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Diritti tv serie A: MediaPro scuote il mondo del calcio italiano

(di Andrea Ranaldo) – Dopo il flop della prima asta per i diritti TV, andata in scena lo scorso 22 gennaio, l’intermediario spagnolo ha sbaragliato la concorrenza offrendo per il prossimo triennio (2018-2021) 1 miliardo, 50 milioni e 1000 euro: cifra che supera, di appena 1.000 euro, la quota minima fissata dalle venti società di serie A.

Entro 45 giorni l’Autorità Garante delle Comunicazioni si dovrà esprimere sulla correttezza della procedura, messa in dubbio da un ricorso di Sky che accusa l’operatore spagnolo di non essersi attenuto alle regole del bando.

CHI È MEDIAPRO

MediaPro è il secondo gruppo al mondo per eventi sportivi dal vivo, con un fatturato da 1,6 miliardi all’anno e 6.500 dipendenti. Nasce a Barcellona nel 1994, e oggi ha uffici sparsi in 34 città e in 4 continenti. L’operatore catalano è inoltre tra gli artefici del “miracolo economico” vissuto dalla LIGA spagnola, passata da 900 milioni a 1 miliardo e 600 mila euro di diritti TV: numeri che hanno reso il campionato iberico secondo solamente alla Premier League inglese.

UN NUOVO CANALE TELEMATICO DELLA LEGA? DA QUI NASCE IL RICORSO DI SKY…

Parallelamente all’asta di assegnazione, MediaPro avrebbe avviato anche una trattativa privata con la Lega Serie A per realizzare uno o più canali tematici ufficiali della Lega, proponendosi come curatore sia degli aspetti tecnici, che della parte editoriale. Da qui nascono le contestazioni di Sky: MediaPro, a rigore di bando, si è infatti presentato come un intermediario indipendente, e non come un operatore media alla stregua di Sky e Mediaset, e dovrebbe limitarsi a rivendere i diritti TV, sotto forma di pacchetti, a operatori televisivi, delle telecomunicazioni o di Internet.

Sky ha inoltre chiamato in causa l’Antitrust poiché il monopolio di MediaPro viola la cosiddetta “No Single Buyer Rule” della Legge Melandri, regola che impedisce a un singolo soggetto di detenere, in esclusiva, tutti i diritti della Seria A.

ANDREA ZAPPIA A.D. SKY ITALIA

FINE DEL DUOPOLIO SKY-MEDIASET?

In attesa che Agcom e Antitrust si pronuncino, è certa la fine del duopolio Sky-Mediaset. Se l’emittente della famiglia Berlusconi mantiene, per ora, una linea attendista, memore di un asset, quello del calcio, che tra Serie A e, soprattutto, Champions League non ha prodotto i frutti sperati, il colosso di Murdoch è consapevole che, per mantenere il ruolo di emittente leader degli eventi sportivi, non può permettersi il lusso di perdere le immagini della Serie A.

MediaPro, dal canto suo, ha dichiarato di essere aperto al dialogo con tutti, avendo come unico obiettivo il tifoso: “Per noi – dice Taxto Benet, socio del gruppo – “è cruciale l’abbonato: vogliamo che chi si abbona possa vedere tutte le partite su ogni piattaforma o schermo possibile”.

Parole che aprono il campo a nuovi interlocutori: se appare scontato un interessamento di TIM, già main sponsor della Serie A, a intrigare in queste ore è il possibile coinvolgimento di piattaforme online come Amazon Prime e Netflix.

Torino, Gennaio 2014. Incontro Juventus – Roma.

 COSA CAMBIA CONCRETAMENTE PER I TIFOSI

Nonostante le diatribe dialettiche, è molto probabile che sia Sky che Mediaset, alla fine, trovino un accordo per trasmettere il prossimo campionato di Serie A. Remota, invece, la possibilità che una maggiore concorrenza significhi anche un adeguamento dei prezzi: se è vero che potrebbero nascere offerte online più vantaggiose, è quasi scontato che entrambe le emittenti, forti di una copertura giornalistica 24 ore su 24, manterranno inalterati i costi dei propri pacchetti.

A cambiare, sarà probabilmente la struttura della competizione: il cosiddetto “campionato spezzatino”, tanto temuto dai puristi e da alcuni addetti ai lavori, sembra essere la soluzione proposta da MediaPro per aumentare i ricavi. Non basta, dunque, l’attuale standard della Serie A, che già prevede due partite di sabato e almeno tre fasce orarie di domenica: l’ipotesi più plausibile è che le partite del venerdì e del lunedì possano non essere più un’eccezione dettata dalle coppe, ma diventare la regola.

 

 

 

 

 

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