Punto e a Capo

Calcio – …..e alla fine i “marchi”

Sembra proprio che l’industria italiana del calcio (con l’eccezione della sola Juventus), non riesca a decollare. Nonostante gli incassi dei diritti tv siano tra i più alti d’Europa (basti pensare ai soli 16 mln di Euro annui che percepisce il Bayern Monaco in Germania), i club italiani continuano a non produrre entrate significative per i propri bilanci, al punto, novità della stagione 2005/06, da ricorrere a nuove e più “avanzate” forme di finanziamento, come la cessione in leasing dei marchi o di proprietà immobiliari.

La necessità di far quadrare i bilanci, specie per le squadre impegnate nelle coppe europee e soggette alla revisione dell’Uefa, sta portando dunque all’idea di “ipotecare” simboli storici (il marchio dell’Inter e il centro di Trigoria dell’As Roma ne sono due esempi) che servono però solo a tamponare momentaneamente le necessità finanziarie dei club.

NOn si tratta infatti di un reale aumento strutturale degli introiti derivanti da merchandising, o dall’ utilizzo degli stadi di proprietà, o da sponsorship ed altro, ma solo di nuovo indebitamento, che deve comunque essere ripagato ratealmente per rientrare in possesso del bene fisico (il campo di allenamento) o immateriale (il marchio).

Il calcio può diventare un business redditizio, ma deve per questo essere gestito da freddi manager e non da appassionati Presidenti proprietari, senza i quali, però, quasi l’intera serie A non esisterebbe. Un dato su cui riflettere.

Foto: Il logo dell’Inter Fc e il campo di allenamento dell’As Roma di Trigoria

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Marcel Vulpis

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