Di Rocco (candidato presidenza Federciclismo): “…Recuperiamo l’immagine del settore parte
Per la prima volta nella storia delle elezioni del presidente della Federciclismo c’è un candidato romano. Si chiama Renato Di Rocco, per ben sette anni, fino al ’97, segretario lega ciclismo professionistico e con incarichi manageriali al Coni nel settore territorio e promozione. Si scontrerà il prossimo 13 marzo a Torre Pedreira (Rimini) per la carica di presidente federale.
Sporteconomy.it l’ha incontrato per conoscere la sua posizione su molti temi che interessano il mondo del ciclismo, ma soprattutto per capire, se queste nuove idee, potranno rilanciare l’immagine, ormai sbiadita del ciclismo italiano.
“Ho lasciato la Federciclismo, sette anni fa, con oltre 65 mila tesserati – dichiara Renato Di Rocco…Oggi si stima che non siano più di 40 mila. Le tasse di iscrizioni sono aumentate, così come le le licenze di affiliazione…ma è indubbio che ci sono dei problemi che vanno oltre i meri aspetti economici. Bisogna recuperare in immagine ripartendo dai giovani. Credo sia importante lanciare al più presto una campagna di comunicazione che enfatizzi i valori delle due ruote, focalizzando i messaggi soprattutto sul target dei teen-ager. Il ciclismo deve tornare ad essere uno stile di vita, uno strumento ecologico che fa bene alla salute. Previene, infatti, molte malattie ed è particolarmente indicato in alcune patologie mediche (come l’obesità infantile o nelle malattie cardiocircolatorie)”.
Come cercherà di sconfiggere il doping dilagante nel mondo del ciclismo? “Il doping è una piaga mondiale, non è un problema legato esclusivamente al ciclismo. Il nostro settore, in termini di immagine, è quello che ha pagato maggiormente, ma anche altri sport, senza aver ricevuto la stessa pubblicità negativa, soffrono la nostra stessa condizione…Qui il discorso è molto complesso. Bisogna lavorare sul fronte professionistico applicando anche in modo duro le sanzioni sportive (nazionali e internazionali) che già esistono, ma al tempo stesso è necessario lavorare in ambito giovanile per evitare che nuovi ragazzi possano rimanere intrappolati nella prigione del doping. Per fare ciò anche la scuola (le stesse famiglie dei ciclisti, ndr) ed altre importanti componenti sociali devono fare la loro parte, in coordinamento con la Federazione…Il doping tra i giovani è un problema sociale, ma vogliamo cercare di contrastarlo puntando al recupero del giovane atleta. Non si può trattare un minorenne e un professionista con lo stesso metro…”.
Su questo Sporteconomy.it ha un’idea ben precisa. Siamo perfettamente d’accordo con Zeman (attuale c.t. dell’U.s. Lecce) quando dichiara che il doping non è solo una truffa sportiva, ma anche la via più facile per morire nello sport. Serve, pertanto, che da un lato la Federazione nei prossimi anni sia sempre più attiva nelle scuole, nelle associazioni ciclistiche e all’interno delle famiglie degli atleti, dall’altro che sanzioni chi compie un chiaro dolo sportivo utilizzando sostanze capaci di modificare la performance sportiva. Solo ripulendo, senza mezze misure, l’immagine del ciclismo sarà possibile far crescere nuovamente i tesserati e riavvicinare nuove fasce di pubblico (da sempre legato a questa storica disciplina, come testimoniano i numeri del Giro d’Italia).
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