Fin non farti del male…riflessioni sulla querelle Malago’-Barelli
La disciplinare agisce per difendere “l’onorabilità”
del presidente Paolo Barelli, violata dalla contestazione amministrativa alla
FIN di Malagò su una presunta “doppia fatturazione” presentata
(e pagata?) alla CONI Servizi.
I casi disciplinari sono tre: squalifica di Malagò; pausa
di riflessione piuttosto lunghetta; dichiarazione d’incompetenza a giudicare .
La Cassazione dello Sport (il Collegio di Garanzia) ha già detto che Malagò è
ingiudicabile, come il capo dello Stato, nell’esercizio delle sue funzioni. E
il professor Guido Valori e l’avvocato Alberto Angeletti l’hanno messo nero su
bianco.
E quella
“doppia fatturazione”, il presidente del CONI non l’ha spiattellata al Bar
dello Sport, ma l’ha messa agli atti di una regolare riunione di Giunta Nazionale. In base
all’inchiesta amministrativa del componente dell’Ufficio legale Marco Befera,
figlio dell’amministratore delegato di Equitalia, Attilio Befera.
Quegli atti,
ribattezzati maliziosamente “inchiesta Bufera” sono finiti addirittura alla
Procura della Repubblica di Roma. E, probabilmente, l’insorgere della FIN è
scattata per questa ragione.
Benché nei corridoi dei passi perduti al Foro Italico
si dica pure che, più della relazione Befera poté l’ambizione. Malagò e Barelli
sarebbero in corsa per una sola poltrona
al CIO (così raccontano i ben informati a Losanna).
Quella che non cala affatto è al tensione sul doping .
Non solo sul caso Schwazer, ma sulle voci che la Procura della Repubblica di
Bolzano avrebbe esaminato le posizioni
di più di un centinaio di atleti, di dirigenti, di medici, eccetera. E, in
particolare, fa riflettere la brutta storia della “reperibilità” degli atleti per
i controlli a sorpresa prima dei Giochi di Londra 2012. “Sorpresa” che ha portato
alla squalifica proprio Alex Schwazer, fino a gennaio 2016 per la positività
all’Epo, e che ha mandato davanti alla procura antidoping l’ex compagna del
marciatore Caterina Koster, per presunta “complicità”.
Atleti introvabili, moduli evasi, mail e fax
dimenticati e via fregandosene. Proprio in quei 18 mesi prima dell’Olimpiade.
Quel periodo delicato, in cui con l’antidoping a sorpresa può scoprire di tutto (o quasi).
Ebbene, noi insistiamo con i “controllori esterni”. Anche
se il presidente Malagò chiede “più risorse contro il doping” e ci ha fatto
sapere di essere “in disaccordo” sulla “consegna chiavi in mano”
dell’antidoping a un’autorità terza.
D’accordo, non smantellate tutto. Qual è il settore
più delicato dell’antidoping? E’ quello
dei controlli a sorpresa. Allora, che gli ispettori antidoping e i Nas dei carabinieri
lavorino indipendentemente. Rispondendo alla Wada e ai Ministeri della Salute e
pure alla magistratura ordinaria. Lo giustizia sportiva intervenga a cose
fatte. Non per sfiducia ma per “equidistanza”.
(Tempi Supplementari di Gianni Bondini) Le carte sono state distribuite. E’ la mano decisiva. Basta una presa “soffia” e si perde la partita. Ci sono tre avvocati, in veste di giudici della Disciplinare del nuoto (FIN), Adriano Sansonetti, Massimo Mamprin e Roberto Rinaldi che, domani (si legga 29 settembre), dovrebbero giudicare Giovanni Malagò da tesserato della Federnuoto. Nella qualità di presidente del Circolo Aniene. Facendo finta che il presidente del CONI sia un omonimo.
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