Editoriale 2 – Fair play finanziario/2
Fair play finanziario: dentro o fuori entro il 2017. Cartellino “rosso” in Champions per le società con i conti in deficit. Il nuovo sistema di gestione dei club dell’Uefa non piace alla lobby dei procuratori
di Marcel Vulpis
Parola d’ordine: ridurre i costi del pianeta-football. Tutti i top club di calcio promettono, ad inizio stagione, di non fare follie e di far quadrare i conti, ma alla fine il Circus del calciomercato è uno schiacciasassi globalizzante.
Il valore di bilancio relativo alle voci salari, stipendi di calciatori e allenatori, è pari al 60–65% del monte-ricavi aziendale (solo la Bundesliga tedesca si attesta sotto il 50%). Negli ultimi anni questo stile gestionale ha prodotto in tutta Europa 1,2 miliardi di euro di indebitamenti di medio e lungo periodo.
Un “rosso” che rischia di far saltare il banco e azzerare molti dei più importanti marchi calcistici del Vecchio continente.
Real Madrid e Manchester City (e, da quest’anno, il “rigenerato” Paris Saint-Germain), per esempio, continuano ad acquistare campioni a suon di milioni di euro, forti del sostegno delle banche (nel caso degli spagnoli) o dei fondi sovrani emiratini (nel caso dei britannici o dei francesi), ma questo sistema non ha futuro, e, soprattutto, non consente una concorrenza reale tra i diversi club. Alla fase finale delle competizioni accedono sempre gli stessi nomi. Non c’è ricambio; praticamente non c’è possibilità di crescita per le società di medie dimensioni.
Il progetto Uefa di Platini ha come scadenza il 2017/8
“Con le nuove regole legate al fair play finanziario proteggeremo il business di Roman Abramovich, Massimo Moratti e Malcolm Glazer. Sono sicuro che vogliono vendere, ma chi comprerebbe club con tanti debiti? Chi sarebbe così stupido?”. Ad aver fatto questa dichiarazione è Michel Platini, numero uno dell’Uefa, che, da tempo, stigmatizza i comportamenti di molti presidenti di calcio, che, a vario titolo, spendono e spandono rincorrendo il miraggio della popolarità o gestiscono le perdite passando anche per benefattori.
Per Platini, ex icona della Juventus di Gianni Agnelli, il principio regolatore dell’intero sistema deve essere, invece, l’equilibrio del conto economico. I club dovranno muoversi sul mercato come delle vere e proprie aziende. Si spenderà solo se i conti saranno a posto.
E’ il cosiddetto fair play finanziario, per adesso solo sulla carta, ma destinato a diventare legge entro e non oltre la stagione calcistica 2017/2018.
Di fatto, il progetto di Platini è diventato operativo lo scorso 27 maggio 2010 e verrà strutturato in tre fasi distinte: 2011/2014, 2014/2017 e appunto 2017/2018.
Nel primo triennio 2011/14 (bilanci di esercizio 2011/12, 2012/13, 2013/14) i club di calcio europei potranno determinare una perdita di bilancio complessiva fino al valore massimo di 45 milioni di euro, da ripianare solo con aumenti di capitale sociale o donazioni. Nel secondo triennio 2014/17 bilanci di esercizio 2014/15, 2015/16, 2016/17) la perdita di bilancio consentita sarà fissata nel valore massimo di 30 milioni di euro. La terza fase relativa al bilancio 2017/18 sarà finalizzata ad ottenere il valore del bilancio societario in pareggio. Nella determinazione delle perdite societarie non saranno quantificate come spese negative quelle relative alla stadio, settore giovanile e progetti sociali. Chi investirà in questi settori quindi sarà premiato, soprattutto nel medio-lungo periodo. Non si potranno effettuare operazioni temporanee di finanziamento soci, perché andrebbero ad indebitare la società di calcio e un pool di esperti vigilerà sul rispetto delle regole di applicazione del fair play finanziario. In caso di eventuali violazioni, infine, si instaurerà un procedimento davanti all’organo disciplinare Uefa. Quest’ultimo potrà infliggere ai club inadempienti penalizzazioni di punti e l’esclusione dai tornei di calcio (Champions league o Europa league, la ex Coppa Uefa).
Perdere gli introiti della Champions corrisponde al “coma” finanziario dei club
In gioco, soprattutto per i top club, un “tesoretto” di potenziali ricavi compreso tra i 35 e i 60 milioni di euro, se si accede alla finale e si conquista il più importante trofeo continentale per club. Nessuna società di alto livello può permettersi di rinunciare a questi introiti. Un’esclusione dalla Champions può produrre un effetto a catena del valore di oltre 100 milioni di euro, nel passaggio a vuoto dall’Europa al semplice ambito domestico.Il vero “nemico” del progetto di Platini è l’universo dei procuratori di calcio. Il business attuale è nelle intermediazioni a nove zeri. Si spostano infatti i pezzi più pregiati, da un campionato all’altro, a suon di milioni nel minor tempo possibile. Poco conta se, poi, i presidenti dei club lamentano di essere, quasi tutti, in rosso. Fino ad oggi è stato così, cambiare ridurrebbe drasticamente i guadagni di questa categoria. “Roi” Michel Platini, pertanto, potrebbe cadere proprio sull’onda di un sistema, che vede il progetto del fair play finanziario, più come un elemento di disturbo, che come una reale opportunità di sviluppo per il calcio internazionale. Tra sette anni la risposta a questo scenario, non troppo lontano dalla realtà.
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