F1 – Nuovi mercati contro tradizione
Organizzatori di eventi F.1 in crisi ed altri, invece, in grado di coprire d’oro Bernie Ecclestone (patron del Circus delle quattro ruote). E’ il quadro realistico della Formula Uno del Terzo Millennio, che, da un lato, vede event manager "europei" a stento resistere contro la lievitazione dei costi imposta dallo stesso Ecclestone (si parla di circa un 10% annuo per poter continuare a rimanere in calendario) e "colleghi" di nuovi mercati (principalmente Asia e Medioriente) che non soffrono, almeno per il momento alcuna crisi economica.
Secondo quanto recentemente rivelato dalla trasmissione RAI "Speciale N.1" (dedicata la mondo dei motori) i costi per acquisire in Europa il diritto di essere inseriti nel calendario del Fia world championship è pari a 12 mln di euro, contro i 35 mln di euro pagati dalla Cina e/o dal Bahrain. Fuori dall’Europa la Formula Uno è un vero e proprio spot pubblicitario. Piuttosto che investire in advertising per promuovere il turismo di una zona o di un Paese i governi investono nell’organizzazione di eventi di Formula Uno. E la notizia dell’ingresso di Al Jazeera con i suoi 120 milioni di contatti è un’ulteriore conferma della "globalizzazione" di questo sport-entertainment. Di fatto, pertanto, c’è un vero e proprio scontro culturale all’interno del management della Fia e dell’organizzazione della F.1.
Max Mosley, numero uno della Fia, ha tuonato: "…se venissero ridotti i costi si potrebbero avere altri tre team, pronti al debutto entro il 2008". Così, invece, si è arrivati alla "farsa" dell’inserimento della scuderia nipponica SuperAguri, prima non considerata in regola e poi inserita pur di non dimostrare ai media e al grande pubblico che anche la F.1. non sta soffrendo la crisi economica presente sui mercati internazionali.
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