Guerra russo-ucraina: Gazprom, quando lo sponsor va in fumo
(di Marcel Andrè Vulpis) – Esattamente dieci anni fa (nel 2012) Gazprom, colosso pubblico russo dell’energia, aveva scelto di abbinare la propria immagine a quella della Champions League. Per molti addetti ai lavori un progetto di “soft power” per conquistare visibilità, ma anche benevolenza in Europa, primo mercato (fino al conflitto russo-ucraino) in termini di business.
L’invasione dell’Ucraina ha obbligato l’Uefa, organo di governo del calcio continentale, a rinunciare agli oltre 40-50 milioni di euro, su base annua, che arrivavano dal quartier generale di San Pietroburgo. Un atto dovuto alla luce anche delle crescenti sanzioni internazionali nei confronti della Federazione russa.
Sempre Gazprom, da diversi anni è proprietario-sponsor dello Zenit di San Pietroburgo (massima serie del calcio russo), della Stella Rossa di Belgrado (Serbia) ed era ben visibile, primo dello scoppio del conflitto, tra i partner dello Schalke04 (club tornato quest’anno, dopo un anno di purgatorio, in Bundesliga1). La popolare squadra di Gelsenkirchen, prima dello stop, stava lavorando a un nuovo triennale per una cifra stimata tra i 10 e i 15 milioni di euro. Proprio la realtà tedesca ha deciso prima di sospendere la visibilità del marchio sulla maglia e, successivamente, di chiudere tutti i rapporti di collaborazione commerciale. Sul mercato interno Gazprom continua a supportare le squadre di hockey su ghiaccio della SKA (San Pietroburgo), dell’Avangard (Omsk), oltre allo Zenit-Kazan (club di volley maschile della SuperLiga) e ad una serie di interventi negli sport cosiddetti minori.
Se in Russia il conflitto russo-ucraino sta creando non pochi problemi alle aziende sponsor che investono in Europa, in Ucraina c’è un football club che dal 2014 soffre gli effetti dell’invasione russa.
Shakhtar, il caso della squadra “nomade”
C’è un club ucraino, infatti, che, da oltre 8 anni, non gioca nello stadio di proprietà così come nella propria terra di origine. E’ lo Shakhtar Donetsk, che, dopo il bombardamento dell’impianto casalingo (l’avveniristica Donbass Arena), nell’agosto del 2014, ha iniziato a giocare sempre in trasferta. Prima Kharkiv, poi Kiev, e, da quest’anno, in concomitanza con l’ingresso nella fase a gironi di Champions (insieme a Real Madrid, Lipsia e Celtic Glasgow), in Polonia. Nello specifico allo stadion Wojska Polskiego, impianto del Legia, con sede a Varsavia, conosciuto anche come Pepsi Arena.
Per gli abbonati del club polacco vi è anche la possibilità di usufruire di promozioni e offerte speciali per le gare di Champions (nei prossimi mesi lo Shakhtar proseguirà la stagione in Europa League). Tra il club di Donetsk (localizzata nel Donbass, ricca regione mineraria nell’area sud-orientale del Paese) e il Legia c’è un’alleanza molto stretta sul tema della solidarietà. Il 5% del ricavato della vendita dei biglietti, infatti, finisce nelle casse della “Fondazione Legia”, che, già diversi mesi, è impegnata, in Ucraina, con una serie di iniziative a carattere umanitario. Un’operazione che conferma, tra l’altro, il legame, anche in ambito calcistico, tra Polonia e Ucraina.
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