I marchi dell’abbigliamento sono guidati da logiche globali di mercato
“Il cambiamento nel merchandising lo stanno imponendo i top player dell’abbigliamento sportivo. Il mercato lo fanno questi grandi marchi, non certamente i club o le società sportive”. A spiegare le regole del gioco e i reali rapporti tra sponsor tecnici e squadre di calcio è Luigi Focanti designer e direttore creativo dell’agenzia milanese “6.14”.
Nelle stagioni precedenti ha lavorato con Nike per le style guide della Juventus e della Roma, oltre che per diverse multinazionali dell’intrattenimento (da Paramount Pictures a Warner Bros.).
“Talvolta i player di questo settore cercano di soddisfare le richieste del mercato globale, rispetto alle reali esigenze dei brand calcistici. Una sfida non semplice, perché le tendenze e gli stili cambiano in base alle aree geografiche di riferimento…I club, invece puntano maggiormente a tutelare e a rappresentare, nel modo migliore, la loro storia/tradizione. Più in generale assistiamo a collezioni che nascono e muoiono nell’arco di una stagione. Bisogna vendere, farlo velocemente e posizionarsi su nuovi concept guardando sempre ai ricavi futuri” sottolinea Focanti.
Le marche dello sportswear da diversi anni, anche in Italia, lavorano a progetti in chiave lifestyle, strizzando magari l’occhio al passato come nel caso del “Lupetto” di Piero Gratton (torna quest’anno all’interno della maglia da trasferta della Roma).
“Anni fa quando la nuova proprietà (guidata per ancora poche settimane da James Pallotta, nda) mi chiamò per il progetto del merchandising della Roma, parlammo dei simboli da utilizzare. Decisero inizialmente di scartare il “lupetto” per lanciare un nuovo corso. Come designer spiegai alla dirigenza che a Roma il lupetto di Gratton era un simbolo irrinunciabile e se lo avessero escluso dal programma i tifosi avrebbero continuato ad adottarlo (in modo non ufficiale). Dopo qualche anno il lupetto è tornato, come da pronostico”, ha concluso il creativo romano.
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