Heysel: il ricordo e quel calcio maledetto che (non) s’è fermato
(di Massimiliano Morelli) – Heysel è un viaggio a ritroso nel tempo vecchio di trent’anni ma ancora vivo nella memoria. E’ la svolta (maligna) del calcio, è la violenza perpetrata in uno stadio cui oggi hanno cambiato nome – che provincialismo becero – dedicandolo al re Baldovino, è l’assassinio di trentanove tifosi, è uno squarcio nell’anima di chi c’era e nell’animo della passione calcistica.
E’ una partita di pallone trasformata in tragedia, è una sequela di errori e una sequenza di frasi di circostanza, è una infinità di bugie, parole allegoriche, alla resa dei conti indici puntati contro nessuno e pollici versi.
E’ un libro scritto da Francesco Caremani che descrive in maniera minuziosa quel maledetto giorno di maggio, è un momento della nostra esistenza vissuto davanti alla televisione con lo sguardo incredulo e la mente attonita. E’ storia impossibile da cancellare, ma è la stessa storia che tanti hanno disconosciuto, perché è più facile non prendersi responsabilità.
Heysel è una squadra italiana che alza la coppa dei campioni bagnata dal sangue, è Gaetano Scirea che parla al microfono per attenuare la tensione e Michel Platini, che esulta dopo aver segnato un rigore assegnato come contentino. E’ la tv a colori che si sofferma su persone inermi, schiacciate dalla folla, ferite, morte. E’ le istituzioni che smentiscono e disconoscono responsabilità, è una stele che ricorda quei trentanove morti. E’ un sistema calcio che troppo tardi si ricorda del passato.
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