Calcio – La storia di Roman Abramovich
Da IL SOLE240RE.IT
L’uomo più rappresentativo del nuovo corso dello sport russo è il magnate Roman Abramovich, ormai notissimo in tutto il globo per un patrimonio valutato oltre 18 miliardi di dollari, che ne fa, come testimonianto dall’autorevole rivista Forbes, uno degli uomini più ricchi del mondo. Con la sola differenza, rispetto ad altri grandi miliardari, di avere almeno una decina di anni in meno, essendo appena 41enne. Abramovich ha gonfiato a suon di milioni il business del calcio europeo, in particolare le quotazioni dei calciatori, essendo piombato sul mercato con il desiderio di costruire una squadra formata, molto semplicemente, dai migliori campioni in circolazione per le piazze d’Europa. La sua creatura è il Chelsea, che in pochi anni trasforma in macchina da guerra acquistando a cifre folli giocatori da ogni dove. L’acquisto del club, fortemente indebitato, risale al 2003, al prezzo di 60 milioni di sterline. Abramovich paga subito tutti i debiti (80 milioni di sterline) e dà avvio a una campagna di acquisti faraonica, da 100 milioni di sterline, chiamando – dopo aver confermato per un anno il tecnico italiano Claudio Ranieri (oggi alla Juve)- Josè Mourinho, allora fresco vincitore della Champions League con il Porto. Con l’allenatore portoghese il Chelsea si impone due volte consecutive nel campionato inglese, mentre al suo successore Grant si deve il raggiungimento della finale di Champions, persa contro il Manchester ai rigori a Mosca circa un mese fa. Abramovich è in tribuna e guarda i calci di rigore passando dall’entusiasmo alla delusione, quasi come un imperatore romano davanti ai giochi dei gladiatori.
Mosca è comunque la sua patria, anche se si è fatto conoscere al mondo ripartendo da Londra e dallo Stamford Bridge, lo stadio dei Blues. Roman deve la sua immensa ricchezza alle materie prime e al processo di privatizzazione varato in Russia soprattutto nell’era di Boris Eltsin. Partito come piccolo imprenditore, si è specializzato nell’import/export del petrolio russo. Nel 1995 riesce ad acquisire, con Boris Berezkovsky, il controllo del colosso petrolifero Sibneft, fa il suo ingresso nel capitale della compagnia di bandiera russa Aeroflot e fonda il colosso dell’alluminio Rusal. Nel 2002 vende il suo pacchetto in Sibneft a Gazprom e la sua quota in Rusal a Oleg Deripaska, reinvestendo tutto nel gruppo Evraz. Una delle abilità di Abramovich è stata quella di sapersi riadattare alle mutate condizioni politiche russe dell’era Putin senza farsene schiacciare, come è invece accaduto al "collega", proprietario della petrolifera Yukos, Michail Khodorkovsky, o allo stesso Berezkovsky, in esilio a Londra in quanto oppositore politico.
Abramovich è riuscito invece a restare in sella, mantenendo fortissimi rapporti politici ed economici con la madrepatria, accettando di diventare, nel 2000, governatore della sperduta provincia siberiana della Chukota, dove ha aiutato economicamente la popolazione, ricevendone la stima e la fiducia. Oltre a mantenere le sue attività economiche in Russia, Abramovich è in un certo senso l’uomo ombra della Federazione calcistica russa, munifico sponsor della Nazionale, cui ha promesso 7 milioni, di cui 500mila all’allenatore Hiddink in caso di vittoria.
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