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Calcio – Stadi di proprietà: un traguardo economico da raggiungere

Guardare alla Premier League inglese o alla Liga spagnola fa capire che avere uno stadio di proprietà è essenziale, per una società di Serie A, per attenuare la dipendenza dai diritti televisivi, uno dei maggiori introiti finanziari del Campionato; avere uno stadio di proprietà vuol dire metterlo a disposizione per una gara tra brand che sicuramente ne cercherebbero la sponsorizzazione con ulteriori incassi per le società. Ma non solo: i nuovi impianti non sarebbero utilizzati solo per il calcio, sarebbero complessi polifunzionali con ristoranti, alberghi, negozi e uffici. Si dovrebbero incolonnare, quindi, sotto la casella “ricavi da stadio” tutti quei fattori di  reddito derivanti da attività svolte nello stadio e nelle sue adiacenze. Nel panorama europeo troviamo numerose società che possono contare su stadi propri: Borussia Dortmund, Osasuna, Real MAdrid, Barcellona, Arsenal, Tottenham, West Ham, Manchester United, Everton, Chelsea e Olympique Lyonnais (in Inghilterra 20 club su 20 sono proprietari dello stadio in cui giocano e nella Liga 7 su 20).
Un dato impressionante chiarisce meglio la situazione: il ricavo derivante da una partita di Inter e Milan equivala a meno de 25% del ricavo generato da partite giocate da Arsenal e Manchester United. Gli stadi di proprietà sono un business per i privati e non un costo per le istituzioni come accade oggi in Italia. A onor del vero, bisogna dire che costruire un nuovo stadio in Italia non è impresa facile a causa dei molti ostacoli burocratici, finanziari e strutturali. Ci sono piani regolatori da approvare insieme a inevitabili opere di urbanizzazione, c’è da trovare finanziamenti per la costruzione senza gravareulteriormente sul bilancio societario. Un passo avanti è stato fatto con l’approvazione del disegno di legge bipartisan per i nuovi stati di proprietà dei club. Il paese si preparea ad un cambio di pagina storico, orientandosi verso il modello inglese.
Ad aver presentato un progetto ci sono Siena, Fiorentina, Roma e Lazio ma, più o meno tutte le squadre di A pensano ad una privatizzazione. L’Inter parla di un possibile nuovo impianto in zona Rho-Pero da costruire entro il 2015, in vista dell’Expo, il Milan pensa di ristrutturare San Siro così come De Laurentis il San Paolo, il Cagliari ha un’idea sulla Caralis Arena firmata Jaime Manca; i blucerchiati vorrebbero traslocare vicino l’aereoporto di Genova con l’aiuto di una holdind olandese mentre il Palermo traslocherà in zona Zen. Fino ad oggi l’unica sicurezza per la privatizzazione degli stadi italiani si chiama Juventus: il nuovo stadio, operativo dal prossimo campionato, sta sorgendo dove si trovava il “Delle Alpi” con un costo di poco superiore ai 100 mln di euro. Al suo interno palestre, ristoranti e 120 box per vip e, secondo Sport5, la Juve avrà introiti pari a 6,5 mln di euro. Un progetto che la società torinese ha realizzato sborsando di tasca propria, comprando il terreno, oltre ad aver trovato un partner commerciale a cui vendere i naming rights, il Credito Sportivo.La questione sugli stadi di proprietà diviene sempre più di attualità e di vitale importanza per i club italiani; basti pensare che l’Arsenal ottiene dal matchday, nell’Emirates Stadium, più del 50% del suo fatturato annuo.

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Marcel Vulpis

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