Editoriale – Razzismo: i buu contro Boateng, nuova pagina nera per il calcio italiano
”E’ colpa soprattutto di quattro deficienti”, ha tuonato successivamente Gigi Farioli, sindaco di Busto Arsizio, “magari anche di quattro professionisti che non hanno saputo fare il loro lavoro, intendo arbitro e alcuni giocatori”: definendo ”impropria” la reazione di Boateng che ”tira un pallone a 200 kmh contro un tifoso”.
Farioli ha spiegato che era allo stadio, seduto di fianco al ds del Milan Braida, ”e dalla tribuna non ho sentito nulla. Mi hanno detto – spiega – che ci sono stati tre-quattro pirla che forse non sono neanche di Busto che hanno gridato qualche buu ai giocatori”. Ma, prosegue, ”l’arbitro ai primi segnali doveva fermare il gioco, chiamare i capitani e avvisare tramite lo speaker che al buu successivo la partita sarebbe stata sospesa definitivamente”. ”Se questi professionisti avessero svolto il loro ruolo non sarebbe stata rovinata una festa che a quel punto non poteva piu’ continuare – prosegue – Boateng ha tirato il pallone a 200 all’ora su tifoso, e sappiamo tutti che un fallo di reazione di un professionista è sanzionato molto peggio rispetto a un fallo di gioco e che in qualunque altro stadio d’Italia sarebbe stato espulso. Ma se fosse stato al Bernabeu o a San Siro non avrebbe avuto questa reazione impropria”. La societa’ Milan ”si è comportata benissimo” e altrettanto hanno fatto ”il 99% dei tifosi di Busto che hanno dato un esempio di alta moralit e di etica, applaudendo i giocatori mentre uscivano dal campo. E’ giusto che sia stato dato un segnale”.
A questo punto mi chiedo: ma dove realmente siamo finiti. Da un lato subumani che scambiano lo stadio per una arena per sfogare le proprie frustrazioni e insicurezze, dall’altro un primo cittadino, che “involontariamente” (forse perché non avvezzo a fornire simili dichiarazioni all’Ansa) che alla fine sembra quasi colpevolizzare Boateng, per essersi permesso di arrabbiarsi. Veramente siamo alla fiera dell’assurdo. E poi sempre queste dichiarazioni che si ripetono tristemente ogni qualvolta si assiste a qualcosa di simile: “Erano 4 pirla”.
La voglio dare per buona. Ma allora perché caro signor sindaco e signor presidente della Pro Patria queste persone però erano sedute sugli spalti. Se fossero veramente “4 pirla” domani non dovremmo più vederli e invece se non ci fosse almeno lo “spaventapasseri” del DASPO questi subumani se la comanderebbero comodamente seduti con Coca-Cola e chips. Siamo sinceramente stanchi di vedere azioni vili di questo livello. Busto Arsizio meriterebbe di finire sulle pagine di cronaca per altri esempio molto più significativi, su questo rifletta il sindaco e magari il responsabile delle politiche sociale, perché, forse, un “programma” nelle scuole per contrastare il razzismo male non farebbe.
Siamo stanchi di vedere giocatori “ostaggi” di pseudo-tifosi che li minacciano fino ad arrivare a chiedere loro le maglie (il caso di Genoa è sotto gli occhi di tutti), siamo stanchi di vedere delinquenti che girano per le strade antistanti gli stadi con coltelli o altri che si permettono di aggredire un pullman di tifosi (chissà perché poi sempre del Milan) prima di Roma-Milan con asce e molotov. Cosa aspettiamo prima di intervenire, un altro morto? La verità è solo una: se fossimo in Inghilterra, i “4 pirla”, come li ha chiamati il sindaco di Busto Arsizio, sarebbero stati già individuati con le telecamere (presenti anche negli stadi di terza divisione, come nel caso del Pro Patria), già consegnati alla giustizia e domani mattina avrebbero ricevuto una pena pecuniaria esemplare, oltre a non poter più seguire una partita per anni interi. L’Inghilterra è un Paese civile, con regole che vengono rispettate da tutti e nessuno si lamenta e nessun sindaco britannico avrebbe fatto simili dichiarazioni, l’Italia invece è sempre più vicina a un triste e tetro MedioEvo.
fonte: www.formiche.net
Al 25imo del primo tempo di una amichevole tra Pro Patria e A.c. Milan sul campo dei biancoazzurri il calciatore rossonero Kevin Prince Boateng raccoglie la palla con le mani, si gira verso gli spalti e calcia il pallone verso la gradinata. Bersagliato da una selva di “Buu” e di fischi razzisti (indirizzati a lui ma anche ai compagni Niang, Emanuelson e Muntari) si toglie la maglietta e viene seguito nello spogliatoio dai suoi compagni. Questa è la fredda cronaca di una giornata pietosa che vede sempre più il calcio come vetrina di questa nuova razza subumana composta da pseudo-tifosi travestiti da “football fans”.
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