Euro2016 – La macchina della FIGC ha chiuso la prima fase della candidatura
La Federcalcio ha chiuso il giro delle dodici città italiane e le visite ai rispettivi stadi da destinare agli Europei del 2016. Solo nove potranno farlo.
La Federcalcio ha stimolato la competizione interna: durerà quattro mesi e individuerà i nove stadi. Poi, il 27 maggio 2010, il board Uefa sceglierà fra i quattro dossier: Francia, Italia, Svezia-Norvegia e Turchia, in ordine di possibilità.
Nei trentacinque giorni di viaggio per l’Italia i dirigenti della federazione hanno offerto una serie di indicazioni alle dodici città del calcio (che rappresentano sedici club, 14 di serie A più il Torino di B e l’Hellas Verona di Prima Divisione). Trascorsi quattro mesi, la Figc sceglierà i nove stadi da presentare, più tre di riserva. Se dovesse scegliere oggi, lascerebbe fuori Genova, Firenze e Bologna. E’ in difficoltà, va detto, anche Udine.
Andiamo con ordine. Dodici città visitate, dodici incontri con sindaci e assessori allo sport insieme ai rappresentanti dei sedici club interessati. Il risultato è che oggi nessuno stadio italiano è nelle condizioni per poter essere presentato per una candidatura europea, tanto più per il primo campionato europeo a 24 squadre. Tra la fine di ottobre e i primi mesi di novembre le amministrazioni (proprietarie degli impianti) e le società (che aspirano a diventare proprietarie dei futuri impianti) dovrebbero annunciare i nuovi progetti e la loro sostenibilità.
Bene, cinque città parteciperanno alla corsa per gli Europei con gli stadi esistenti: Roma, Milano, Bari, Verona e Udine. Due abbatteranno l’impianto e lo ricostruiranno nella stessa sede: Napoli e Cagliari. Cinque punteranno a un nuovo stadio su un’area nuova: Torino, Palermo, Bologna, Firenze e Genova.
L’Olimpico di Roma (stadio candidato all’eventuale finale) e San Siro a Milano hanno bisogno di semplici ristrutturazioni. In tutte e due le città la Federcalcio non ha preso in considerazione i progetti di nuovi stadi, nonostante sia la Roma calcio che la Lazio abbiano prodotto disegni e indicato aree (Aurelia e Tiberina) per realizzare opere di proprietà e l’Inter sia al lavoro per edificare un impianto proprio un chilometro e mezzo lontano da San Siro. Per quel che riguarda il vecchio Meazza, le trasformazioni sono state indicate dall’assessore allo Sport, Alan Rizzi: stadio a cinque stelle che recupererà spazi all’ex Palasport e chiede di ospitare nel 2015, anno dell’Expò, la finale di Champions League, anticipatrice degli Europei.
Degli altri cinque impianti sopravvissuti nei progetti da consegnare ad Abete, tre hanno bisogno di forti ristrutturazioni e cambiamenti esterni (parcheggi, viabilità, vie di fuga, fan zone). Il San Nicola di Bari, costruito per i dissipanti mondiali del ’90 da Renzo Piano, ha sufficiente spazio attorno per soddisfare i rigidi criteri Uefa. Una forte ristrutturazione è immaginata da tempo anche per il Friuli di Udine, dopo che l’Udinese aveva accarezzato la possibilità di un vero e proprio nuovo stadio sullo stesso sedime. Ora si parla di un investimento sull’esistente da 30 milioni: solo la nuova copertura ne costa 21 e venti palchi sono da allestire all’interno. Il Comune chiede un aiuto alla Regione, i finanziamenti potrebbero zavorrare l’intero percorso.
Per il Bentegodi di Verona ci sono due progetti al vaglio dell’assessore Federico Sboarina, figlio del sindaco dello scudetto anni Ottanta: la prima prevede il rifacimento degli spogliatoi, la sistemazione di 40 sky box in tribuna e della zona stampa, la riorganizzazione di tutta l’area esterna. Nella seconda ipotesi, più costosa e gradita alla Figc, s’immagina una riduzione della capienza del Bentegodi: da 39 mila spettatori a 33 mila. Quindi, l’avanzamento degli spalti fino a metà della pista di atletica (inutilizzata da tempo) con l’eliminazione del parterre e la riduzione della distanza degli spettatori dal terreno di gioco. Questo movimento dello stadio verso il campo dovrà essere seguito, a cielo, dalla copertura. Impossibile per ora avanzare ipotesi di spesa.
Due sono gli stadi da abbattere e ricostruire più piccoli e compatti. A Cagliari Massimo Cellino caldeggia – a lungo lo ha fatto contro la volontà del Comune e il guardiano del vecchio impianto, Gigi Riva – l’abbattimento e il rifacimento in sede del Sant’Elia. Il progetto Villarhermosa prevede 25 mila posti, la Uefa ne chiede almeno 30 mila. Il presidente del Cagliari è convinto di farcela con una spesa di 25 milioni, a giorni la risposta del sindaco Emilio Floris.
Sarà raso al suolo anche il cadente San Paolo di Napoli. Ne ha già parlato il presidente Aurelio De Laurentiis: nessun nuovo impianto a Ponticelli o Scampia, si rifà e trasforma il mausoleo da 77 mila posti. Investirà il club per tirare su uno stadietto da 45 mila posti. Entrambe le amministrazioni – Cagliari e Napoli – potrebbe adottare questo metodo: spendono i privati e alla fine lo stadio è loro. Grandi saldi in vista.
Ci sono, poi, i cinque stadi nuovi. In costruzione o da costruire in aree nuove. L’unica certezza è il futuro Delle Alpi di Torino, lavori in corso da aprile. Sono stati già venduti, a prezzi cari, i posti migliori. Il fine cantiere è stato ancora retrodatato: da luglio a maggio 2011. Insieme ai vecchi Olimpico e San Siro, il futuro stadio della Juventus è la terza certezza dell’intera operazione "Euro 2016".
Procede con decisione Maurizio Zamparini: addio al fatiscente Barbera di Palermo, il nuovo impianto nascerà sulle ceneri del velodromo Borsellino. Occorrono 130 milioni. Il presidente del Palermo confida in una grossa operazione commerciale di contorno, che le giunte regionali e comunali non vogliono ostacolare.
Appare più complicato il progetto Menarini per il Bologna. Il presidente felsineo è un costruttore che ha preso la squadra in funzione dello sfruttamento del futuro stadio e ha individuato nella zona di Bentivoglio la possibilità di tirar su un impianto da 30 mila posti con un ampio corredo di ipermercati. Il problema è che su quell’area da dieci anni insistono gli interessi di un altro potere forte locale, il costruttore Marchesini. L’eventuale "scontro tra gru" rischia di rallentare il disegno del Bologna calcio, che da tempo ha scelto di affossare qualsiasi recupero di un Dall’Ara senza spazi.
I due casi critici, di difficile soluzione, restano Genova e Firenze. Nel primo caso l’addio necessario al vecchio Ferraris, lo stadio con la migliore visibilità d’Italia ma irrecuperabile ai parametri Uefa, si è trasformato in un nobile scontro di cuore che andrà a cozzare con la necessità di scelte veloci. Da due anni il presidente della Sampdoria, Riccardo Garrone, offre aree nuove e rendering progettuali per ottenere l’approvazione al suo stadio di proprietà. L’idea del petroliere fin qui non ha sfondato perché le scelte dei terreni a Sestri Ponente sono andate a scontrarsi con lo sviluppo industriale dell’ente aeroportuale. Il sindaco Marta Vincenzi, fede blucerchiata, ha controproposto un progetto nell’area del’ex Colisa di Campi, Ponente deindustrializzato, per tutti e due i club. I primi finanziatori dell’idea Samp si sono tirati indietro. Dall’altra parte la freddezza del presidente del Genoa, Enrico Preziosi, si è trasformata in un diktat da parte dei tifosi rossoblù, che sabato hanno marciato in un corteo pre-gara al grido di "lo stadio Ferraris non si tocca".
Il vecchio Marassi, così com’è, non otterrà alcun placet dall’Uefa: male in arnese, soffocato da palazzi, carceri e stretto dalla copertura ricavata sopra il Torrente Bisagno, il Ferraris viene aperto regolarmente "in proroga". Tutto questo durerà ancora poco. Tra la mezza dozzina di proposte urbanistiche alternative, la più suggestiva per i genoani è questa: abbattere le carceri confinanti e trovare nuovi ettari utili per salvare lo stadio dell’architetto Gregotti. Un’operazione del genere non è compatibile con i tempi stretti della candidatura europea: quattro mesi, appunto. Il sindaco si è detto disponibile a portare avanti due piani parallelamente: stadio privato a Campi per la Samp, ristrutturazione compatibile per il Ferraris gradito al Genoa. La città, ritrovati i vertici della serie A, rischia comunque di perdere la corsa che porta al 2016.
Infine Firenze e la Fiorentina, l’addio all’Artemio Franchi per approdare a una nuova cittadella ludico-sportiva nell’area Fondiaria (proprietario Ligresti), zona di Castello. Dopo l’intervento della magistratura e l’avviso di garanzia ricevuto dall’ex sindaco Leonardo Dominici, il neo Matteo Renzi ha rilanciato la stessa area: "Sì al progetto Della Valle e alle case di Ligresti. Togliamo i palazzi pubblici e aumentiamo la quota di verde. Entro fine anno l’area di Castello sarà dissequestrata, l’inchiesta penale è chiusa". I tempi ancora una volta sono decisivi: il progetto "Italia 2016" sta correndo e l’Uefa attende progetti "reali e finanziati", spiega Michele Uva. Firenze non può aspettare oltre se non vuole essere esclusa dagli Europei.
Cinque stadi nuovi in aree nuove, due strutture inedite sopra le aree precedenti, cinque impianti da ristrutturare. Genova, Firenze, Bologna e anche Udine in difficoltà. Trieste pronta a inserirsi con uno progetto per il Nord-Est. Le operazioni troppo grandi, con troppo commercio attorno allo stadio, qui non pagano. E poi sta prendendo onda tra molti presidenti e alcuni sindaci la convinzione errata che a sostegno dell’operazione stadi ci siano finanziamenti pubblici, alla vecchia maniera. Niente di tutto questo: nella legge Butti-Lolli, licenziata al Senato, sono previsti solo abbattimenti di interessi, per ora garantiti da 20 milioni nella prossima Finanziaria (gli unici fin qui deliberati). Gli stadi saranno a carico dei privati. E il governo Berlusconi, ad oggi silente su Euro 2016, deve trovare il modo di esprimersi con forza sulla candidatura. Prima di febbraio. Non c’è tempo da perdere: o si vincono gli Europei di calcio, terzo evento sportivo al mondo, o si perdono anche le Olimpiadi del 2020.
fonte: Repubblica.it
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