlio Gustavo, fondatore dell’Istituto Brasiliano di Diritto allo Sport, abbiamo pubblicato un manifesto sulla Folha de S. Paulo, nel quale dichiariamo il nostro punto di vista sul Mondiale in programma in Brasile nel 2014. Mi piacerebbe condividerlo con i nostri lettori: ciò che segue, vuole servire come spunto per approfondire la discussione sulla decisione di ospitare la Coppa del Mondo in Brasile.

 

Non ci siano dubbi, caro lettore, sulla nostra felicità per la scelta del nostro paese come sede di questa grande manifestazione calcistica nel 2014. Questa felicità, però, non ci può annebbiare la vista davanti all’abisso che ci separa dalle condizioni necessarie per aver meritato questa designazione. Il calcio è un fenomeno sociale, parte integrante della cultura del Paese, un elemento innegabile di identità nazionale, estremamente simbolico in quanto tale. Il calcio brasiliano (dentro e fuori dal campo) dice molto su chi siamo, i nostri valori, le dinamiche sociali e le relazioni di potere. È una lezione pratica di cosa sia il Brasile. Il Mondiale, pertanto, non deve essere analizzato se non in quest’ottica.

La mancanza di condizioni è stata evidente sin dai primi passi per candidatura del paese e, a partire da oggi, sarà evidente per quanto riguarda l’organizzazione di questo mega evento. Dando una scorsa ai vertici che minacciano di mettersi a capo di questo processo, è possibile anticipare il futuro: l’appropriazione dei beni comuni, la personificazione maliziosa di estese iniziative sociali, la preponderanza di interessi indegni e illegittimi a proprio vantaggio o del proprio gruppo ristretto di persone e la difesa del poterucolo eterno che caratterizza queste pratiche nel mondo del calcio (e nel paese).

Il comitato organizzatore del Mondiale 2014 annunciato pochi giorni fa ne è il miglior ritratto: una sola persona che può tutto, che non deve dare conto o soddisfazione a nessuno. Torniamo al feudalesimo! Ma non dobbiamo preoccuparci, qualsiasi evento sportivo accade da solo. Basta una palla che rotoli e tutte le attenzioni si dirigeranno verso il campo e tutte queste “premure” svaniranno e saranno dimenticate, grazie alla valanga di informazioni controllate, specialmente quelle veicolate dall’impero mediatico, onnipresente e onnipotente nel mondo nel calcio, svolgendo un ruolo fondamentale nel ritardo delle istituzioni sportive. È sempre stato così in Brasile, no?

Quello che ignorano volutamente, e che vogliono farci ignorare, è il potenziale di agitatore delle masse e trasformatore sociale di questo fenomeno giocato coi piedi. Questa è la natura legittima del calcio; se dovesse emergere non troverebbe limiti alla trasformazione di realtà, all’integrazione di culture e persone, alla formazione di cittadini e conoscenze e, infine, servirebbe da vettore di sviluppo e uguaglianza. Questo è un punto di vista che ci manca, lo spirito che darebbe un senso a una Coppa del Mondo disputata in Brasile. Un Mondiale con questi valori in gioco, con benefici per tutti (benefici reali, non solo la fugacità della felicità di assistere ad alcune partite) ci renderebbe meritevoli di ospitare tale evento, con molto orgoglio.

Nemmeno per quanto riguarda le migliorie alle infrastrutture, conseguenza di un evento di questa portata, si può parlare delle condizioni necessarie. È è già successo con il Campionato Panamericano: nonostante le innumerevoli promesse di incredibili lasciti e fantastiche migliorie, finita la competizione resta davvero poco destinato a migliorare la vita quotidiana dei carioca. Quello che si è visto è stata una quantità immensa di investimenti pubblici per nulla trasparenti, usati in larga parte per abbellire opere sociali provvisorie, dunque inefficienti, per migliorie urbanistiche non urgenti e per costruire parchi sportivi che servono a quelli di cui abbiamo parlato prima, sia che si parli di concessioni per il loro utilizzo in forma privata a prezzi ridicoli, o proprio per un effimero teatrino sportivo che serve a sostenere questo poterucolo.

In questo scenario crudele, la cosa peggiore è capire che l’unico che meriterebbe di vivere una Coppa del Mondo grazie alla sua passione delirante per il calcio, all’intensità con cui questo sport fa parte della sua cultura e identità, è proprio chi, anche a causa di tutto ciò di cui abbiamo parlato, non è stimolato alla discussione sulla manipolazione della propria passione, né a comprendere questa realtà. Ovvero, il tifoso brasiliano.

Alla luce di questi aspetti e di una visione più profonda e complessa, che inserisca il Mondiale e il proprio gioco del calcio in un contesto sociale e politico, evitando il punto di vista e il potere di chi è contrario e, infine, andando oltre alla semplice festa e al semplice gioco, non vediamo le condizioni perché il Brasile riesca ad ospitare un evento di tale portata e simbolismo. Allo stesso tempo, ci sembra improbabile che possa portare delle trasformazioni nella realtà sociale del nostro Paese, che è quello che a noi (che sognamo un Brasile più giusto e umano) interessa”.

 

Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira – Socrates


Il 14 novembre 2007 Socrates, indimenticato campione del Brasile di Spagna ’82 (segnò anche una rete a Dino Zoff nella partita che avrebbe lanciato l’Italia verso la finale del Bernabeu), pubblicò una lettera accorata sulla “Folha de Sao Paulo” (ripresa e tradotta in questi giorni su Sportallarovescia.it) in cui spiegava perchè non era favorevole rispetto all’assegnazione del Mondiale di calcio al suo paese. Ne esce un ritratto straordinario di un uomo, non solo di un campione, che è diventato famoso in Brasile per aver inventato la cosiddetta “democrazia corinthiana” (tutte le decisioni della squadra venivano prese a maggioranza all’interno dello spogliatoio). Socrates è stato il paladino della democrazia, ma soprattutto dell’uguaglianza tra i diversi ceti sociali. E queste cose le diceva a viva voce proprio negli anni in cui giocò da calciatore professionista, anni in cui in Brasile a governare erano i “militari”. Un personaggio quindi fuori dalle righe, caratterizzato da un coraggio e da una forza morale superiore alla media. Chi leggerà questa lettera, che riproponiamo su Sporteconomy.it capirà il valore morale di Socrates e come giustamente faceva una serie di distinguo sull’assegnazione del mondiale verdeoro, pur essendo brasiliano. La lettera del “dotoure” è ancora più attuale e lo diciamo con dispiacere, perchè potrebbe essere tranquillamente scritta per commentare una eventuale assegnazione di un grande evento in Italia. “..Una sola persona che può tutto, che non deve dare conto o soddisfazione a nessuno. Torniamo al feudalesimo!” scrive Socrates e di feudalesimo ce n’è tanto anche in Italia a partire dallo sport.  

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Marcel Vulpis

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