All newsAltri eventiAziendeCalcioCalcioSerie A - Serie BSponsorshipSport BusinessStadi di calcio

Filippo Galli in esclusiva a SportEconomy: “Berlusconi ha trasformato il calcio in un’attività aziendale”

(di Davide Pollastri) – La bandiera rossonera ha rilasciato una bella intervista alla nostra agenzia, ricordando Silvio Berlusconi e toccando temi come lo sport-entertainment, San Siro e il ruolo dei giovani. Da sempre impegnato a insegnare ai ragazzi l’importanza di essere uomini prima che calciatori, oggi si dedica alla scrittura, gestisce un seguitissimo blog e si occupa di sport management.

Dopo una carriera tra i professionisti durata 22 anni (14 dei quali passati a presidiare la retroguardia del suo amato Milan), Filippo Galli ha scelto di mettere tutta la sua esperienza al servizio dei giovani. Sotto la sua guida, il settore giovanile rossonero ha formato campioni d’Europa come Gianluigi Donnarumma, Manuel Locatelli e Bryan Cristante, conquistando inoltre una Coppa Italia Primavera, un Torneo di Viareggio, un campionato Allievi, uno Giovanissimi e uno Under-16. I segreti del suo successo? Passione, intuito e una raffinata intelligenza, qualità, quest’ultima, che emerge chiaramente nell’intervista che ci ha gentilmente concesso.

D. Filippo, tu sei stato la colonna di una delle squadre più forti e visionarie della storia: il Milan di Silvio Berlusconi. Che ricordi hai di “Sua Emittenza”? Un uomo che, la storia parla per lui, è stato uno dei più grandi imprenditori del nostro Paese, nonché uno dei politici più influenti.

R: I ricordi del Presidente sono strettamente legati al calcio. Ricordo quando nel 1986 prese il Milan tramite Fininvest e ricordo la soddisfazione che provò quando coronammo i suoi obiettivi: portare il “Diavolo” alla vittoria in Italia, in Europa e nel mondo. Questi risultati straordinari furono ottenuti grazie alla competenza del management e al talento dei giocatori acquistati. Ciò che mi impressionò all’inizio fu l’attenzione ai dettagli, la professionalità e l’organizzazione impeccabile che introdusse nel mondo del calcio. Ha trasformato il calcio in un’attività aziendale e, con notevoli investimenti, ha realizzato gli obiettivi prefissati. Realizzare progetti ambiziosi è sempre difficile, ma lui ha dimostrato grande lungimiranza, poiché il suo pensiero è stato costantemente un passo avanti rispetto agli altri.

Il logo ufficiale ideato per celebrare il 125° anniversario del Milan in Italia e nel mondo.

D: Anche in Italia, sulla falsariga di quanto accade da decenni negli Stati Uniti, lo sport va sempre più a braccetto con lintrattenimento. Io, che sono spesso allo stadium di Torino, posso dirti che nei minuti precedenti al calcio dinizio sembra di stare in unenorme discoteca.

Filippo, possiamo affermare che il primo vero esempio di sport-entertainment in Italia si è visto il 18 luglio 1986, quando il Milan si è presentato ai propri tifosi atterrando sul terreno dell’Arena Civica, gremita di spettatori, a bordo di tre elicotteri accompagnati dalle note de “La cavalcata delle Valchirie” del compositore Richard Wagner?

R: Sì, possiamo dirlo. Fu davvero un coup de théâtre. Anche noi calciatori restammo sorpresi. Salire su un elicottero non era proprio un’abitudine. Fu un’esperienza unica, emozionante e anche rischiosa, perché se non fossimo riusciti a realizzare quanto progettato saremmo diventati bersaglio di critiche. Riguardo allo sport-entertainment e agli stadi che sembrano discoteche, personalmente la cosa non mi entusiasma molto. Prima delle partite mi piacerebbe poter chiacchierare con il vicino di posto, ma il rumore assordante non lo permette. Capisco però che tutto ciò fa parte di una progettualità legata al business e alla necessità di diversificare le entrate per agevolare la sostenibilità dei club.

D: Con i club della Premier League che hanno registrato un fatturato aggregato di 7 miliardi di euro contro i 3,8 della Bundesliga, i 3,5 della LaLiga, i 3 della Serie A e i 2,4 della Ligue 1, non pensi che il nostro calcio, per tornare ad essere veramente competitivo anche in Champions League, debba seguire quello che io definisco il Modello Mantovani”, ovvero quello adottato a cavallo tra gli anni 80 e i primi 90 dalla Sampdoria di Mantovani che, puntando su alcuni dei migliori giovani italiani (Mancini, Vialli, Mannini, Lombardo, Luca Pellegrini, Pagliuca, Vierchowod), riuscì a vincere in Italia e in Europa?

R: Quella di puntare sui giovani del nostro territorio è un’idea che ho sempre sostenuto. Tuttavia, oggi il mercato è dominato dalle dinamiche del Player Trading, e credo che non si possa più tornare indietro. Non fraintendetemi, non sono contrario a questo approccio, ma ritengo che la qualità di alcuni stranieri che arrivano in Italia non sia superiore a quella di molti talenti italiani. Per quanto riguarda i numeri, i risultati della Premier League e della Bundesliga sono il frutto della loro capacità di avere una visione d’insieme. In Italia, invece, con i club spesso in conflitto tra loro, il problema è strutturale. Il nostro campionato non suscita lo stesso interesse di altri tornei, e i diritti televisivi non generano gli stessi guadagni. È questo il vero ostacolo, che ci penalizza sia a livello di fatturato che di visibilità.

D: Dopo Juventus Next Gen e Atalanta U23, è nato anche Milan Futuro: da quanto si legge sul sito gianlucadimarzio.com, la Juve, solo nellultima sessione di calciomercato, ha incassato 80 milioni dalla cessione dei propri talenti formati nella Next Gen. Inoltre, dalla seconda squadra sono stati promossi in prima squadra Savona, Mbangula e Rouhi. Per quanto riguarda Savona, il valore del cartellino – secondo le stime di Transfermarkt – è passato, in pochi mesi, dai 200 mila euro della scorsa estate agli attuali 7 milioni. Davanti a questi numeri, mi chiedo: perché solo Juve, Atalanta e Milan stanno investendo sulle seconde squadre?

R: Innanzitutto perché non è così semplice. Anche il Milan ha faticato: è necessario che una società di Serie C rinunci all’iscrizione, e già questo è un problema di fondo. Inoltre occorrono investimenti mirati, un parco giocatori importante e un progetto sostenibile. Per come la vedo io, in un sistema calcio italiano ideale non dovremmo avere la necessità di fare le seconde squadre: i nostri ragazzi dovrebbero terminare il percorso con il settore giovanile ed essere pronti per la prima squadra che, a sua volta, dovrebbe credere nelle loro qualità e capacità. Evidentemente, però, non è così: i giocatori non sempre arrivano pronti e da qui nasce la necessità di avere una seconda squadra, che, se ben gestita, può diventare un progetto virtuoso capace di generare i numeri che mi hai elencato.

D: La Juve non è stata solo la prima a investire sulle seconde squadre, ma anche una delle prime a credere nello stadio di proprietà: Milan e Inter, invece, sembrano non avere le idee chiarissime. Secondo te, le due società dovrebbero investire su San Siro o dovrebbero investire su altre aree e altri progetti (ricordiamo che il Milan ha già investito circa 55 milioni di euro sullarea San Francesco a San Donato)?

R: Non lo so, è un tema molto dibattuto. Bisognerebbe conoscere i costi dei progetti. Per quanto riguarda un’eventuale ristrutturazione di San Siro, l’investimento sembra essere molto elevato. Occorre anche valutare come poter ammortizzare tali costi e capire quando si potrà iniziare a ottenere profitti. Comunque, è evidente che ci troviamo in un periodo storico in cui uno stadio di proprietà deve generare profitti consistenti in ogni stagione. Tuttavia, è necessaria una visione chiara e il sostegno delle istituzioni per agevolare progetti e investimenti, ma sembra che in Italia, per realizzare uno stadio, sia necessario l’intervento del mago Zurlì.

D: I tycoon nordamericani si sono lanciati alla conquista dei club europei. Nei maggiori campionati sono già 27: Red Bird controlla il Milan, Oaktree lInter e ora anche linteresse del fondo GAMCO nei confronti del Monza. Non senti la nostalgia di presidenti come Anconetani, Rozzi o Massimino?

R: Sì, è chiaro che c’è un pizzico di nostalgia nei confronti di un calcio più “casereccio” e nostrano. Tuttavia, a quei tempi un club poteva ancora permettersi di non essere sostenibile, perché presidenti come quelli che hai citato, in qualche modo, ripianavano le perdite; oggi l’idea di base è che il calcio debba essere, innanzitutto, sostenibile. Per sfruttare al meglio il potenziale della società, generando introiti attraverso il campo, l’entertainment, le partnership ecc., è necessaria una gestione più aziendale, una gestione finalizzata al raggiungimento del business, senza condizionamenti indotti dalla passione.

D: Prima di salutarti, vorrei invitare tutti, ed in particolare i più giovani, a seguire il tuo blog, “La complessità del calcio”, un diario dove calcio e cultura si intrecciano generando un prodotto elegante e stimolante, e il tuo libro, “Il mio calcio eretico”, che sto leggendo e amando. Riporto un breve passaggio: “La cosa più difficile per un giovane calciatore è comprendere cosa fare quando ha la palla tra i piedi, perché questo lo costringe a una scelta: se io invito il mio ragazzo a pensare, a prendere una decisione, a essere proattivo e non reattivo, questo poi può essergli d’aiuto anche nella sua vita”. Filippo, la tua metodologia può essere applicata anche fuori dal campo per aiutare i tanti giovani che, con sempre maggiore frequenza, si perdono nel nulla generato dai tanti cattivi esempi di cui è pregna la nostra società?

R: Mi preme sottolineare che non si tratta di una mia metodologia, bensì di una metodologia, di un approccio metodologico, che ho studiato ed implementato insieme ai miei colleghi di lavoro. Inizialmente al Milan, successivamente all’interno del corso per responsabili del settore giovanile in federazione e infine al Parma, abbiamo cercato di integrare teorie di studio e di apprendimento motorio, nonché di adottare una visione psicosociale, come si suole dire in ambito scientifico. Sebbene complesso, è possibile, partendo da un’idea di gioco e da uno stile di gioco e apprendimento specifico, contribuire al percorso dei ragazzi. Considerando che solo pochi di coloro che giocano in un contesto giovanile professionistico diventeranno calciatori professionisti, è importante adottare un approccio metodologico che possa prepararli anche ad altre sfide al di fuori del mondo del calcio. La questione riguarda l’attitudine e l’approccio che, certamente, possono essere di sostegno. Può sembrare ambizioso, ma abbiamo sempre creduto fortemente in questo approccio.

 

Previous post

Debutto sul web il magazine "Influent People".

Next post

Marketing: RTL 102.5 è la radio ufficiale delle Nitto ATP Finals

Redazione

Redazione

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *