Editoriale – Candidature italiane per i Giochi2020. C’è spazio solo per un progetto credibile!
Come Sporteconomy siamo perfettamente in linea con le scelte del Coni e del suo numero uno Gianni Petrucci (nella foto). E come non esserlo, visto che l’alternativa (non intervenendo in tempo) era la solita figuraccia su scala internazionale.
Ormai uno sport nello sport nel nostro BelPaese.
Una cosa è certa. Mai prima d’ora il Coni aveva stilato un "decalogo" per le città interessate a candidarsi. Una sorta di bignami per chi, fino a oggi, non ha avuto neppure il tempo di leggere la Carta Olimpica (bastava forse anche telefonare al Coni per capire dove si stava sbagliando). E, invece, tutti all’arrembaggio pur di annunciare Roma, Venezia, Palermo e Bari città candidate (solo la Capitale e Venezia hanno, però, inviato la lettera ufficiale del sindaco al presidente del Coni).
Il caso più emblematico è quello di Palermo. Candidatura lanciata e promossa davanti ai media capitolini dal governatore Lombardo con un logo a forma di "P" abbinato ai cinque cerchi olimpici e al titolo di "applicant city". Una "bestiario" di errori, o, forse, di orrori.
Per prima cosa gli "amici siciliani" devono ricordarsi che è il sindaco della città a candidare il territorio non il governatore. Secondo nessun comitato promotore, finquando non riceve l’investitura dal Coni, può utilizzare il titolo di "applicant city". Nè può utilizzare nella propria comunicazione il logo dei cinque cerchi olimpici. Questo è assolutamente vietato e (forse) il sindaco di Palermo riceverà una lettera di diffida dallo stesso Cio (pur non avendola direttamente candidata). Un finale perfettamente pirandelliano.
Bari, dopo i primi annunci, è in una fase di attesa. Petrucci ha confermato, durante la Giunta, di non aver neppure capito se il capoluogo pugliese è realmente interessato o meno a presentare un progetto per i Giochi del 2020.
Venezia è la città più interessata a candidarsi per vincere, ma lo stato dell’arte dell’impiantistica (tutta da costruire) è il tallone d’achille di questo progetto. Per i lagunari non è così, ma Petrucci (ovvero chi deciderà alla fine il nome della città italiana insieme con la commissione di lavoro della Giunta Coni) la pensa nella direzione opposta. Difficile capire come faranno a convincerlo del contrario. Ma nella vita tutto è possibile. Esistono anche i miracoli.
Al di là del decalogo, delle dichiarazioni ufficiali, il sorriso cortese di Petrucci a una nostra domanda, mentre sfila tra i giornalisti romani, su chi realmente può farcela vale già il nome del vincitore. E non ci vuole un genio per capirlo! Noi crediamo che non cambieremo città nel 2020, altri forse dovranno già prenotare l’albergo (sempre che sia la candidata italiana a vincere in ambito internazionale nel prossimo luglio 2013).
"Tutti hanno diritto a candidarsi, ma la candidatura deve essere credibile e i progetti presentati devono avere una base di partenza concreta. Non si può dire solo "tra 10 anni farò questo o quello" è troppo generico". Così parlò Gianni Petrucci, numero uno del Coni (nella foto il logo del Comitato Olimpico Nazionale italiano), che, ieri mattina, ha piantato i primi "paletti" per evitare che il numero delle candidature per i Giochi 2020 possa proliferare oltre misura. "L’Italia ha un’immagine internazionale, non possiamo perderla con candidature poco credibili". In questa frase c’è la sintesi del Coni-pensiero. Adesso tocca alle città italiane interessate decidere se andare avanti o persino desistere, per evitare brutte figure.
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