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Editoriale – Sul caso Unicredit-DiBenedetto-AsRoma c’è bisogno di maggiore chiarezza…

Mr. Di Benedetto, non è questo che ci aspettiamo da lei, anche perchè in America l’informazione giornalistica è una cosa molto seria e non credo che nel suo Paese si sarebbe comportato allo stesso modo. Ha scontentato tutti per regalare pochi minuti (tra l’altro sfruttati male in alcuni casi) di celebrità al giornalista/testata di turno. Mentre l’unica cosa che doveva fare non l’ha ancora fatta: presentarsi in conferenza stampa, aperta a tutti, alla stampa romana/nazionale (sportiva ed economica). Non sappiamo nulla di lei. Un giorno ci dicono che è azionista di minoranza del Fenway Sports group, quasi a certificare la bontà dell’operazione, poi i suoi stessi legali ci fanno sapere tramite l’Ansa che non c’è alcun problema per le prossime coppe europee della Roma. Questo cosa vuol dire? Che lei, per esempio, non è azionista di un importante gruppo come l’ex Nesv (oggi titolare della proprietà del Liverpool)? E questa è solo una delle 30-40 domande che i giornalisti italiani le vorrebbero porre. Anche perchè ci chiediamo: qual è la ragione per non farlo? Non le chiederemo come è strutturata l’operazione di acquisto della Roma (questa domanda magari gliela faremo post 20 aprile), ma vorremmo che lei si presentasse a noi della stampa per farci capire l’imprenditore-DiBenedetto e, soprattutto, la bontà dei soci della cordata attualmente in essere. Non credo che sia chiedere troppo e non credo che si possa tirar fuori, ancora una volta, la leggenda metropolitana della “riservatezza” sbandierata da tutti i soggetti coinvolti in questa operazione. Va bene tutto, ma presentare se stessi non viola alcun patto di not disclosure agreement, nè crediamo possa dare fastidio alla Borsa, alla Consob e all’Antritust. Anzi, semmai il contrario.

Speriamo che possa accogliere questo cortese invito, anche perchè aprirsi ai media è un segno di forza, il contrario di debolezza. 
Un’ultima cosa. Siamo in Italia e per quanto amiamo da sempre la grande America da noi vigono norme italiane (Boston e il Delaware sono molto lontani dalle nostre frontiere), soprattutto quando si tratta di titoli quotati in Borsa e la “trasparenza a tutela dei risparmiatori” non è un fatto banale, quanto piuttosto il contrario. Pertanto, le regole di riservatezza (in ambito societario) perfettamente valide in alcuni stati a stelle e strisce si sciolgono al sole quando si arriva a Fiumicino. 
Un’annotazione finale: sono perfettamente d’accordo con Jacopo Volpi, vice-direttore di RaiSport. Ho sentito il suo intervento video solo dopo aver scritto questo editoriale. Se anche lui (che non avevo contattato) dichiara che è arrivato il momento di fare una conferenza stampa, forse è veramente il momento di farla. Aspettiamo fiduciosi e le auguriamo comunque di riuscire ad acquistare l’A.s. Roma.

Doveva essere una cavalcata trionfale per le strade di Roma fino a Trigoria, si sta trasformando invece in un “Vietnam” mediatico. E’ la storia della vendita dell’A.s. Roma da parte di Unicredit (con il supporto consulenziale di Rothschild) all’imprenditore americano Thomas Richard Di Benedetto. La stampa romana, ma ancor più nazionale, è spaccata in due e il fronte degli “scettici” è in forte crescita, con il supporto, a sorpresa, persino del britannico “The Guardian” (capace di insinuare dubbi anche nelle menti dei più disponibli). Ora, dopo la giornata dell’uno contro tutti (nel caso specifico il giornalista economico Gianni Dragoni-autore di un monologo anti-DiBenedetto a SkyTG24), serve, però, un momento di riflessione, per non dire di grande chiarezza. E’ arrivato il momento che l’imprenditore a stelle e strisce si renda disponibile nei confronti di tutti e non di pochi (anche se tutte testate più che rispettabili). E’ un cittadino americano, ma in questo viaggio romano è stato già toccato da qualche virus tipicamente italiano: ovvero il donarsi a pochi per gestire, in modo unilaterale, una selezione informativa. 

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Marcel Vulpis

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