FIBA-FIP: I dolori del giovane Gianni (Petrucci) e la spada di damocle di Baumann
(di Marcel Vulpis) – Non sa più dove sbattere la testa Gianni Petrucci, presidente della Federbasket, che, dopo l’ultimo mandato CONI da presidente, aveva scelto la FIP come “buen retiro“. E’ finito, invece, nel cul de sac della lite FIBA-ULEB-Legabasket italiana, di cui, oggi, è difficile immaginare una soluzione finale senza morti e feriti, in tutti gli schieramenti coinvolti nell’operazione.
Petrucci paga un pò un limite di molti dirigenti sportivi italiani: fuori dai confini capitolini non hanno quella presa/autorità che sbandierano a casa propria.
Nonostante l’esperienza maturata ai tempi del CONI, gli anni passano anche per il sindaco di San Felice al Circeo (Petrucci, classe 1945, è stato eletto primo cittadino il 6-7 maggio del 2012). La novità, dopo gli ultimi strali arrivati dalla FIBA (la Federbasket internazionale), è che neppure più in ambito domestico Petrucci è capace di assicurare una pax felix nei territori controllati dalla Federazione.
Fernando Marino (presidente dell’Enel New Basket Brindisi – club di serie A maschile, ma, soprattutto, numero uno della Lega Basket) è totalmente avulso dalle logiche e dalle punizioni che intende infliggergli Petrucci.
Persone a lui vicine sottolineano come proprio non gliene “freghi nulla“, perché Marino ritiene di essere dalla parte della ragione, ovvero dei club ribelli (Reggio Emilia, Trento e Sassari), che intendono partecipare alla Eurocup/ULEB piuttosto che alla competizione “parallela”, ma a marchio FIBA.
Una soluzione potrebbe essere la partecipazione ad entrambi i format sportivi, ma i costi e i calendari si duplicherebbero e anche le “rose” a disposizione non è detto che siano in grado di sopportare carichi di allenamento/gare spalmati su due competizioni. Ma anche questa soluzione doveva essere presa nel 2014, quando lo strappo tra FIBA ed Eurolega è diventato ben visibile. Dove erano all’epoca i top manager di Lega Basket, FIBA, Uleb e FIP? Qualcuno dovrebbe darci una risposta. Sono stati persi due anni, ma soprattutto è sempre mancato all’appello il “buon senso”.
Marino, tra l’altro, già sa che verrà candidato a sindaco di Brindisi per il PD di Emiliano, per cui, da un lato ascolta le reprimenda di Petrucci (senza dare più di tanto conto), dall’altro è già pronto con manifesti e post su Facebook a giocarsi la carta di primo cittadino di Brindisi.
Petrucci è stretto tra i diktat di Patrick Baumann (segretario generale FIBA), che vuole il “sangue” dei club italiani ribelli e gli inviti di Giovanni Malagò a trovare una soluzione in tempi brevi, prima che lo stesso Baumann si arrabbi a tal punto da “regalare” il voto (nel doppio ruolo di membro CIO) a Parigi2024, che, invece, attraverso il ministro dello Sport francese, ha già fatto furbescamente l’inchino allo stesso Baumann. Ma si sa i francesi sono più bravi degli italiani nelle relazioni internazionali.
Uno smacco che il duo Montezemolo-Malagò non può permettersi. Se ciò dovesse avvenire anche Petrucci dovrebbe, sottolineano i “maligni”, decidere cosa fare da grande visto che dopo RIO2016 ci sono le nuove elezioni in FIP, così come in tutte le altre federazioni olimpiche riconosciute dal CONI, e nel 2017 la rielezione del sindaco di San Felice (ma 5 anni dopo quella elezione, Pierferdinando Casini non è più un “mentore” capace di spostare masse di elettori anche al Circeo).
Quello che sta emergendo nettamente, e questo (purtroppo) Malagò inizia a capirlo sulla propria pelle, è che il parco-presidenti è praticamente (più o meno) lo stesso del periodo precedente di Petrucci.
Sono tutti dirigenti che stanno velocemente invecchiando, troppo chiusi nei loro recinti federali, spesso totalmente avulsi da logiche di relazioni internazionali. Non c’è neppure un presidente-donna. Un fattore di arretratezza cultural/sportiva da Terzo Mondo.
Servono nuovi presidenti, più moderni, brillanti, più vicini alla figura del manager, che abbiano una visione aperta dello sport e delle relazioni internazionali. Servono almeno 30-35 nuovi “Giovanni Malagò” provenienti dalla società civile e dal mondo dell’industria e dell’informazione.
Ma una classe dirigente non si crea in pochi mesi, ci vogliono lustri e, soprattutto, ci deve essere la volontà concreta di far crescere dirigenti di spessore. Una volontà ad oggi sconosciuta ai più, che, tra l’altro, non ho mai “scovato” (quasi fosse una pietra filosofale) negli ultimi 20 anni nella mia professione di giornalista economico-sportivo. Questa è la sfida del prossimo quadriennio di Giovanni Malagò: cambiare radicalmente la geopolitica e magari anche i volti dei suoi “grandi elettori”.
Crediamo che Malagò possa compiere questo “miracolo” sotto il profilo del cambiamento generazionale, ma bisogna iniziare a lavorarci, perché i mesi, gli anni passano, e le facce (purtroppo) sono sempre le stesse. Facciamoci una domanda e iniziamo a darci anche una risposta (in stile Marzullo).
Ultimo pensiero è sul tema della libera concorrenza di mercato: su questo domani mattina come Sporteconomy faremo una intervista ad un Europarlamentare, perché riteniamo che se l’UE dovesse intervenire su questo tema (la querelle FIBA-ULEB) a rischiare di più sarebbe soprattutto la FIBA. Un bel problema sul principio del riconoscimento del sistema verticistico dello sport sotto il profilo organizzativo. Un principio forse anche “vecchio”, ma che, fino ad oggi, ha fatto muovere il mondo dello sport. Ma nel futuro?
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