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Calcio – Addio a Fabio Cudicini, il “ragno nero”

(di Massimiliano Morelli)* – Addio a Fabio Cudicini, l’uomo-essenziale fra i pali Il football porta da sempre in dote uomini che vengono considerati diversi dagli altri. Per carisma, carattere, spessore umano. Uomini che hanno l’innata capacità d’essere ricordati nel tempo. Fabio Cudicini è uno di questi individui. Professione portiere, ruolo che generalmente viene affiancato al “guascone” d’uno spogliatoio. Non era il caso del serio ma non serioso Cudicini, pardon “ragno nero”, così chiamato per quella calzamaglia buia che amava indossare e ancor di più per il fatto di essere un longilineo con arti sottili; un portiere essenziale, mai una parata spettacolare per favorire lo scatto del fotografo. Un metro e novantuno, uno degli estremi difensori più alti dell’epoca, vissuta – purtroppo per lui – quando Buffon e Ghezzi prima, e Albertosi e Zoff poi, rappresentavano il meglio del ruolo. E’ per questo che indossò mai l’azzurro, salvo essere comunque considerato fra i quaranta selezionati per il Mondiale del 1970. Aveva il volto serio, pareva “anziano” già a trent’anni. Solo un’apparenza, era al contrario dotato di una ironia straordinariamente unica, che miscelava con la sapiente capacità di farsi scivolare addosso le cose. Triestino di nascita, silenzioso estremo difensore di Milan, Udinese, Roma e Brescia, è stato un esempio per intere generazioni di ragazzi cresciuti con l’idea dell’essere l’ultimo baluardo d’una squadra. Cominciò col Ponziana, nella sua terra natia; chiuse la carriera con uno scudetto, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle Coppe, una delle Fiere e due Coppe Italia. E nell’album dei ricordi affiora un’istantanea indelebile, offerta da critici inglesi, sempre avari di encomi, specie per chi non ha radici britanniche. Al termine di una sfida disputata a Manchester, incorniciarono il suo nome con l’appellativo “the black spider”. Tanto basta, per capire.

  • giornalista sportivo romano e scrittore
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Redazione

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