Cabrini…l’azzurro che fece avvicinare le donne al calcio
Antonio Cabrini (difensore della Nazionale e della Juventus) ha tagliato il traguardo dei 60 anni celebrato in tutt’Italia, oltre che in televisione, ospite di riguardo della trasmissione di Fabio Fazio “Che Tempo che Fa” (su Rai), dove, tra l’altro, ha mostrato la maglia numero “4”, con cui giocò l’intero Mondiale di Spagna ’82 (vinto sotto la guida di Enzo Bearzot). Massimiliano Morelli, scrittore sportivo, ne ha tracciato, in questo fondo, un’intera carriera, contraddistinta anche dal fatto di essere stato, per un ventennio, il Fidanzato d’Italia. Sarà un caso (e secondo noi non lo è), ma, per diversi anni, è stato anche il ct della Nazionale di calcio femminile italiana. Un segno sicuramente del destino.
(di Massimiliano Morelli)* – Scavalcate le statistiche e i numeri, gli scudetti conquistati con la Juventus e i “cap” in Azzurro, di Antonio Cabrini neosessantenne restano vivi alcuni momenti fondamentali. E sono attimi fissati nella memoria di chiunque abbia scavalcato gli “anta”. Per esempio, c’è l’immagine del debutto in nazionale, Mondiale del 1978, quando lui e Paolo Rossi accompagnarono la squadra allenata da Enzo Bearzot al quarto posto nella kermesse disegnata ad hoc per far vincere il titolo ai padroni d casa, nell’era dei “generali” e della dittatura. C’è l’immagine di quel calcio di rigore fallito nel primo tempo della finale iridata con la Germania, quattro anni dopo, mundial spagnolo e un penalty tirato a lato della porta teutonica, con Pertini comunque convinto di battere i panzer mentre i “teteschi di Cermania” esultavano come se avessero già vinto la coppa. Vengono in mente le polemiche dettate da chi voleva insinuare la sua particolare amicizia con Pablito, proprio in quell’estate magica del 1982 e le donne che gli cadevano ai piedi, perché Cabrini era il Bell’Antonio non solo per parafrasare qualcosa di culturalmente impegnato sotto il profilo artistico. Quante donne si avvicinarono al pallone perchè intrigate da uno come lui? Meglio non contarle, scopriremmo che pure la casalinga di Voghera era innamorata di uno come lui, ragazzo della porta accanto. Mancino naturale, fu il tratto d’unione fra Giacinto Facchetti e Paolo Maldini, una specie di rinnovatore del ruolo, una sorta di terzino ala, bravo a spingere sulla fascia e altrettanto bravo a difendere quasi fosse uno stopper. Ecco, considerare che l’eterno ragazzo cremonese soffia stavolta su sessanta candeline fa pensare a quanto corra in fretta il tempo. Più veloce di uno come lui, primo terzino moderno made in Italy nella storia del football. Giocò la finale della maledetta coppa dei campioni dell’Heysel, e alzò al cielo anche una coppa Uefa e una coppa delle coppe. Niente male per un ragazzino che debuttò nel calcio col Casalbuttano, rappresentativa di un paese che conta si e no tremila anime.
- giornalista e scrittore sportivo
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