Editoriale – Lo sport italiano ha bisogno di dosi massicce di democrazia. Come devono cambiare CONI e la galassia delle federazioni.
Fatta salva questa premessa, peraltro importante, invito Malagò a pensare un po’ meno a Barelli (visto che, per “atto dovuto”, le carte sono sul tavolo della procura di Roma) e un pò di più alla modernizzazione di questo sistema dello sport. Perché questo dipende in buona parte da lui e non certamente da parte di Barelli (o almeno solo in quota residuale in quanto membro Giunta).
Sarebbe bello, per esempio, che ci fosse una norma che rendesse visibili (online) i conti del CONI e delle nostre amate federazioni. Con voci ben distinte e non accorpate come adesso e magari anche con la specifica delle fatture emesse e/o pagate. Il tutto sui siti di pertinenza. Questa si chiama “trasparenza”. Parola ormai sconosciuta ai più, ma, talvolta succede (vedi il caso del comune di Firenze, guidato fino a poche settimane fa da Matteo Renzi). Se lo fa il comune di Firenze, perché non lo può fare la “galassia” Coni e le sue consorelle (ovvero le federazioni riconosciute)?
Qualcuno potrebbe obiettare: eh caro Direttore, ma ci sono le società di revisione dei conti, che facciamo non ci fidiamo?
La risposta è: anche la FIN aveva e ha una società di revisione di conti eppure non andava bene lo stesso (vista l’operazione di audit esterna messa in campo dal CONI attraverso Ernst&Young).
Allora presidente Malagò attiviamoci perché questa mia proposta diventi un giorno realtà – perché attraverso la pubblicazione di tutti i costi/ricavi online ci possa essere un controllo puntuale di tutti, visto che i contributi CONI, è bene ricordarlo, arrivano dalla mano pubblica, ergo dalle tasse e quindi dalle nostre tasche.
Iniziamo anche a rendere visibili online, in diretta streaming, tutte le discussioni della Giunta Coni. Possiamo vedere su Sky o Rai le consultazioni di un premier come Matteo Renzi con Beppe Grillo; perché non possiamo ascoltare cosa vi siete detti ieri nelle vostre stanze? Anche su questo gradirei una risposta.
Last but not least: attivare un più allargato processo democratico di voto nell’elezione del presidente del CONI.
Ho partecipato a tutte le sue riunioni elettorali e l’ho sostenuta e mi ricordo che, più volte, lei si lamentava del fatto che il sistema fosse antico, per non dire medievale. Appena 76 elettori (una vera e propria oligarchia sportiva) e che sarebbe stata una impresa eroica superare Pagnozzi, visto che loro, al tempo, erano di fatto il “banco”. Oggi è lei il “banco”. Glielo chiedo da addetto ai lavori e da giornalista: non faccia lo stesso errore dei suoi predecessori. Passi dalle parole ai fatti, ma subito non tra 20 anni.
Sia “cinetico” come Renzi. Non basta cambiare il logo del CONI per dire “siamo moderni”.
Le chiedo piuttosto di abbattere questo sistema, di dare un voto ad ogni tesserato. Sia rivoluzionario, non si faccia uccidere dallo stesso sistema che voleva sconfiggere.
Se nel 2016, post RIO, vedrò gli stessi 76 elettori (ma fossero anche 250 non cambierebbe di molto), non le batterò le mani. Perché avrà perso la sua più grande battaglia: poteva modernizzare lo sport e non ha centrato l’obiettivo. Sa che sono schietto (pure troppo), ma questa è la differenza tra chi incide e chi non lascia nulla ai posteri. E il nostro ruolo, come giornalisti, se mi permette, non è attendere i membri giunta CONI al termine delle riunioni (non a caso non vi ho partecipato), ma spronarvi a fare, essere i “watch-dogs” del sistema.
E a conferma delle tesi sopra esposte ecco come “memo” per chi l’avesse dimenticata, l’inchiesta dell’Espresso sulla “casta” dello sport italiano. Una analisi impietosa a tutti i livelli. Riscirà il presidente Giovanni Malagò ad intervenire? Speriamo. Nel frattempo, però, è bene ricordare che sono passati più di 2 anni da questa inchiesta e poco è realmente cambiato. Proprio per questo è tempo di intervenire. Non c’è più spazio per la “melina”.
(di Marcel Vulpis) Dei litigi interni tra FIN (Barelli) e CONI (Malagò) non tratterò in questo editoriale, se non marginalmente, perché mi rattristano e sono lo specchio dello sport di cui, oggi, lo stesso Malagò, è motore centrale (nel suo ruolo di presidente). In attesa che la querelle tra i due, iniziata già durante i fasti di Roma2009 (Mondiale di nuoto), trovi una risposta finale da parte del giudice (ovvero: rinvio a giudizio, eventualmente, o archiviazione perché il fatto non sussiste), prendo per buone le dichiarazioni di entrambi dell’altro ieri, ma, certamente, non abbiamo assistito ad una bella figura, anche perché, a leggere il comunicato FIN, adesso qualcos’altro potrebbe succedere. Rischiamo così di non uscire più dallo “stagno” che si sta venendo a creare dalle parti dell’Olimpico.
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