Diritti tv – Sistema serie A e Premier league a confronto
La scorsa settimana abbiamo pubblicato l’analisi “Diritti TV Serie A: ecco la simulazione aggiornata per la stagione 2012/2013“, che è stata poi ripresa da Tuttosport il 26 ottobre 2012 nonché da vari altri siti italiani, su tutti da “Blog-In Dentro lo sport“ di Simone Salvador.
L’amico inglese Ed Thompson (@edthompsn), l’editor del sito Financial Fair Play, ci ha contattato ed ha realizzato un’interessante analisi, mettendo in relazione i criteri utilizzati dalla Serie A italiana e quelli della Premier League, per provare a capire che cosa accadrebbe:
- se la Premier League adottasse il criterio di ripartizione italiano
- se la Serie A adottasse il criterio di ripartizione inglese
Ricordiamo, rapidamente, i criteri che vengono usati:
La Serie A prevede che il valore netto dei diritti (le REN) vengano divisi fra le squadre secondo i criterio:
- 40% in parti uguali;
- 30% sulla base del bacino d’utenza (25% sulla base dei sostenitori e 5% sulla base della popolazione residente nel Comune in cui gioca la squadra);
- 30% sulla base dei risultati ottenuti dalla squadra (5% sulla base dei risultati della stagione, 15% sulla base dei risultati del quinquennio precedente, 10% sulla base dei risultati storici dal 1946/47).
La Premier League, invece, distingue fra i ricavi nazionali e quelli esteri, e provvede a dividerli in maniera diversa:
La quota nazionale (il 61% del totale) è divisa come segue:
- il 50% in parti uguali;
- il 25% a seconda del numero di volte che un Club viene trasmesso live;
- il 25% a seconda della classifica dell’anno.
Il risultato è che la quota complessiva di diritti che vengono attribuiti in maniera uguale ad ogni squadra della Premier League è complessivamente pari al 70% del totale.
La preponderanza del criterio “solidale” in Premier League è apprezzabile immediatamente da questa tabella di confronto:
Fonte: Tifoso Bilanciato e Financial Fair Play, valori in Euro
Come osserva Ed Thompson,
Nonostante il piatto italiano sia inferiore del 22% rispetto alle entrate TV della Premier League, la Juventus riceve 27,4 milioni di Euro in più del Manchester City. AC Milan ha ricevuto 12,5 milioni di Euro in più dei club di Manchester. I club posizionati fra la 3a e la 6a posizione ricevono circa la stessa per le due leghe. La vera disparità è nelle squadre dal 7 ° posto in giù: il Wolves riceve il doppio dei ricavi TV rispetto alla più bassa in Italia e la metà delle italiane riceve circa 21,1 milioni di Euro a stagione in meno delle loro controparti inglesi.
Effettivamente, mentre la differenza fra il Manchester City ed il Wolves è di 1,5 volte, in Italia la Juventus ottiene 4,2 volte il fatturato del Pescara.
Il sistema italiano applicato alla Premier League
Ma vediamo cosa accadrebbe se la Premier League adottasse il criterio di suddivisione dei ricavi italiano:
Fonte: rielaborazione su dati www.financialfairplay.co.uk
Cinque delle prime sei squadre avrebbe guadagnato in modo significativo con il sistema italiano. L’unica eccezione è il Manchester City che probabilmente ha la più bassa base nazionale di supporter rispetto agli altri top team. Arsenal e Man Utd potrebbero ottenere il massimo dell’incremento grazie alla loro grande base di supporter su base nazionale. L’Arsenal hao anche il vantaggio di venire da una grande città ed hanno risultati storici molto buoni.
All’altro estermo, ad eccezione dell’Aston Villa, tutti i club sotto l’ottava posizione riceverebbero di meno con il modello italiano. l’Aston Villa guadagnerebbe grazie al punteggio molto nel criterio dei Supporter, alla provenienza da una grande città e un buon punteggio derivante dai risultati del dopoguerra. I grandi perdenti sarebbero lo Swansea – con una riduzione di quasi 26 milioni di Euro – e finirebbero per essere la squadra meno premiata, nonostante la loro buona posizione in campionato della scorsa stagione.
Il sistema inglese applicato alla Serie A
Altrettanto interessante, ai nostri occhi, è verificare come cambierebbe la distribuzione dei diritti TV in Serie A se anche noi adottassimo il criterio della Premier League.
Per farlo dobbiamo innanzi tutto suddividere il monte ricavi (le REN) fra quota nazionale ed internazionale: la prima pesa per 834 milioni di Euro, la seconda per 116 milioni di Euro.
La quota nazionale viene quindi suddivisa come abbiamo precedentemente descritto: il 50% in parti uguali, il 25% sulla base delle presenze TV ed il 25% sulla base della classifica dell’anno precedente. Nel nostro caso, poiché l’utilizzo del criterio dei passaggi televisivi live non è applicabile all’Italia (tutte le partite sono in diretta) si è ipotizzata una media ponderata fra una ripartizione in parti uguali (5%) e quella derivante dal numero di supporter.
Ecco il risultato, con la differenza rispetto all’attuale ripartizione:
Il riequilibrio dei ricavi fra le squadre sarebbe importante. Se, attualmente, la Juventus percepisce una quantità di denaro pari a 4,2 volte quelle del Pescara, questo rapporto scenderebbe fino al 1,9.
E’ chiaro che una tale ripartizione produrrebbe delle conseguenze molto importanti sull’assetto della Serie A, oltre a mettere in seria difficoltà il rispetto dei criteri del Financial Fair Play, che già in questo momento sono un problema.
Se osserviamo, però, gli altri 3 principali campionati europei, a parte La Liga spagnola (che ha un sistema di ripartizione ancora meno equo di quello della Serie A), sia la Bundesliga tedesca che la Ligue 1 francese hanno un sistema di ripartizione che tende a prevedere una quota rilevante dei diritti distribuiti in parti uguali e la differenza essenzialmentedipendente dai risultati sportivi più recenti.
Due le obiezioni di fondo delle grandi squadre :
- i diritti televisivi provengono dall’audience che le pay tv contano di raggiungere con la trasmissione degli eventi, quindi è corretto che le squadre che hanno un seguito maggiore vengano premiate in maniera più che proporzionale alle altre;
- una contrazione dei ricavi da diritti televisivi porterebbe una diminuzione di competitività delle squadre italiane in Europa, minori ricavi UEFA ed un conseguente progressivo impoverimento del campionato di Serie A.
Sul primo punto si potrebbe, provocatoriamente, obiettare che anche se si facesse un campionato a 5/6 squadre l’interesse scemerebbe e che, quindi, l’effetto di contrazione dei ricavi si avrebbe lo stesso; ma, probabilmente, il prodotto “grande squadra” sarebbe comunque venduto.
La realtà dei fatti è che questa grossa differenza impone, di fatto, uno status quo al campionato di Serie A, con la sostanziale impossibilità da parte di una squadra “media” di vedere premiato un risultato annuale significativo e di trarre risorse economiche per proseguire un cammino di progressiva crescita.
Sul secondo punto, invece, il ragionamento è molto più debole. Intanto perché, proprio come nel caso della Premier League, le nostre squadre top stanno già incassando molto di più delle loro rivali europee. Eppure, i risultati in campo UEFA non sono così gratificanti.
Secondariamente perché le altre nazioni stanno progressivamente migliorando il proprio coefficiente UEFA (sia nazionale, sia delle singole squadre) probabilmente perché anche le medie, quando si trovano a partecipare ad una competizione europea, sono sufficientemente dotate di risorse economiche per assicurare la costruzione di una rosa dignitosa. Le squadre italiane, invece, spesso e volentieri falliscono miseramente. E questo provoca un danno a tutto il sistema e previene da ulteriori ricavi (ricchi!) disponibili per chi partecipa alle competizioni UEFA, in particolare alla Champion’s League.
Concludiamo riportando le osservazioni finali del nostro amico Ed Thompson:
In Italia, il premio per il raggiungimento di una posizione di alta classifica è solo il 5% del budget totale, per cui sarebbe necessario un proprietario con disponibilità economiche importanti per finanziare un club di medie o piccole dimensioni nell’attesa di raccogliere la ricompensa finanziaria per il successo del proprio club. In Italia i premi non sono così istantanei, con pagamenti in corso sulla base di elementi che richiedono molto tempo per cambiare (ad esempio i ‘sostenitori’ nazionali, i risultati dei 5 anni e le posizioni dal dopoguerra). Tuttavia, in Premier League un club viene premiato quasi istantaneamente attraverso le regole del “Merit payment” e del “Facility Fee“.
È interessante notare che l’equità della distribuzione delle risorse TV rende in realtà la Premier League molto più attraente per un potenziale proprietario. Se avessimo una distribuzione meno egualitaria dei fondi TV, probabilmente avremmo avuto meno ricchi investitori che scelgono di investire il loro denaro in club come il Fulham, QPR, Stoke e Bolton.
Visto che anche in Italia, spesso, invochiamo il ricco mecenate proveniente dall’Oriente (che sia Russia, Medio Oriente o Cina), siamo sicuri che gli effetti di breve e medio periodo (quelli di lungo li stiamo già sperimentando …) non siano opposti a ciò che si riteneva di voler raggiungere?
Oppure, ed è uno scenario altrettanto plausibile, non vi è una vera visione strategica di insieme (inteso come “sistema calcio”) ma una difesa da parte del più forte di uno status quo. Che per ora lo protegge. Ma che potrebbe anche danneggiarlo in futuro.
(questo post è stato realizzato in collaborazione con @edthompsn, la versione originale può essere trovata suwww.financialfairplay.co.uk)
Ancona una volta il portale “Tifoso Bilanciato” ha messo in campo una interessante simulazione su come il sistema italiano e inglese del calcio potrebbe essere modificato se venisse applicato nella Premier league la formula italiana di ripartizione dei diritti audiovisivi e viceversa. Alla simulazione ha contribuito anche il supporto tecnico del blogger inglese Ed Thompson di Financialfairplay.co.uk.
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