Editoriale – “Forse è arrivato il momento di ritirarsi per Venezia2020”
Poi arrivò la notizia che Roma avrebbe corso insieme a Bari e Palermo (scartate in poche settimane dallo stesso Coni) in questa gara inizialmente a quattro. Di fronte a una simile notizia, in un Paese normale, la città di Venezia avrebbe dovuto chiamare il Coni e annunciare il proprio ritiro. Perchè, campanilismi a parte, l’impatto mediatico, il brand positioning della città, le strutture già esistenti di Roma non permettono una sfida con nessun’altra metropoli tricolore (ad eccezion fatta di Milano).
La vittoria di Roma era ed è già certa. Non servono esperti di media, marketing o lobbying per capirlo. Basta un pizzico di buon senso. Siccome, però, un sogno è un sogno, abbiamo aspettato per capire quale sarebbe stata l’idea innovativa di Venezia2020. E l’idea è arrivata subito: coinvolgere gran parte del territorio veneto (da Mestre a Padova e via discorrendo). Invece di abbreviare i tempi di percorrenza dei visitatori si è andati nella direzione opposta.
Praticamente una gincana olimpica più che una passeggiata per il povero turista a cinque cerchi. Abbiamo aspettato ieri di vedere però la risposta di Roma. E la risposta è arrivata: individuare un’area la più ristretta possibile dove muoversi velocemente da un impianto all’altro.
Anche in questo caso non c’è stato bisogno di un genio per capire che era l’unica possibilità reale da percorrere, senza cercare innovative soluzioni in contrasto con il "buon senso" dei vertici del CIO.
Poi è arrivata la lista delle aziende pubbliche e private di Roma2020. La lista è altisonante (FS, Alitalia, Bulgari, Api, gruppo Caltagirone, RDS, Lottomatica, ecc.), forse anche eccessiva per certi versi, ma il messaggio lanciato ieri da Piazza di Pietra (sede della Cameria di Commercio di Roma) è ben chiaro: "..Venezia2020 ritiratevi prima del tempo. Evitate di essere annichiliti".
Sempre con il buon senso il sindaco di Venezia, il prof. Massimo Cacciari, dovrebbe avere l’onestà intellettuale di alzare quella cornetta e di telefonare a Petrucci, perchè si può perdere in un’agone, ma non per inferiorità manifesta. Questo Venezia e il Veneto sinceramente non lo meritano.
Anche perchè il boomerang di questa operazione, proprio sotto regionali, arriverà, prima o poi, per i suoi promotori.
Roma2020 ha fatto sapere ieri, per esempio, che sarà il comitato promotore delle aziende pubbliche/private a pagare i conti di tutte le iniziative. E Venezia? Al momento noi di Sporteconomy non l’abbiamo capito, ma a naso ci sembra che la risposta ce la possa dare solo il sindaco Cacciari.
Una volta persa la sfida ufficialmente, qualche cittadino potrebbe chiedere al primo cittadino: "Ci scusi sindaco, ma alla fine quanto è costata e a che cosa è servita realmente?". Speriamo solo che siano soldi privati. Sarebbe oneroso per la collettività veneta il contrario.
Dal sindaco di Venezia, comunque, ci aspettiamo una risposta a questo editoriale e sarà un piacere pubblicarla, sempre nell’ottica della libertà di informazione, oltre che di accesso.
Un sogno è bello, anzi bellissimo, a priori, purché non si trasformi in utopia. Come Sporteconomy seguiamo da diversi anni i progetti olimpici delle diverse città candidate straniere che si contendono a colpi di milioni di euro il titolo di host-city olimpica. Quando uscì il nome di Venezia come progetto per i Giochi del 2020 corremmo subito a capire quanti erano, ad esempio, gli impianti già disponibili nell’area di Mestre-Venezia. La risposta fu: zero. Una risposta che ci lasciò molto perplessi, ma ogni sogno ha il diritto di essere perseguito, a priori.
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